30 maggio 2011

DUCADAM, CHE PARO' QUATTRO RIGORI


Lo sport è bello anche perché non sempre vincono i favoriti. A volte vincono, e se lo meritano ed è giusto così, come lo stellare Barcellona che due giorni fa ha alzato per la quarta volta la Coppa dei Campioni (noi ottantologisti ci ostiniamo a chiamarla così e non Champions League). Ma a volte Golia trova un piccolo Davide sulla sua strada, un eroe per caso armato di una piccola fionda, che gli si para davanti e gli sbarra la strada.
In una sera di maggio del 1986, Davide aveva i baffi e i guantoni da portiere, e si chiamava Helmuth Ducadam. Il muro di Berlino era solido, quanto il potere della famiglia Ceausescu in Romania, e la Steaua Bucarest che raggiunse la finale era proprio la squadra favorita del presidente, oltre che la polisportiva dell'esercito. Raggiunse la finale di Coppa dei Campioni, con una squadra fatta solo di rumeni, perché le frontiere del blocco comunista erano impermeabili anche nello sport. Ma a Siviglia si trovò di fronte il Barcellona e un muro umano di tifosi blaugrana, oltre che una tonnellata di pronostico sfavorevole. Questione di formalità, pensavano tutti, e il Barça avrebbe alzato la prima coppa della sua storia. Invece passavano i minuti e i favoriti non segnavano, e gli sfavoriti resistevano, impermeabili come la loro frontiera. Si superò il 90' e anche il 120': nemmeno un gol tra tempi regolamentari e sopplementari. Toccò ai rigori. E a quel dinoccolato portiere con i baffi, fino a quella sera sconosciuto ai più. L'esito sta nei libri di storia, e negli archivi video: ne parò quattro su quattro. Coppa alla Steaua, fama imperitura per Ducadam.
O quasi. Il portiere dei miracoli scomparve oltre la cortina di ferro. E l'anno dopo non era né titolare né riserva. Le leggende, alimentate dai segreti del regime, si sprecarono. Un tifoso del Real (qualcuno pensò addirittura al re di Spagna) gli avrebbe regalato una Mercedes per ringraziarlo. E il figlio di Ceausescu, geloso, gli aveva spezzato un braccio, troncandogli la carriera. Lui, Ducadam, l'ha sempre raccontata in un altro modo, nelle sparute interviste rilasciate a regime caduto: una trombosi, appena un mese dopo quella finale, lo costrinse a un'operazione d'urgenza. Gli salvarono il braccio, ma la mobilità della mano era compromessa. Tornò nella sua città natale, Arad, con il grado di ufficiale dell'esercito e tornò in campo, nelle divisioni inferiori, solo tre anni dopo. Nel frattempo, con il fucile d'ordinanza, aveva contribuito alla rivoluzione del 1989. Poi, appesi i guantoni al chiodo, ha fatto la guardia di confine, crescendo i suoi due figli insieme alla moglie parrucchiera e conducendo una vita che lui ha sempre definito serena.
Ricomparve nel 2001, fresco di pensione (150 dollari al mese), e raccontò di aver vinto la lotteria americana per conquistare un visto d'ingresso negli Usa. Così si trasferì a Phoenix, in Arizona, forte di un inglese un po' stentato che nelle interviste alternava a uno strano mix rumeno-italiano. Gli States erano il suo sogno, diceva. E sperava di poter insegnare calcio oltreoceano.
Poi di nuovo oblio fino al 2010, quando il controverso milionario Gigi Becali, proprietario della Steaua Bucarest, lo ha richiamato in patria per nominarlo presidente della squadra. Ora è un omone che strizza i suoi 120 chili in una giacca e in una cravatta, e forse quei panni gli stanno un po' stretti non solo in senso fisico. Per gli eroi di una notte è dura riprendersi il palcoscenico dopo trent'anni di oblio.

29 maggio 2011

LA SUPERCLASSIFICA DI OTTANTOLOGY #7

(Classifica basata sul numero di ascolti complessivi delle canzoni della mia playlist su iTunes dedicata agli anni Ottanta, impostata in rigorosa modalità random. Quindi, in fondo, è la classifica di un software. O del caso, fate voi. Legenda: tra parentesi l'anno di uscita del disco, il numero che segue è la variazione di posizione rispetto alla settimana scorsa. La sigla ne sta per nuova entrata).
 
