31 luglio 2012

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – SESTA PARTE

Ed eccoci al nostro ultimo appuntamento prima della pausa estiva.
A vedersela in questo sesto scontro sono due bellocci con diversi punti in comune (quindi si preannuncia una scelta difficile): oltre che da una curiosa somiglianza onomastica (il cognome dell'uno è uguale al nome dell'altro), i due sono accomunati infatti dall'aver dedicato entrambi una canzone ai loro coetanei negli anni Ottanta ma soprattutto da un irresistibile fascino latino!
Sì, avete indovinato: LUIS MIGUEL VERSUS MIGUEL BOSE'.
Partiamo dal più giovane.
Luis Miguel Gallego Basteri è nato a San Juan de Puerto Rico, il 19 aprile 1970. La madre, Marcella Basteri, scomparsa in circostanze misteriose parecchi anni fa, era italiana mentre il padre, Luisito Rey, è stato un famoso chitarrista e cantante spagnolo.
Condizionato presumibilmente dall'atmosfera artistica che si respirava in casa, Luis a soli undici anni inizia la sua carriera artistica.
Le vere ragazze ottantologiste, adolescenti all'epoca dei fatti, non potranno non ricordare la sua partecipazione al Festival di Sanremo nel 1985, dove si piazzò secondo con la canzone scritta da Toto Cutugno, “Noi, ragazzi di oggi”.
Luismi al Festival di Sanremo, anno 1985
Alla sua la meteorica apparizione alla kermesse canora italiana e alla successiva, trionfale tournée estiva seguì l'oblio. Ma questo solo nel nostro Paese.
L'ex quindicenne che ha fatto impazzire orde di ragazzine italiche (e non solo) infatti è oggi una delle più brillanti stelle della musica latino-americana: ha venduto più di 90 milioni di dischi, ha battuto record di pubblico ai concerti, si è portato a casa finora 8 tra Grammy e Latin Grammy e la sua voce è stata elogiata da critici e da colleghi di tutto il mondo (addirittura “The Voice” Frank Sinatra lo ha voluto per un duetto da inserire nell'album “Duets II”).
La sua musica (un originale mix di pop, bolero, mariachi e ballate romantiche) è arrivata anche in continenti in cui non si parla spagnolo, come l'Asia e l'Africa mentre il suo look – spariti il caschetto e l'aria da peste e messo su qualche chiletto – si è fatto più maturo ed intrigante.

Luismi ai giorni nostri
Per il suo nutrito stuolo di fans (Luismi – come viene affettuosamente chiamato – vanta un pubblico che va dalle adolescenti alle nonne passando per gli ometti, che lo hanno eletto a simbolo di come si possa piangere per amore senza perdere punti in “machismo”) è “El Sol”, per la Warner, la sua casa discografica, è l'artista che insieme a Lady Madonna ha venduto più dischi.
Quanto al suo curriculum sentimentale, dopo tre anni di convivenza con la cantante Mariah Carey (galeotta fu la selvaggia natura di Aspen nella magica atmosfera natalizia) che, pare, in seguito a tale benservito, ha dovuto essere ricoverata in una clinica specializzata a causa di una grave forma di esaurimento nervoso (d'altronde... dove lo trova un altro che, durante una proiezione al cinema, le va ad infilare nel sacchetto dei popcorn un mega diamante da diosolosa quanti milioni di sterline?), è stata la volta della presentatrice televisiva Myrka Dellanos, volto noto della catena USA Univision, e della connazionale attrice di soap opera Aracely Arambula che nel 2007 lo ha reso papà di Miguel (e complimenti per la fantasia!).

Luis e Mariah in love
 Che l'icona della musica latina abbia finalmente messo la testa a posto?
Il cantante, che ha da poco riconosciuto una figlia diciottenne (anche se non ancora pubblicamente), ha dato infatti non pochi grattacapi alla povera Aracely. Il loro amore, nato durante la festa ad Acapulco per il trentacinquesimo compleanno di Luis (colpo di fulmine al quale è seguita una romantica fuga a Venezia), ha subito una brusca battuta d'arresto nel 2006 proprio nel giorno degli innamorati quando la donna ha avuto la cattiva idea di fare una visitina a sorpresa nella loro villa di Acapulco, sorprendendo la sua dolce metà in atteggiamenti inequivocabili con la modella argentina Luciana Salazar (che, con poco buongusto, si è affrettata a smentire, sottolineando che a legarla a Luismi ci sono solo rapporti d'amicizia!).
Sangue caliente!
E passiamo a Luis Miguel Luchino González Borloni, nato a Panamá il 3 aprile 1956, da genitori alquanto famosi – l'attrice italiana Lucia Bosé e il torero spagnolo Luis Miguel González Lucas, noto come Luis Miguel Dominguín – e cresciuto in un ambiente tutt'altro che all'insegna dell'understatement: Luchino (da cui prende il suo terzo nome) Visconti è stato suo padrino di battesimo e la casa madrilena dei González era frequentata da amici di famiglia del calibro di Ernest Hemingway, Pablo Picasso, Ava Gardner, Orson Welles.

Bosé - 80's version
Miguel esordisce come cantante nel 1978 con il singolo “Anna”, seguito l'anno dopo dal mega successo internazionale “Super Superman”.
Nel 1982 pubblica nel nostro Paese la raccolta dei suoi migliori brani cantati in italiano, dal titolo “Bravi ragazzi – I grandi successi di Miguel Bosé”, con la cui title track, “Bravi ragazzi” (etichetta, quella di “bravo ragazzo”, che per un decennio ha poi cercato di scrollarsi di dosso, cercando di diventare “artista maledetto”), vince l'edizione del Festivalbar di quell'anno mentre in quello successivo esce “Milano – Madrid” (la cui copertina è stata disegnata da Andy Warhol), album dal quale vengono estratti i singoli di punta “Non siamo soli” e “Angeli caduti”.
Nel 1994 vince di nuovo il Festivalbar con l'intensa “Se tu non torni” (dall'album “Sotto il segno di Caino”) e nel 2007, dopo una lunga assenza dall'Italia, per il trentennale della sua carriera, Miguel Bosé torna con un fortunato disco di duetti, “Papito”, una raccolta dei suoi brani più noti, tutti in versione spagnola, re-interpretati insieme ad artisti come Shakira, Ricky Martin, Laura Pausini, Michael Stipe, Paulina Rubio e la leggendaria Mina (nella versione spagnola di “Acqua e sale”).