TOP TEN DEL 29 MAGGIO
1 Change – Tears for Fears (1983) =
2 Love and Pride – King (1984) =
3 You keep me hangin' on – Kim Wilde (1986) =
4 Love is love – Culture Club (1985) ne
5 Send my heart – The Adventures (1984) +7
6 Breakout – Swing Out Sister (1987) +3
7 Life in a northern town – Dream Academy (1986) ne
8 Never gonna give you up – Rick Astley (1987) +5
9 It hurts – Lotus Eaters (1985) +7
10 Lo estas haciendo muy bien – Semen Up (198x) ne

DISCHI CALDI
11 Rio – Duran Duran (1982) ne
12 Giddyap a go-go – Ad Visser & Daniel Sahuleka (1982) ne
13 Are you ready to be heartbroken – Lloyd Cole & the Commotions (1984) ne
14 The promise you made – Cock Robin (1984) +4
15 Dance around the world – Richenel (1986) +4
16 Don't leave me this way – Communards (1986) -1
17 Original sin – Inxs (1984) -13
18 I feel love/Johnny remember me – Bronski Beat feat. Marc Almond (1984) -13
19 Taste of your tears – King (1984) -13
20 Things can only get better – Howard Jones (1985) -13


28 maggio 2011

OTTANTA FACCE: TODD BRIDGES


Ha compiuto 46 anni ieri, cioé il 27 maggio. E non ha più traccia di quei riccioloni molto afroamericani che portava sulla testa ai tempi di Diff'rent Strokes (in Italia Harlem contro Manhattan e poi Il mio amico Arnold). Ma Willis, cioé Todd Bridges, può dirsi fortunato. Specie a confronto con i suoi fratelli di palcoscenico. Gary Coleman alias Arnold è morto l'anno scorso, cadendo dalle scale di casa, senza mai riuscire a scrollarsi di dosso l'ombra di quel bambino con le guanciotte che era nel telefilm. Dana Plato alias Kimberly Drummond non è più tra noi dal lontano 1999, uccisa da una dose eccessiva di pasticche, assunte per errore o forse di proposito, per suicidarsi.
Anche Todd Bridges ha avuto i suoi problemi: crack, cocaina, un arresto per tentato omicidio, un'altra accusa derubricata a legittima difesa per una coltellata. Tutto sta in un libro che ha intitolato Killing Willis, ovvero uccidendo Willis, per sottolineare il peso che l'ombra di quel personaggio interpretato da ragazzo, e della conseguente fama, avevano portato nella sua vita. Ora è marito e padre di un tredicenne che, ironia della sorte, è già un baby attore. Alterna piccole parti in film e telefilm a una carriera televisiva fatta anche di reality show. Nel 2006 è stato eliminato nella prima serata dell'edizione americana dello show Notti sul ghiaccio (visto per una stagione appena sulle reti Rai). Nel 2008 invece ha perso la finale contro Dennis Rodman (supertatuato giocatore di pallacanestro, già nel parco fidanzati di Madonna) nel reality condotto da Hulk Hogan, e ovviamente incentrato sulla lotta libera, Celebrity Championship Wrestling. Godetevi il video di Willis lottatore seguendo questo link.

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27 maggio 2011

OTTANTA FACCE: BRUCE SPRINGSTEEN



Bruce Springsteen e Patti Scialfa per la precisione. Stanno insieme dal 1987: lui rocker, quello che ci portò la semplicità di una chitarra, un'armonica, un paio di jeans e una maglietta bianca negli anni Ottanta tutti griffes e spalline. Lei musicista, poi corista della E-street Band. Uno dei primi concerti insieme fu proprio in Italia, davanti alle 65mila persone del vecchio stadio Comunale di Torino, tappa del Tunnel of love tour. Era giugno e faceva un caldo tropicale e i fans duri e puri storcevano il naso, pensando alla nuova coppia e a quell'intrusa nella band, che aveva sostituito la top model Julianne Phillips nella vita del Boss e ora si era intrufolata anche sul suo palco.
Con Julianne Phillips si era sposato solo due anni prima, e lei aveva fatto in tempo a comparire nel video di Glory Days. Ma Patti aveva radici italiane, come Bruce (da parte di madre) e veniva dal New Jersey e non dalla scintillante Manhattan. La conseguenza? Stanno ancora felicemente insieme, un po' più vecchi (61 anni lui, 58 a luglio lei) ma teneri e pucciosi, anche in un contesto serioso come Windsor, la località a una spanna da Londra dove la Regina Elisabetta ha un castello e dove, pochi giorni fa, si è tenuta una gara internazionale di equitazione. A cui ha partecipato Jessica Springsteen, la ventenne secondogenita della coppia (il primo figlio, Evan, ha 21 anni e il più giovane Samuel ne ha 17). Per l'occasione il Boss ha indossato con una certa nonchalance giacca gessata e cravatta scura. Ma la faccia è sempre quella del rocker del New Jersey. O no?


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26 maggio 2011

LE BARBIE ANNI OTTANTA


No, non le Barbie con cui voi bambine giocavate negli anni Ottanta, sempre biondissime e perfettissime, almeno fino a che vostro fratello non le rapiva per sfregiarle con la biro o, peggio, coinvolgerle in improbabili avventure con il Big Jim. Queste Barbie anni Ottanta sono uscite sul mercato nel dicembre del 2009 negli Stati Uniti e sono cose da collezioniste, più che da bambine. Raffigurano tre signore (la serie è stata battezzata Ladies of the eighties) della musica dei tempi ottantologisti.
Quella al centro forse non fate fatica a riconoscerla: è Cyndi Lauper, con uno di quei vestiti colorati in perfetto stile Girls just want to have fun. Probabilmente riconoscete anche quella a destra: è Debbie Harry, la frontwoman dei Blondie, quella che cantava Call me o, da solista, French kissing in the Usa. E quella a sinistra? È Joan Jett: mora, molto rock e molto americana, potrebbe non dirvi niente guardando nome o aspetto. Ma se vi canticchiassi I love rock 'n roll? Eh, allora sì...
La Mattel, casa madre delle Barbie, non è nuova a serie speciali di bambole celebrative. Si trovano Cher e Liz Taylor e, al posto di Ken, Rhett Butler di Via col Vento o Elvis Presley. Se siete curiosi, fate un giro su Amazon o su eBay. E fate buoni acquisti...

25 maggio 2011

DURAN & SPANDAU: ANALISI DEI TESTI

Mixing e Arena dei Duran Duran (originali in vinile)


A proposito di lost in translation, vi siete mai chiesti se dietro il grande successo di Duran Duran e Spandau Ballet negli anni Ottanta, ci fosse anche un messaggio forte che comunicavano con le loro canzoni? Io sì. Così ho preso i loro testi, ne ho selezionato parti a campione e, forte del mio inglese molto migliorato rispetto ai tempi dei sottotitoli di Video Sing a Song su Deejay Television, le ho tradotte.
Ecco il risultato

Ho comprato un biglietto per il mondo
ma ora sono tornato di nuovo indietro
Perché mi riesce così difficile scrivere la prossima riga
quando voglio che sia detta la verità?
(True, Spandau Ballet)

Telegramma chiaro e forte
Sapevo che c'era stato un grande sbaglio
C'è una linea sottile che tiene
insieme i miei sensi
e credo che stia per rompersi
Se ascolto bene posso sentire quei cantanti
Voci nel tuo corpo che passano attraverso alla radio
l'Unione del Serpente sta prendendo quota
Si muove, correrà, spezzerà
la linea di confine
(Union of the Snake, Duran Duran)

Il bambino del venerdì è pieno di anima
con nulla più da perdere c'è solo strada da percorrere.
E ora so quello che stanno dicendo
abbiamo costruito una terribile bellezza
e allora facciamo il nostro amore su terre devastate
e attraverso le barricate
(Through the barricades, Spandau Ballet)

Hai sirene che ti danno il benvenuto
C'è un fiotto di sangue per il tuo dolore
E il tuo telefono suona mentre
stai danzando sotto la pioggia
I ragazzi selvaggi si chiedono dove sia la gloria
Dove siete finiti, voi angeli
Ora le teste delle statue sono cadute
e gli amanti fanno la guerra con le frecce
sui segreti che hanno potuto dire
(Wild Boys, Duran Duran)

Ecco, alla luce di questi risultati, credo di poter affermare con assoluta certezza che, nel successo di Duran Duran e Spandau Ballet, i testi non c'entrano. Anzi, forse è stato un bene che il nostro inglese, nel 1985, fosse scarsino.
(che poi anche il vate De Gregori, per citarne uno a caso, ha scritto stranezze come “Il mendicante arabo ha un cancro nel cappello ma è convinto che sia un portafortuna...”)

24 maggio 2011

BIG HAIR!