L'ex bravo ragazzo in un'immagine recente
Nella sua carriera il poliedrico Bosé non si è limitato a cantare: ha recitato in 35 film (tra i quali... come dimenticare “Tacchi a spillo” di Pedro Almodóvar e la sua interpretazione en travesti?), ha partecipato a diversi spettacoli televisivi – in Italia, ad esempio, ha presentato nel 1988 il Festival di Sanremo, in coppia con Gabriella Carlucci e nel 2002 ha condotto il reality show “Operazione Trionfo” – e recentemente ha esordito anche come regista teatrale.
Per quanto riguarda la sua vita privata, il cantante in una irriverente intervista al mensile storico del mondo omosessuale “Babilonia” ha dichiarato di essere “trisessuale”, neologismo da lui coniato in risposta alle insistenti voci che lo vorrebbero gay.
Nell'aprile dello scorso anno, tramite Facebook e Twitter, Bosé, affascinante cinquantacinquenne single, ha annunciato pubblicamente di esser diventato papà di due gemelli, Diego e Tadeo, grazie ad un utero in affitto, seguendo così l'esempio dell'amico Ricky Martin.
Ed ora a voi...
Chi preferite fra l'ex bimbo prodigio col caschetto e il superman controverso e trasgressivo?
Chiedete anche al vostro vicino di ombrellone, potrebbe essere un ottimo metodo per fare nuove amicizie (e divulgare il verbo ottantologista)!

PiEsse = La Betta con i suoi sondaggioni torna martedì 28 agosto quindi tenetevi pronti, ma soprattutto pronte, a votare. Come sempre qui sul blog o sulla pagina facebook di Ottantology!

25 luglio 2012

DURAN DURAN A LUCCA: NOI C'ERAVAMO

È una lunga e grande estate di concerti ottantologisti, in Italia (e vi avevamo avvertito in anticipo). Poteva Raffaele, il nostro professore in musica della decade (e non solo), tenersi lontano da quelle arene? Certo che no e, come era accaduto per Sade, George Michael e i Simple Minds, ci ha inviato una recensione di una delle date italiane dei Duran Duran, ovvero un distillato di anni Ottanta, che rivedremo venerdì al concertone che aprirà le Olimpiadi di Londra. Ma questa volta c'è di più: con lui, allo stesso concerto, c'era l'ottantologista Elizabeth, da anni fedele fan di Simon Le Bon e soci. E così stavolta, alla recensione tecnica (ma non solo) del prof, si aggiunge quella della vicepreside, fatta con il cuore. Enjoy!

Simon & John a Lucca (foto La Gazzetta di Lucca)


"Mamma, posso andare??? Ti prego, mamma posso andare???"
È il refrain che accompagna generazioni di teenagers dai tempi dei Beatles, così era... e così sarà sempre.
Ad un concerto dei Duran Duran, Lucca, anno di grazia 2012, ti accade di assistere ad una novità: il permesso "Bi-generazionale". Eh si, quello verso i genitori che debbono accudire i nipotini e quello, che fa arrossire, verso i figli adoloscenti (abbiamo assistito ad una scena vicino ad un manifesto, con la curreriana domanda "E chi sono codesti Dùran Dùran???").
I Duran Duran, gruppo emblema di un certo edonismo anni '80, hanno trascinato gli oltre 8mila presenti a Lucca sabato 21 luglio in quello che il buon Dan Peterson avrebbe definito: "Pandemonio!!!". Un Simon Le Bon un po' imbolsito, ma con un carisma innegabile anche da noi maschietti, niente affatto scalfito dai trent'anni trascorsi dai primi successi. Giacca nera, camicia traslucida nera, pantaloni bianchi con banda laterale nera di mercuryana memoria e voce che dopo un primo avvio così così, regge alla grande.
Con l'uscita dal gruppo del chitarrista Andy Taylor, la formazione storica si presenta con il platinato Nick Rhodes, solito metronomo del centrocampo, alle tastiere ma con ampia libertà di fotografare il pubblico, Roger Taylor alla batteria ed un John Taylor (70 kg., basso compreso) a metà strada tra Keith Richards ed il bulletto di Grease, Kenickie. Un fascino il suo che, probabilmente, riaffiorerebbe intatto dopo un paio di docce.
Lo show parte con qualche problemino di ritorno nella peraltro bella "Before the Rain", tratta dal recente album "All You Need Is Now" e poi via con i successi storici "Planet Earth", "A View To A Kill", "The Reflex", "Come Undone", alternati alle nuove "Girl Panic" e "Mediterranea". Bella la dedica della splendida "Ordinary World" alle terre emiliane martoriate dal terremoto. Si chiude con i bis: l'immensa "Save A Prayer, "Girls On Film" e "Rio".
Sciama la folla e l'adrenalina che ha imperversato nelle vene del pubblico, soprattutto femminile, ma non solo... e soprattutto quarantenni, ma non solo... rientra nei valori normali e lascia una dolce sensazione, quella di aver assistito da vicino al sogno di tante notti insonni. LONG LIVE THE 80's!
Raffaele