Ma perché fingersi offesi quando tuo figlio guarda incredulo una foto della mamma adolescente e scoppia in una grassa risata? In fin dei conti...i primi a guardare quelle immagini con fare divertito siamo proprio noi! E poi, tutti i torti il pupo non ce li ha: come riconoscere un genitore tappato in quello stato? E vagli a spiegare che è tutta una questione di mode che cambiano!
Prima che l'abbigliamento, sono le acconciature a catalizzare lo sguardo... maledetto must dei capelli cotonati! E se avevi la sfiga di essere stata dotata da madre Natura di capelli più dritti degli spaghetti, non c'era via d'uscita: P – E – R – M – A – N – E – N – T – E !!!
Ma dato che gli intingoli di quegli anni non erano così evoluti come gli attuali, il risultato molto spesso era quello di sfoggiare un ammasso informe e ingestibile stile Napo Orso Capo. Che poi tutto sommato era proprio quello che bisognava ottenere: una chioma disordinata e gonfia. E vai di lacca per tenere su quell'impalcatura (...e a quel punto, mettersi le mani nei capelli – per disperazione o per vezzo – diventava davvero una missione impossibile!)... roba che vivremo sempre col senso di colpa di aver contribuito di brutto alla formazione del buco nell'ozono!
Ma quel che è peggio, è che il tutto veniva impreziosito da cerchietti, fermacapelli (rigorosamente Naj Oleari), fasce, fiocchi e ammennicoli vari dai colori accesi e sgargianti, meglio se fluo. Che aveva anche il suo lato positivo: se ti dovevi fermare a cambiare una gomma di notte, non ti serviva nemmeno il giubbotto catarifrangente!
Cosa non si faceva per essere trendy come la musa Madonna (nel senso della cantante)... e che ce fregava se con quelle robe nei capelli si rischiava l'effetto “uovo di Pasqua”!
...Comunque il pargolo ha poco da ridere: pare che lo stile anni Ottanta stia tornando di moda! E forse tra un po' ci tocca cotonare i suoi di capelli!!!

23 maggio 2011

LA CASSETTA ANNI OTTANTA



No, no: la musica pirata non l'ha inventata Napster. C'era prima di internet, delle tracce audio in formato mp3 e dei masterizzatori di cd. Solo, negli anni Ottanta, noi pirati eravamo meno tecnologici e più artigianali: ci bastava un radioregistratore e una cassetta vergine.
Quelle da 60 erano perfette per la pirateria semplice. In tempi in cui gli album erano in vinile, con dieci-dodici canzoni in tutto, avevano la misura ideale per registrare il lato A su una facciata della cassetta e il lato B sull'altra. E per spacciare agli amici il disco del momento, magari vantandosi di averlo preso quando non era ancora così famoso ma noi avevamo già capito tutto.
Quelle da 90 erano per i pirati più audaci, quelli che registravano le compilation dalla radio. Vi ricordate come si faceva, vero? Ci si sintonizzava su una stazione che trasmetteva le hit, magari con i deejay poco invasivi, che non parlavano sulle intro delle canzoni e che le lasciavano finire senza troncarle troppo presto (nel Nord Ovest, per esempio, era ottima Radio Mondo di Casale Monferrato). Poi si metteva la cassetta vergine nell'apposito alloggiamento e si schiacciavano insieme i tasti rec, play e pause. Appena partiva la canzone che volevamo registrare, bastava avere i riflessi pronti e sbloccare il tasto pause. E riflessi altrettanto pronti servivano per interrompere la registrazione prima che il deejay parlasse. I più sgamati tentavano rudimentali mixate, aggiustando il finale della canzone precedente e aspettando con pazienza che la radio trasmettesse la canzone giusta da attaccare.
Quella lassù nella foto è una cassetta fatta così, nel giugno del 1985. Ovvero poco prima che finisse la scuola, quando le interrogazioni scemavano e i pomeriggi si liberavano. E mamma non ne poteva più di vederci lì, seduti, concentrati e assenti, con le cuffiette del walkman adattate sullo stereo e ogni neurone teso a cogliere l'attimo. Quello della canzone giusta...

22 maggio 2011

LA NASCITA DELLE FONZIES


Correva l'anno 1981, quando sulle pagine di Topolino comparve questa pubblicità. All'epoca, il mercato delle patatine era rivolto ai bambini (a noi bambini, posso dirlo?) e il grande segreto non era solo il gusto salato e croccante di quelle sfogliatine di patata fritta. Dentro ogni bustina, c'era la sorpresa, un giochino che titillava la nostra fantasia di piccoli consumatori prima che arrivassero a copiare quella stessa formula gli ovetti Kinder.
Le Fonzies non avevano nessuna sorpresa. Se non la forma e il gusto diversi dal solito, con quell'impasto di mais e formaggio e quella polverina gialla che si appiccicava alle dita. Erano buone, però. E poi con quel nome preso in prestito da Arthur Fonzarelli in arte Fonzie, facevano molto americano e molto figo. Al punto che ci aspettavamo, nella nostra fantasia, che quelle bustine di similpatatine pullulassero nelle paninoteche di oltreoceano.

Invece no. Le Fonzies sono sbarcate in Italia passando dall'Australia, dove si chiamavano Twisties ed erano in vendita fin dagli anni Cinquanta. E sono ancora sul mercato, in versioni multigusto che spaziano dal bacon al pollo. La versione italiana copiò lo stesso scudetto rosso per scriverci il logo: cambiò solo la parola. Cotte al forno e prodotte in Germania, famose in Italia al punto da essere indicate come uno snack tipico del Bel Paese, hanno attraversato gli anni Ottanta, e poi i Novanta e sono sbarcate vive, vegete e piene di energia nel nuovo secolo. Le patatine Pai con la sorpresa, invece, sopravvivono solo nei nostri ricordi...

(ps: se poi qualcuno riconoscesse il ragazzino della pubblicità e ce lo presentasse, la nostra curiosità sarà eternamente riconoscente)

21 maggio 2011

WRESTLING, RANDY SAVAGE È MORTO


Ne avevamo parlato solo pochi giorni fa su Ottantology, raccontando le epiche sfide dell'epoca di Hulk Hogan e delle telecronache di Dan Peterson. Ieri Randy Savage, alias Macho Man, è morto, all'età di 59 anni. Stava guidando la sua jeep sulle strade di Seminole, in Florida, poco lontano dalla sua abitazione. L'auto, dicono le cronache, ha invaso la corsia opposta, apparentemente senza ragione, e ha terminato la sua corsa fuori strada, contro un albero. Il wrestler è morto, la seconda moglie Lynn è rimasta ferita, ma non è in pericolo di vita. La polizia sospetta che un malore abbia causato l'incidente.
Macho Man, vero nome Randall Mario Poffo, chiare le origini italiane, era uno dei lottatori più amati degli anni Ottanta. Indimenticabili le chiusure dei suoi combattimenti, con il volo d'angelo a gomito alzato partendo dalle corde del ring, per schiacciare il rivale. E indimenticabili i suoi ingressi: occhiali da sole, abbronzatura, capelli lunghi (che, come testimonia la foto sopra, ultimamente si erano diradati e accorciati), aria strafottente di un vero macho, al fianco la allora moglie Miss Elizabeth, scomparsa quasi dieci anni fa per una probabile overdose. Di lui resteranno una raccolta di figurine di all star del wrestling, uscita negli Usa l'anno scorso, e il suo personaggio nel videogame Wwe All-Stars, in vendita da marzo. Tra i suoi fans più convinti, c'era proprio Dan Peterson che, raccontano le cronache, chiamò Macho Man il suo gatto.

20 maggio 2011

HOLLY E BENJI IN CARNE E OSSA


Questo video l'ho messo ieri sulla nostra pagina Facebook. E da allora l'avrò già rivisto sedici(mila) volte. Ridendo come un cretino tutte e sedicimila. Il fatto è che questa riedizione della sigla di Holly e Benji (o, se preferite, come stabilito ieri, di Captain Tsubasa Ozora e Kenzo Wakabayashi) fatta da un gruppo di fan giapponesi in carne e ossa è semplicemente fantastica. Il mio momento must? Il finto Bruce Harper (che poi si chiamerebbe Ryo Ishizaki in giapponese) che colpisce di testa al minuto 0'47'' del video.