Cominciai a seguirli da subito, da Planet Earth a Girls on Film, arrivando alla mitica Save a Prayer, passando da Rio! Poi con altri brani di successo come Come undone e Ordinary world e, ancora, Sunrise, arrivando infine ai nuovi brani che, almeno a me, non riescono a dare le stesse splendide sensazioni.
Ricordare quante volte si è discusso per decidere chi fosse meglio fra Simon e Tony. Sabato sera - dopo oltre trent’anni - li ho finalmente visti dal vivo… un’emozione indescrivibile e la conferma dell’ottima scelta.
Un’attesa durata mesi (o meglio anni se proprio devo dirla tutta!!!).
Un’atmosfera da brividi, eccetto 5 minuti di coretti, diretti da Simon stile ripetete con me, di cui se ne poteva fare anche a meno…
Sentire i propri beniamini ancora oggi ben difendersi nonostante il tempo, riuscire a ricordare i testi, cantare con loro, sentire la propria canzone preferita insieme a una persona speciale, respirare insieme a tutti gli altri la voglia di divertirsi, di cantare e rivivere una parte importante della propria vita...
Che dire… un’esperienza indimenticabile


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24 luglio 2012

È MORTO SHERMAN HEMSLEY, GEORGE DEI JEFFERSON


Una notizia tristissima è arrivata in serata dagli Stati Uniti. All'età di 74 anni è morto Sherman Hemsley, per tutto il mondo l'attore che ha dato volto, sembianze e simpatia a George Jefferson, co-protagonista insieme alla moglie Louise "Weezy" della serie tv I Jefferson.
Hemsley è morto nella sua casa di El Paso, in Texas, dove aveva preso residenza dopo essersi ritirato dalle scene. Amava fare lunghe passeggiate e non lo si vedeva più così spesso in occasioni mondane. Weezy, al secolo Isabel Sanford, di vent'anni più anziana, era scomparsa nel 2004.
Il cordoglio del mondo è stato unanime, come un coro. Tra le voci soliste, quelle che si sono espresse sui social network (su Twitter la notizia è diventata un trend anche in Italia pochi minuti dopo la sua diffusione): Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti, ha commemorato Hemsley in un tweet che riporta una delle frasi della canzone della sigla: "Fish don't fry in the kitchen, beans don't burn in the grill", simbolo del riscatto sociale della famiglia afroamericana che aveva preso le abitudini dei borghesi di Manhattan. Anson Williams, il Potsie di Happy Days, ha affidato il suo personalissimo ricordo a Facebook: "Ho diretto quell'uomo fantastico e attore incredibile anni fa in uno spot pubblicitario. Riposi in pace".

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I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – QUINTA PARTE

Donne (ma anche ometti, per carità... i sondaggioni della Betta sono bipartisan!), siete pronte?
Sicure /i?
Perché quella di oggi è una sfida con la “esse” maiuscola: Axl Rose, il leader dei Guns N' Roses, deve vedersela con Steven Tyler, storico frontman degli Aerosmith.
Il primo, all'anagrafe William Bruce Rose, nato il 6 febbraio 1962 a Lafayette (nell'Indiana), ha avuto un'infanzia alquanto tormentata: il padre biologico, un balordo senza fissa dimora, abbandona la famiglia quando il bambino ha appena due anni.

Axl negli anni '80
Successivamente la madre decide di risposarsi e William passa dalla padella alla brace: le cinghiate e i ripetuti abusi sessuali del patrigno lo fanno comprensibilmente diventare un adolescente ribelle. Le disavventure con la polizia locale, infatti, e problemi di vario tipo con la legge sono all'ordine del giorno.
Innamorato della musica, forma giovanissimo una band che chiama Axl. Quando il gruppo si scioglie, William pensa di tenere quel nome per sé. Successivamente cambia anche il cognome che da Bailey diventa Rose (la versione secondo cui avesse scelto “Axl Rose” in quanto anagramma di “Oral Sex” è quasi sicuramente una leggenda metropolitana) e a 17 anni fa su armi e bagagli per trasferirsi in California, a Los Angeles, dove, insieme all'amico d'infanzia Izzy Stradlin (nome d'arte di Jeff Isbell) inizia a tutti gli effetti la sua carriera come musicista rock.
A metà degli anni Ottanta fonda i celeberrimi Guns N' Roses: Izzy alla chitarra ritmica, Saul Hudson (meglio noto come Slash) alla chitarra solista, Duff McKagan al basso e Steven Adler alla batteria, band che – tra addii, partenze, ritorni e disavventure varie – cambia più volte componenti ma che con questa formazione raggiunge fama mondiale ed incide nel 1987 il primo album, “Appetite for Destruction” raggiungendo in brevissimo tempo le vette delle classifiche grazie a hit del calibro di “Paradise City”, “Welcome to the Jungle” e “Sweet Child O' Mine”, scritta da Axl per la sua allora fidanzata (ed oggi ex moglie) Erin Everly (presente nel video della canzone).

Axl & Erin
 A distanza di qualche anno, nel 1991, i Guns tornano sul mercato con il doppio album “Use Your Illusion I” e “Use Your Illusion II” (con capolavori come “Don't Cry” e “November Rain”) e non deludono le aspettative dei fans anche se nel frattempo l'imprevedibilità di Axl, tutto genio e sregolatezza (che, ad esempio, arrivò ad aggredire un fan durante un concerto a Saint Louis perché in possesso di una macchina fotografica non autorizzata) contribuisce a deteriorare i rapporti con gli altri membri.
Nel 2008 Axl (che nel 1997 ha acquistato i diritti sul nome del gruppo) esce, insieme ai nuovi Guns, con l'album “Chinese Democracy”, che segna il ritorno della band dopo 15 anni (risale infatti al 1993 “The Spaghetti Incident?”) ma che non soddisfa la critica né il pubblico.

Axl oggi
 Il 6 febbraio di quest'anno Axl – privo del sex appeal di un tempo e visibilmente più in carne – ha spento 50 candeline (fa strano, vero, pensarlo cinquantenne?) ed è stato recentemente avvistato con una presunta nuova fiamma: la giovane ed acclamata popstar Lana Del Rey (che ha esattamente la metà degli anni del rocker maledetto).