19 maggio 2011

LOST IN TRANSLATION



No, il film non c'entra, e non solo perché è uscito nelle sale ben oltre gli anni Ottanta. Ma il titolo sì: l'idea mi è venuta per colpa di Glee, splendido telefilm che sembra un po' (possiamo dirlo, puristi?) il nipote del “nostro” Saranno Famosi. Uno dei personaggi del liceo canterino & ballerino si chiama Puckerman, per tutti Puck. Che andrebbe pronunciato pac, visto che il cognome lo pronunciano – giustamente – pacherman anche nel doppiaggio italiano. E invece, misteriosamente, il soprannome diventa puc con la u.
Fosse la prima volta. E qui risaliamo ai tempi della nostra tv. Tutto cominciò da Happy Days. Dove Richie Cunningham veniva pronunciato rici in lingua originale. E non richi come nella nostra traduzione, che ci ha portato spessissimo anche a translitterare il nome in Ricky. Sbagliando. Lo stesso accadde a Chachi, che era ciaci negli Usa ed è diventato ciachi da noi. Della famiglia Robinson che in realtà era Huxtable abbiamo già parlato qui. E in quel caso, almeno, c'era la giustificazione di sostituire un cognome ostico per il mercato nostrano.
A proposito di mercato, il logo della Glade in Italia recava la scritta Gled, come la pronuncia, e come lo pronunciava la Luisa che comincia presto, finisce presto e di solito non pulisce il water. Ora la scritta è originale, ma gli speaker degli spot continuano a parlare della glèd e non della glèid. Senza contare che se in una drogheria britannica, il dentifricio Colgate lo chiamiamo colgàte e non colghèit, sai che risate...
E poi bisognerebbe aprire il file dei cartoni giapponesi. Quelli sportivi, per esempio. Chi diavolo è Holly Hutton, vi chiederebbe un giapponese, se gli parlate di quel giovane calciatore che giocava nei campi che non finivano mai. Per lui quello è Tsubasa Ozora, protagonista del manga Captain Tsubasa, che giocava nella Nankatsu (e non nella New Team), squadra che rivaleggiava con la Meiwa di Kojiro Hyuga (e non con la Mambo di Mark Lenders). E Benji il portiere? Si chiamava Kenzo Wakabayashi.
(Che poi i giapponesi ammiratori del calcio italiano hanno chiamato le loro squadre professionistiche Hiratsuka Bellmare, Hiroshima Sanfrecce e Gamba Osaka, non lesinando assonanze affascinanti alle loro orecchie e assurde per le nostre. La più terribile di tutte però è la Kawasaki Frontale, due parole che messe assieme, nel nostro italico idioma...)
Non si salva la pallavolo. Mimì Ayuhara sarebbe Kozue Ayuhara in lingua originale. Ma all'epoca c'era l'ansia da traduzione. Nel 1982 ne fu vittima anche Doraemon, il gatto robot che Fabrizio Frizzi lanciava a metà del pomeriggio di Rai Due, all'interno della trasmissione per ragazzi Tandem. Lui fu l'unico a conservare il suo nome. Il suo padrone era Guglia, il suo rivale Giangi che era amico di Zippo e la ragazza del gruppo era Susi. Immaginate lo sconcerto per noi ottantologisti quando Doraemon è ricomparso, qualche anno fa, nelle sequenze di cartoons delle reti Mediaset. Guglia era diventato (o meglio era tornato a essere) Nobita, Susi era Shizuka, Zippo era Suneo. Almeno Giangi aveva conservato un'assonanza: nel manga è Takeshi detto Gian, contrazione di “giant”, ovvero gigante.
Sono cambiati anche i doppiatori. E la voce del gattone con la tasca più profonda di quella di Eta Beta (da cui estraeva i mitici ciusky) non è più quella di Liù Bosisio. Ovvero l'attrice che per prima ha interpretato il ruolo di Pina, la moglie del ragionier Ugo Fantozzi.

18 maggio 2011

SONO TORNATI I BEE HIVE

Mirko-Pasquale Finicelli con Marisa (dalla pagina Facebook di FM)

Sapete che c'è? Sono tornati i Bee Hive. Anche senza Licia. Ma è bastata una loro intervista live (la sera di martedì 17 maggio) a Radio Deejay, durante FM, il programma di Federico Russo e Marisa Passera, per far ribollire di sms il centralino della diretta. La scusa? I Bee Hive, proprio quelli del telefilm che cominciò ad andare in onda nel 1986 sulle reti Fininvest, si sono riuniti per un miniciclo di concerti che li porterà, per cominciare, a Bologna proprio venerdì. Sono rimasti in quattro: Mirko, alias Pasquale Finicelli, Satomi, cioé Sebastian Harrison, Paul, ovvero Luciano De Marini, e Matt, all'anagrafe Manuel De Peppe, ideologo del ritorno sulle scene.
Federico e Satomi
Il fatto è che, come hanno confessato nell'intervista alla radio, a fare  Love Me Licia, la versione in carne ed ossa di Kiss Me Licia si divertivano proprio. "Beautiful c'è ancora adesso, perché voi avete smesso?" ha perfino protestato in diretta Marisa. Forse perchè a un certo punto non si ha più l'età e la vita continua, lontano da Cristina D'Avena e dalle telecamere. Satomi-Sebastian Harrison per esempio compirà 46 anni a settembre, vive soprattutto negli Usa e possiede una compagnia di servizi telefonici internazionali che ha collaborato anche con il National Geographic. Anche Manuel De Peppe, anni 41, si divide tra Italia e Usa, dove fa il produttore discografico. Luciano De Marini invece possiede un salone di bellezza a Milano. E Pasquale Finicelli, alias Mirko-che-faceva-battere-i-cuori, è uscito dal mondo dello spettacolo: un'intervista del 2007 lo segnalava come uomo di fiducia dell'amministratore delegato della Publikompass, agenzia di pubblicità che ha in portfolio, tra gli altri, il quotidiano La Stampa.
Qualche curiosità? In questo tour canta lui. Ma nel telefilm la voce non era la sua, bensì quella di Enzo Draghi, che ha cantato tutte le sigle dei cartoni anni Ottanta che non cantava Cristina D'Avena (Lupin, Supercar Gattiger, i Puffi per citarne qualcuna a caso). I concerti saranno accompagnati da un singolo nuovo: s'intitola Don't say goodbye. E Mirko non salirà sul palco con il ciuffo rosso. "Era lacca con il colorante spruzzata sui capelli decolorati" ha svelato Mirko in diretta. E Federico Russo ha confessato di esserselo fatto, da ragazzo fan, usando un uniposca...
Qui trovate i dettagli del tour, compresi i link per la prevendita. E qui potrebbe comparire il podcast della trasmissione di Federico e Marisa, che era tutta dedicata agli anni Ottanta. E quindi, di per sé, bellissima...