Axl e Lana
Zeppa di eccessi e stravizzi anche la vita di Steven Victor Tallarico, aka Steven Tyler, nato a Yonkers, nello stato di New York, il 26 marzo del 1948, con sangue russo, cherokee, tedesco ed italiano (calabrese, per la precisione) nelle vene: il nonno Giovanni, infatti, aveva lasciato Cotronei (in provincia di Crotone), per trasferirsi negli Stati Uniti a fine Ottocento.
La famiglia Tallarico vive dapprima ad Harlem per poi spostarsi nel Bronx.
Steven da piccolo è una vera peste, come lui stesso ricorda: «Ho iniziato a mettermi nei guai ancora prima di camminare. A nove mesi, ho ingoiato un penny. Me l'hanno tolto dallo stomaco e mia madre l'ha messo nell'album di famiglia. Poi ho mangiato una tazzina di formica, che mi ha portato nuovamente in ospedale. Oggi possiamo dire che ero iperattivo, ma a quel tempo ero un problema come bambino».
Spesso sospeso a scuola, il ragazzo preferisce passare il suo tempo arrampicandosi sugli alberi o inseguendo animali, tant'è che il suo sogno all'epoca è quello di diventare una guardia forestale.
A quella per la natura, si aggiunse preso un'altra passione: la musica (amore inevitabile, forse, dato che era figlio di un musicista e di una insegnante di musica).

Con il rapper Run DMC
 Inizia la sua carriera al Trow Rico Lodge, un ristoro di proprietà della famiglia sul lago Sunapee in New Hampshire, dove si esibisce insieme all'amico Ray Tabano (primo chitarrista degli Aerosmith ma che all'epoca suonava la batteria) per intrattenere gli ospiti.
Nell'estate del '69 conosce il chitarrista Joe Perry e il bassista Tom Hamilton. Da quell'incontro alla nascita degli Aerosmith il passo fu brevissimo.
Ma non è tutto oro quello che luccica, si sa, e lo strepitoso successo ottenuto negli anni Ottanta ha avuto anche il suo rovescio della medaglia.
«Ho fatto fuori venti milioni di dollari in droghe. Mi sono sniffato la Porsche, mi sono sniffato il mio aereo e anche la casa. Se lasciato solo, sarei morto chissà quante volte», confessa il leader degli Aerosmith nella sua recente autobiografia.
In “Does the Noise in My Head Bother You?” (che in italiano suona più o meno come “Vi ha disturbato il rumore che ho in testa?”), a sessant'anni suonati, Tyler racconta nei dettagli la sua vita spericolata, per dirla alla Vasco, illustrando la sua tormentata discesa agli inferi per colpa di alcol e stupefacenti, abusi che lo hanno ridotto spesso al verde.
«Salivo sul palco con una cassetta piena di droga – scrive senza tanti giri di parole – La cocaina mi ha fatto allontanare dai figli, ha segnato in negativo la mia band, ha distrutto i miei matrimoni e spesso mi ha messo in ginocchio».
Dopo ripetuti quanto inutili soggiorni in centri di riabilitazione per disintossicarsi, la redenzione definitiva (pare) è avvenuta nel 2009 quando ha visto il figlio, preoccupato per le sue condizioni di salute, in lacrime.

Steven paparazzato nell'estate 2012

Oggi il risorto Tyler, impegnato anche nelle vesti di giudice musicale nel seguitissimo talent show della Fox “American Idol” (mossa alquanto astuta dato che grazie alla sua partecipazione le vendite di tutti i dischi degli Aerosmith sono cresciute con percentuali a doppio zero) al fianco di Jennifer Lopez e Randy Jackson, dichiara di essere “pulito” e di avere un solo desiderio: «L'unica cosa che voglio è rimanere sobrio. Non voglio tornare ad essere un cattivo esempio per gli altri».
Famoso per il suo modo sensuale di muoversi con l'asta del microfono (legato al quale non può mancare uno dei suoi foulard), per le sue grida e per quelle “labbra da nero” a causa delle quali – come ricorda lui stesso – era spesso oggetto di scherno da parte dei compagni al college («piangevo sempre tanto mi prendevano in giro», sue testuali parole), Steven ha avuto anche una vita sentimentale alquanto turbolenta.
Da una fugace relazione con Bebe Buell (groupie, modella per “Playboy” e poi cantante rock negli anni Ottanta) nasce nel 1977 Liv, oggi attrice (“Io ballo da sola”, “Armageddon” – con colonna sonora degli Aerosmith e soprattutto con quella perla di canzone che ne è la traccia principale, “I Don't Want to Miss a Thing” – e ancora la trilogia de “Il Signore degli Anelli”).
Di lì a poco sposa un'altra groupie, Cyrinda Foxe, ex modella di Warhol, unione durata nove anni e dalla quale nasce la seconda figlia, Mia, oggi modella per taglie forti.
Il secondo matrimonio arriva all'indomani del divorzio dalla Foxe: nel 1988 è la volta della stilista Teresa Barrick, che gli dà due figli, un'altra femminuccia, Chelsea, ed il primogenito maschio Taj Monroe (entrambi portano il cognome originale dell'artista, Tallarico).
Nel 2005 anche questa unione arriva al capolinea ed oggi la nuova fidanzata è Erin Brady, manager dei suoi tour, che, tanto per la cronaca, è una spilungona mora classe 1973. Quindi, se la matematica non è un'opinione, ha 25 anni in meno di Steven e quattro in più di Liv che nel frattempo è diventata mamma di Milo. Hai capito il nonnino?