PS: le foto le ho prese proprio dalla pagina Facebook di Federico e Marisa

16 maggio 2011

TOP GUN 25 ANNI DOPO

Venticinque anni fa, ora più ora meno, il film Top Gun esordiva in più di mille sale cinematografiche americane. Era il 16 maggio 1986 e quella pellicola segnò un'epoca, non solo come record di spettatori (più di 8 milioni di dollari d'incasso nel primo weekend Usa, oltre 350 milioni il totale in tutto il mondo). Tanti bimbi nati a fine anni Ottanta hanno Maverick come nome di battesimo, tanti diciottenni di fine anni Ottanta hanno fatto domanda in aviazione, altrettanti o forse di più hanno comprato un giubbotto Avirex pieno di etichette e un paio di Ray Ban Aviator. Tom Cruise diventò, da attore piccoletto semisconosciuto, un sex symbol globale. Di lui sappiamo tutto. Ma gli altri, che fine hanno fatto?


Kelly McGillis era Charlie, la donna di Maverick, bionda, ricciola e vaporosa come anni Ottanta imponevano. Ora ha 53 anni e non ha più i riccioli, come vedete. Non ha nemmeno un marito, benché si sia sposata due volte e con il secondo fondò il Kelly's, un ristorante in Florida. In quel locale, una certa Melanie Leis era una cameriera. Nel 2010 Kelly e Melanie si sono unite civilmente nel New Jersey. Lesbica da sempre (come ha dichiarato in un'intervista), aveva represso le sue inclinazioni fino al coming out del 2009, convinta che il cielo la volesse punire fin da quando aveva 12 anni. Nel 1982 fu stuprata. E il suo dramma personale la spinse ad accettare il ruolo dell'avvocato di Jodie Foster nel pluripremiato film Sotto accusa. In quel film era la Foster (anche lei lesbica dichiarata) a essere vittima di violenza.


Al personaggio di Anthony Edwards, quando raggiunge la fama, tocca morire. Accadde a Goose, il migliore amico e compagno di pattuglia di Maverick. E la storia triste si è ripetuta con addosso il camice del dottor Mark Greene, nella serie tv ER. In quel caso fu un tumore al cervello a portarlo via dai cuori della dottoressa Cordey e dei telespettatori, che adoravano quel pelatino timido ma dal cuore grande, che George Clooney chiamava Ciccio. Pelatino, appunto. E quanti si erano accorti al primo colpo d'occhio che Ciccio e Goose erano la stessa persona? Volete vedere com'è adesso, a 49 anni? Il consiglio è di guardare il bellissimo Motherhood, film in cui recita accanto a Uma Thurman.


Meg Ryan era la fidanzata di Goose. Il suo nome nel film, Carol Bradshaw, suona un sacco Sex & the city, a leggerlo adesso. (E a pensare all'orgasmo simulato in paninoteca di Harry ti presento Sally il cerchio si chiuderebbe...). All'epoca aveva 25 anni ed era semisconosciuta. Ora ne ha 49 e, dopo Sally, ha interpretato, per esempio, la protagonista femminile di City of angels o C'è posta per te. A giudicare dalle due foto, nel frattempo deve aver incontrato anche un chirurgo plastico.

15 maggio 2011

LA SUPERCLASSIFICA DI OTTANTOLOGY #6

(Classifica basata sul numero di ascolti complessivi delle canzoni della mia playlist su iTunes dedicata agli anni Ottanta, impostata in rigorosa modalità random. Quindi, in fondo, è la classifica di un software. O del caso, fate voi. Legenda: tra parentesi l'anno di uscita del disco, il numero che segue è la variazione di posizione rispetto alla settimana scorsa. La sigla ne sta per nuova entrata).