Tyler e la sua nuova fiamma
Ma... mai un due di picche? Certo!
Capita anche nelle migliori famiglie., gente!
Il cantante di “Dream on” e di “Walk this way” racconta infatti di essere stato rifiutato dall'unica groupie che avesse davvero desiderato, Joan Jett: per conquistarla una notte si è addirittura presentato nudo davanti alla sua porta d'albergo, porta che però è rimasta chiusa.
E voi? Che ne pensate?
A quale di queste due indiscutibili icone del “sesso, droga e rock 'n' roll” va la vostra preferenza? Il tatuato ed imprevedibile Axl o l'energico Steven dal sangue calabrese?


18 luglio 2012

FIGU: GLENN PETER STRÖMBERG (Atalanta 1988-89)


Strömberg Glenn-Peter è nato a Bramaregarden, in Svezia, il 5 gennaio del 1960. Nel 1976, appena sedicenne, ha esordito nella massima divisione svedese, nelle file del Göteborg. Nella stagione 1981-82, con la maglia biancoblù, e con l'allora giovane allenatore Sven Göran Eriksson, vinse tutto: campionato, Coppa di Svezia e Coppa Uefa, primo trofeo internazionale nella storia del calcio scandinavo. Nell'inverno del 1983 si trasferì in Portogallo, al Benfica, al seguito dello stesso Eriksson, per completare insieme a lui un ciclo da record, con due campionati vinti, una finale di Coppa Uefa raggiunta e sole tre partite perse in due stagioni.
Nel 1984, quando il calcio italiano era una superpotenza anche economica, accettò l'offerta di una provinciale, l'Atalanta. Fu la squadra a cui rimase più legato: giocò a Bergamo fino al 1992, totalizzando 212 presenze (nessuno straniero come lui in nerazzurro). Conquistò una finale di Coppa Italia (persa contro il Napoli di Maradona, nella stagione in cui l'Atalanta retrocesse in B) e una semifinale di Coppa delle Coppe: fu una stagione incredibile, con la squadra allenata da Mondonico che dominava la serie B e rappresentava l'Italia in coppa, perché il Napoli era già impegnato in Coppa dei Campioni. In semifinale, venne poi sconfitta dai belgi del Malines, che poi conquistarono il trofeo.
Appese le scarpette al chiodo, ha lasciato il calcio ma non l'Italia: con la moglie Simona e le figlie Erika, Ylenia e Giulia, vive ancora tra la Svezia e Bergamo, dove ha messo radici anche la sua nuova attività. La Glenn-Peter Strömberg Collection è una linea di prodotti gastronomici italiani, con il campione sull'etichetta: si va dalla pasta alle salse, fino all'olio d'oliva e all'aceto balsamico.

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17 luglio 2012

I BELLOCCI TRA I CANTANTI ANNI OTTANTA – QUARTA PARTE

Hello, “sondaggioni sui bellocci – addicted”!
Questa settimana è di nuovo il turno degli italiani, nel caso specifico di due completamente diversi nello stile – raffinato ed elegante l'uno, un po' tamarro e sopra le righe l'altro – accomunati solo dal fatto di essersi scelti nomi d'arte che farebbero tutto subito pensare a cantanti stranieri.
Gazebo CONTRO Den Harrow.
Il primo, al secolo Paul Mazzolini, nasce in Libano, a Beirut, il 18 febbraio 1960, da un diplomatico friulano e una cantante di Los Angeles.
Inizia a suonare la chitarra all'età di 10 anni, pare per far colpo su una bella figliola tedesca, sua compagna di classe.

Senz'altro "Gazebo" suona meglio di Paul Mazzolini... come dargli torto
Grazie all'incontro con i produttori Paul Micioni e Pierluigi Giombini nel 1982 esce “Masterpiece”, una hit passata fino allo sfinimento in radio all'epoca. L'anno seguente Gazebo riesce a bissare il successo con “I like Chopin”, canzone scritta mentre – per sua stessa ammissione, durante una recente intervista – era uno studente di Lettere tutto intrippato di letteratura romantica anglosassone e francese. Paul rimase folgorato dalla storia d'amore complessa e piena di colpi di scena tra il geniale musicista, piccoletto e malaticcio, e l'anticonformista scrittrice francese, grande, grossa e dal nome da uomo, George Sand.
E così: TAAC, gli si è accesa la lampadina.
Grazie a quella illuminazione, il brano, dal video (girato in Inghilterra) volutamente ambiguo (l'amore è tra lui e lei o tra le due lei?), resta in vetta alle classifiche europee per settimane e settimane.

L'elegante e charmant Paul
 A metà anni Ottanta decide di cambiare cambia team di lavoro ed inizia anche una carriera come arrangiatore e produttore discografico. Con il nuovo millennio Gazebo – che con gli anni non ha perso la sua classe e il suo inconfondibile stile melodico – ritorna sulla scena internazionale e tra i vari lavori prodotti di recente troviamo la raccolta di tutti i suoi successi, “Portrait & Viewpoint” (nel 2000), il singolo “Tears for Galileo” lanciato nell'autunno 2006 e giunto al primo posto nella Euro dance chart, l'album “The Syndrone” (anno 2008), nato dalla collaborazione con personaggi del calibro di Jerry Marotta e John Giblin, il bassista dei Simple Mind e Phil Collins, mentre risale all'anno scorso la sua ultima fatica, “Queen of Burlesque”.

Gazebo oggi
Stefano Zandri invece nasce il 4 giugno 1962 a Bresso (in provincia di Milano).

Bello era bello... niente da dire!
Nel 1983, incontra Enrico Ruggeri e Roberto Turatti (batterista dei Decibel) e con loro collabora alla produzione del suo primo disco, “To Meet Me”, che scala le classifiche inglesi, raggiungendo rapidamente il secondo posto. Da allora, per tutti gli anni Ottanta, non sbaglia un colpo. L'anno seguente è la volta del 45 giri “Mad Desire”, grazie al quale si aggiudica tre dischi d'oro e un milione di copie vendute, nel 1985 sforna il suo primo album, “Overpower”, da cui è tratto il singolo “Future Brain”, mentre sono datati 1986 altri successoni (per quanto... dipende dai punti di vista, ovvio): “Catch The Fox”, “Charleston” e “Bad Boy” che lo consacrano come uno fra i più rappresentativi esponenti della nostra musica dance.

... sul look forse, potremmo avere qualche rimostranza!
Ma non è mica finita qui. Nel 1987 esce il suo nuovo album, “Day by Day”, dal quale vengono estratti due singoli: “Born to love” e “Don't Break My Heart”, con i quali si guadagna un disco d'oro in Francia ed uno di platino in Canada ed entra nelle Top Five in Italia, Grecia e Germania. Qui e in Inghilterra rimane in classifica per un intero anno, riuscendo, nel 1988, addirittura a superare Michael Jackson in classifica, cosa che gli frutta un Grammy e un nuovo disco d'oro.
Dopo aver trascorso diverso tempo in terra crucca, impegnato nella produzione di nuovi album, a metà anni Novanta ritorna in madre patria e tra il 1996 e il 1997 è impegnato nel tour “European Strip Tour E La Musica Si Spoglia”, in Italia ed in Europa.
Il resto è storia recente. Parlo ovviamente delle sue imperdibili performance televisive: nel 2006 partecipa al reality show “L'isola dei famosi” ma il pentito “ladro di cestini” si ritira dopo poco più di un mese, temendo di venire cornificato nel mentre dall'allora compagna Federica Bertoni.

Den in una delle scene più trash della televisione mondiale di tutti i tempi

Repetita non iuvant. Nel 2012 ritorna come concorrente alla nona edizione del reality ma è di nuovo costretto al ritiro, questo giro per problemi di salute.
Come si suol dire però non è tutto oro quello che luccica. Recentemente infatti si è avuta conferma dal diretto interessato (che ha fatto coming out dalle pagine di “Vanity Fair”) di ciò che, sotto sotto, avevamo sempre sospettato e cioè che l'aitante Stefano ci mettesse solo la faccia e il fisico ma a cantare le canzoni che lui eseguiva rigorosamente in playback erano altri, nel caso specifico Silvio Pozzoli, Chuck Rolando e Tom Hooker (d'altronde, già il buon Dio l'ha fatto figo... mica poteva essere pure intonato!).
Ora vivremo tutti più sereni!
E dopo la presentazione di rito, come sempre... A VOI L'ARDUA SENTENZA!

16 luglio 2012

OTTANTA FACCE: PHOEBE CATES


Oggi, come ha osservato un sito web americano esperto in spettacolo e gossip, ricorre il trentesimo anniversario del diciannovesimo compleanno di Phoebe Cates. In breve, se non vi va di far calcoli, oggi compie 49 anni la signorina Paradise, uno dei sogni proibiti delle adolescenze maschili ottantologiste (che si chiedevano come mai tutta quella buona sorte toccasse al coprotagonista Willie Aames, alias Tommy de La Famiglia Bradford). Tutto cominciò proprio con quel film, datato 1982, che riprendeva, a un centimetro dal plagio, i temi di Laguna Blu, di due anni prima, con l'altro sogno proibito Brooke Shields. Le due protagoniste condividono un altro dettaglio legato a quei film ambientati su torride isole deserte: si sono mostrate nude, benché minorenni. Alla quindicenne Brooke Shields toccò testimoniare in tribunale, giurando che per le sue scene senza veli era stata usata una controfigura. Phoebe Cates, invece, era proprio lei, a diciassette anni e qualche mese durante le riprese. E, sempre nel 1982, appena valicata la soglia della maggiore età, si slacciò il reggiseno rosso nel film Fast Times ad Ridgemont High (titolo italiano Fuori di testa), vera parata di stelle future, da Nicolas Cage a Forest Whitaker, da Jennifer Love Hewitt a Sean Penn. Quel topless è stato votato miglior scena di nudo dei film americani di tutti i tempi (giudizio opinabile, forse: ci vorrebbe un sondaggione di Ottantology...).

12 luglio 2012

ECCO DOVE ERAVATE LA NOTTE DEL MUNDIAL 1982

Gli ottantologisti hanno risposto all'appello e, nel giorno del trentennale della vittoria del Mundial 1982, ci hanno raccontato dove erano la sera di Italia-Germania 3-1. Ed è uscito un bellissimo diario di piccole nostalgie. Eccolo...



Ovviamente alla tv. Fu una serata di tensione sul divano di casa con la famiglia (tutta molto sportiva da sempre)!!!!
Elizabeth

Io e mia mamma in sala, io esultavo e mia mamma mi diceva di stare zitta e che nn c'era bisogno di tutta quell'euforia. Al terzo gol ho aperto la finestra e nn mi ha detto piú niente. Avevo 14 anni e mi ha permesso di scendere in strada, ma la mia via era secondaria cosi mi ha concesso di andare fino all'incrocio. Piccola storia di un'educazione che adesso vedo poco! ;)
Barbara

Io ero a casa di parenti, che loro avevano già la tv a colori 8-0. Eicordo i clacson e la gente, in strada, che esultava, mi sentivo fiero; la gioia di bimbo di allora non l'ho più provata nel 2006...
Paolo

Ero al mare a Tirrenia in albergo. C'erano tanti turisti tedeschi. Al terzo goal si alzarono tutti e andarono via triiiisti, tristi. Anche per me, come per Paolo, la gioia fu immensa. Ero piccola ma il mondiale del 1982 con tutta la sua emozione è per me incancellabile.
Susan

Avevo appena avuto l'orale della maturità. Finiva un incubo. Per festeggiare quello e la vittoria dell'Italia finimmo tutti nella fontana della stazione.
Maria Teresa