TOP TEN DEL 15 MAGGIO

1 Change – Tears for Fears (1983) =
2 Love and Pride – King (1984) +1
3 You keep me hangin' on – Kim Wilde (1986) +4
4 Original sin – Inxs (1984) +7
5 I feel love/Johnny remember me – Bronski Beat feat. Marc Almond (1984) ne
6 Taste of your tears – King (1984) ne
7 Things can only get better – Howard Jones (1985) +6
8 Tainted love – Soft Cell (1981) -6
9 Breakout – Swing Out Sister (1987) +5
10 Enola gay – OMD (1980) -5

DISCHI CALDI
11 C'est la ouate – Caroline Loeb (1986) -7
12 Send my heart – The Adventures (1984) -4
13 Never gonna give you up – Rick Astley (1987) -4
14 Each time you break my heart – Nick Kamen (1986) ne
15 Don't leave me this way – Communards (1986) ne
16 It hurts – Lotus Eaters (1985) +1
17 Lucky star – Madonna (1984) ne
18 The promise you made – Cock Robin (1984) ne
19 Dance around the world – Richenel (1986) ne
20 Right on track – Breakfast Club (1987) ne

14 maggio 2011

ADDIO, BUZZICONA...


Si è spenta all'età di 76 anni Anna Longhi. Nel 1978 Alberto Sordi la promosse sul set. Serviva una "romana de Roma" per il ruolo della moglie del protagonista nel film Dove vai in vacanza?. Recitò nell'episodio Le vacanze intelligenti, in cui ricordiamo Sordi e la Longhi con aria smarrita alla Biennale di Venezia, circondati da presunti capolavori di arte moderna. Una scena che fece giustizia dell'intellettualismo ostentato in quanto tale, almeno quanto quella di Fantozzi di fronte alla Corazzata Potemkin. Ma noi ce la ricordiamo con il nomignolo che Albertone le diede proprio in quell film, dicendo: "No, tu nun sei grassa, è che sei un po' buzzicona..."
Fu moglie di Sordi anche nei due film Il tassinaro (del 1983) e Un tassinaro a New York (del 1987) ed ebbe una piccola parte anche ne Il talento di Mr Ripley del 1999, per il quale Anthony Minghella chiamò anche Sergio Rubini, Stefania Rocca e i fratelli Fiorello. Il 18 dicembre 2010 aveva aperto a Roma l'ostaria romana che chiamò, ovviamente, Buzzicona. Ma non ha fatto in tempo a godersi il successo del suo locale. Per noi ottantologisti, però, resterà indimenticabile.

IL CATCH DI ANTONIO INOKI

 
Prima di Dan Peterson e delle reti Fininvest e dei ring americani, il wrestling si chiamava catch, arrivava dal Giappone e andava in onda sulle tv private, con la voce di Tony Fusaro a rendere eroi personaggi che in Italia non si erano mai visti.
L'eroe tra gli eroi aveva pure un nome italiano. Antonio Inoki aveva fisico scolpito, pantaloncini attillati rigorosamente neri e una mascella che neanche Ridge. Il suo vero nome era Inoki Kanji, aveva praticato pallacanestro e atletica tra Giappone e Brasile, dove la famiglia emigrò negli anni Cinquanta. Quando cominciò a dedicarsi al catch (che in Giappone però si chiama puroresu, contrazione di “purofessionaru resuringu", la pronuncia giapponese di professional wrestling, scelse Antonio in onore di un lottatore italo-americano degli anni '50-'60, Antonino Rocca.
In Italia conquistò notorietà negli anni Ottanta, con la fama di invincibile, grazie alle registrazioni dei match del circuito nipponico che ci spiegarono molto anche sul cartone animato dell'Uomo Tigre. Che esisteva davvero e si chiamava Tiger Mask. Ma la popolarità italiana era una briciola rispetto alla sua fama mondiale: ancora nel 1995 in un match a Pyong Yang, capitale della Corea del Nord, organizzato in segno di pace dal paese comunista e dal Giappone, oltre 150mila persone affollarono lo stadio I Maggio.
E nel 1976 in un incontro a Tokyo affrontò perfino Muhammad Alì, leggenda del ring, ma sotto la voce pugilato. L'incontro finì pari e non fu spettacolare per nulla, a quanto sembra, blindato da una serie di regole per tutelare (a quanto sembra) soprattutto la paura di Alì di essere scaraventato fuori dal ring. Il pugile disertò la conferenza stampa del dopomatch, lamentandosi per il male alle gambe provocato dai calci del rivale.
Quella sfida fu comunque un'anticipazione della nascita del campionato dl mondo di arti marziali miste, che Inoki ovviamente conquistò, sconfiggendo tra il 1978 e il 1989 l'olandese Willem Ruska, ex olimpionico di judo, e il peso massimo americano Leon Spinks, che affrontò e sconfisse Muhammad Alì sul ring nel 1978.
Antonio Inoki adesso ha 68 anni, un'ex moglie attrice, vive tra Tokyo e New York e continua a fare il talent scout e il promotore nel mondo del wrestling. E a me scappa sempre di chiamarlo, come nelle presentazioni dei match fatte dall'enfatico speaker giapponese: “Annnnnntoniooooooooo... Iiiiiiiinoooookiiiiiii...”

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