Avevo 10 anni, a casa con tuuuuuuuuuutta la famiglia... mio nipote all'epoca 2 anni, braccio ingessato, vedendo tutti esultare dalla gioia si era gasato un po' troppo e quasi faceva esplodere la tv con un cazzotto! 'na figata di serata! Mondiali 2006 commossa e felice, papà prova x l'ultima volta l'emozione dell'Italia che festeggia... per lasciarci qualche mese dopo.
FraAle

Me la ricordo quella partita: ascoltata alla radio in cucina - forse la tele era rotta chissà - una sera calda, papà e io.
Patrizia

Guardata alla tele, in bianco e nero; e poi a fare l'unico carosello che mio padre abbia mai fatto in vita sua, con una bandiera di carta che mi ero fatto io, colorandola con gli acquarelli... Ah, dimenticavo. La macchina usata per il carosello era un 1100 R della Fiat, grigio canna di fucile, anno 1968, che già allora era un reperto archeologico...
Roberto

Io ero a Cavi di Lavagna, nel bar dell'Hotel Arco del Sole, pieno di tedeschi. Alla fine bloccammo l'Aurelia facendo fare il toro alle auto che passavano. Poi su un Renegade rigorosamente anni 80 salimmo sul marciapiede del lungomare di Sestri facendo zig zag tra le aiuole e cantando Rossi-Tardelli-Al-to-belli... Il 2006 non è stato così bello.
Dodo

Nella pancia della mia mamma
Maddalena

Al mare con mia nonna, che per vedere la partita a momenti dà fuoco alla cucina...
Barbara

A Druogno, al campo estivo o come diavolo si chiamava allora del mio paese, e dopo le animatrici ci hanno inseguito ovunque, perchè volevamo festeggiare con un bagno nel torrente...
Simona

In un albergo di Castiglione della Pescaia, unico italiano con 12 tedeschi. Indimenticabile. 
Andrea

Luglio 1982, stadio Santiago Bernabeu, io c'ero. Tutte le partite, da Barcellona fino a Madrid!!! :) me lo ricorderò finchè campo, anche se avevo solo 9 anni :)
Elisabetta 

Dunque io ero piccolina: avevo solo due anni, ma mia madre ricorda benissimo dov'ero. Ero in balcone di casa mia che gridavo: Italia! Italia! con la bandierina in mano e nel frattempo mi sporgevo tra le sbarre in modo troppo audace, provocando il panico totale! Ahahah ecco perchè mia madre non potrà mai scordarlo :P però tifavo italia sin da quando ero piccolissima :)) 
Virginia 

11 luglio 2012

ITALIA-GERMANIA 3-1, 30 ANNI FA


E voi dove eravate domenica 11 luglio 1982?
Io ero a casa, appena tornato da una vacanza con la famiglia in Toscana. Il giorno di Italia-Brasile, per dire, eravamo a Prato, la città di Paolo Rossi. E la partita la sbirciammo in una tv accesa fuori da un negozio di elettrodomestici (vi ricordate quando le tv a colori erano ancora una novità e i negozi, per sfoggiarle, le accendevano in vetrina?). Per la finale contro la Germania, però, eravamo in salotto. Sul divano i maschi adulti. Seduto per terra io, che avevo dodici anni, costretto al tappeto un po' per questioni di età e un po' perché ero agitato e non avrei mai retto novanta minuti fermo. C'era perfino mia madre, che a tutte le altre partite in tv che guardavo con papà sbuffava annoiata (e no, non se ne parlava ancora, nel 1982, di avere due televisori in casa), e che stavolta invece stava aspettando il calcio d'inizio in ansia, seduta tutta storta sulla poltrona, per guardare un po' di schermo anche lei.

10 luglio 2012

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – TERZA PARTE

Per il nostro terzo appuntamento con i bellocci canterini degli ann Ottanta, torniamo tra i figaccioni stranieri: è oggi il turno di Nick Kamen e Rick Astley (forse la sfida potrebbe sembrare a prima vista dal risultato scontato ma... dopo che Simon Le Bon ha vinto su Tony Hadley di un solo punto, mi aspetto di tutto da voi!).
Partiamo dal fighissimo modello inglese Ivor Neville Kamen (in arte: Nick Kamen), nato il 15 aprile 1962 ad Harlow nell'Essex, una cittadina alle porte di Londra.
Grazie all’influenza di Chester, uno dei suoi fratelli maggiori diventato poi un quotato chitarrista professionista e stretto collaboratore di Bryan Ferry e di Belouis Some, sin da piccolo Nick sviluppa una forte passione per la musica ma non è come cantante che la popolazione mondiale (soprattutto quella femminile) si accorge di lui.

Come darci torto se sbavavamo per lui?
Dopo la scomparsa del padre, l'adolescente Nick (essendo dotato di specchi in casa e rendendosi conto di essere tutt'altro che da buttar via) decide di entrare nel mondo della moda e così, raggiunta la licenza media, interrompe gli studi ed inizia la sua attività di modello (la sua prima foto appare nel 1984 sulla copertina della rivista “The Face”), trasferendosi prima a Londra e poi a New York.
La celebrità arriva con un famosissimo spot televisivo della Levi's 501 “Laundrette” nel 1985, impossibile da dimenticare: lui entra in una lavanderia, si toglie con nonchalance i jeans, improvvisando un quasi integrale spogliarello (ad altissimo tasso erotico per i nostri adolescenti ormoni), li mette nella lavatrice e se ne sta in boxer ad attendere che siano pronti.

Ad uno così, si perdona anche il calzino bianco!
Dopo quei trenta secondi, che hanno fatto la gioia di tutte noi, Nick diventa super richiesto sul mercato.
E fu così che la Sciura Ciccone, colpita di certo non dalle doti canore del giovane, lo contatta, viene a sapere della sua passione per la musica e – guarda caso, alle volte la vita... – decide, assieme a Stephen Bray (già co-produttore di famosissime hit di Madonna come “True Blue”), di produrlo. Esce “Each time you break my heart” (nel cui coro femminile finale è, se siete di orecchio fino, riconoscibile la voce della stessa Madonna che oltre ad aver scritto ed arrangiato il brano, ci ha pure messo la sua voce), divenuto in pochissimo tempo un successo mondiale cui segue nel 1987 il suo primo album intitolato (con molta fantasia) “Nick Kamen”, zeppo di cover (come “Win your love” di Sam Cooke o “Loving you is sweeter than ever”, brano composto da Stevie Wonder e cantato originariamente dai Four Tops), che lo consacra idolo indiscusso delle ragazzine di quel decennio.
Sempre sotto l'ala protettrice di Madonna, nel 1988 esce “Us”, un disco di inediti fra cui “Tell me”, primo singolo estratto, dietro al quale c'è lo zampino e la supervisione non solo della Signora Ciccone ma anche del suo produttore, Patrick Leonard.
Dopo la compilation intitolata “Loving You”, uscita nel dicembre dello stesso anno, contenente, oltre ad alcuni dei suoi brani più famosi riarrangiati, anche alcuni inediti come l'orecchiabile “Don't hold out”, il bel ex modello scompare per qualche anno dalle scene fino al 1990, quando con l'album “Move until we fly” inaugura un nuovo look e un sound più maturo, distante anni luce dal pop spensierato dei precedenti lavori. Il disco però non viene particolarmente apprezzato, flop bissato dal successivo “Whatever, Whenever”, uscito nel 1992, che rappresenta la pietra tombale della sua carriera musicale.
Nonostante il dispiacere delle fans, Nick decide ritirarsi a vita privata e dedicarsi all'altra sua grande passione, dopo il canto: la pittura.
A Londra, dove ora vive, organizza da dieci anni mostre personali e di altri artisti e, per la cronaca, è ancora single, dopo la fine della storia con l'attrice Amanda de Cadenet, ma, visto il suo palmarès, è un'impresa alquanto ardua riuscire a far colpo su di lui, che, per quanto riguarda la sua vita privata, ha sempre avuto la brutta abitudine di stare con dei cessi stratosferici (vedi la top model e attrice Talisa Soto e la modella – tanto per cambiare – Tatjana Patitz, interprete del video “Tell me” – oltre che della clip “Freedom! '90” di George Michael, insieme a colleghe come Cindy Crawford, Christy Turlington, Linda Evangelista e Naomi Campbell – nonché la stessa Madonna, stando ad alcuni rumors).

Nick in love
E passiamo a tutto un altro genere: Richard Paul Astley, nato nella cittadina inglese di Newton-le-Willows il 6 febbraio 1966.
Il timido cantautore dalla faccia da bravo ragazzo e la vociona profonda e calda esordisce nel 1987 con “Never gonna give you up”, seguito da altri fortunati singoli di successo come “Whenever you need somebody”, “Don't say goodbye” e “Together forever”.

Pel di carota Astley
 Negli anni Novanta, Astley cambia team di lavoro e pure musica (anche se il pubblico non dimostrerà di apprezzare la scelta di virare su sonorità più soul abbandonando le canzoni dance-pop) come dimostrano i singoli “Cry for help” (1991) e “The ones you love” (1994).
Resosi conto che i tempi d'oro degli anni Ottanta erano per lui terminati e complice anche la sua avversione per gli aerei, Rick decide di dedicarsi alla sua famiglia – la moglie Lene e la figlia Emilie – e si ritira dalle scene (per poi ritornarci fugacemente nel novembre 2008 per ricevere il premio come Best Act Ever all'MTV Europe Music Awards e nel 2010 con “Lights out”), coerente a quell'understatement che ha sempre contraddistinto la sua vita.

La Astley family
E voi? Chi preferite: il bel pupillo di Madonna o il pel di carota con la faccia da bravo ragazzo?
Forza, si vota!

07 luglio 2012

HAPPY DAYS, IL CAST VINCE LA CAUSA


"Chi osa, vince": è questo il laconico, ma trionfante commento che Anson Williams alias Potsie Weber ha affidato a Facebook, dopo la notizia della vittoria sua e dei tre quarti dei protagonisti di Happy Days, nell'azione legale contro la Cbs e la Paramount (di cui vi raccontammo più di un anno fa). Non c'è stato bisogno di arrivare in tribunale, in realtà: Williams, insieme a Marion Ross (mamma Cunningham), Donny Most (Ralph Malph), Erin Moran (Joanie "sottiletta") e agli eredi di Tom Bosley (papà Howard, scomparso pch mesi fa) avevano trascinato produzione e network che avevano creato e trasmesso la serie tv tra gli anni Settanta e Ottanta, per una questione legata ai diritti commerciali del merchandising. In pratica, nel corso degli anni, si erano continuare a vendere ristampe della serie in dvd, ma anche tazze da caffè, magliette e altri gadget con le immagini del cast di Happy Days, senza che agli attori venisse più corrisposto un centesimo. "Colpa vostra, che non ce li avete chiesti" ha provato a difendersi la Cbs. "Quindi, quando dormo, perdo i miei diritti perché non posso reclamarli?" fu, in sintesi, la sarcastica replica di Anson Williams, sempre attraverso Facebook.
Il commento di Potsie su Facebook

Poche settimane fa, il primo successo: una corte della California aveva dichiarato l'istanza meritevole di un dibattimento in tribunale. Ieri il successo definitivo: gli avocati di Cbs e Paramount hanno annunciato di aver trovato un accordo con la controparte, che rinuncia a procedere in cambio di una somma di denaro, il cui ammontare non è stato reso noto. La richiesta degli attori era di 10 milioni di dollari. Anson Williams ha definito "molto soddisfacente" l'intesa, senza svelare di più. Denaro che, stando alle recenti indiscrezioni da tabloid, farà particolarmente comodo soprattutto a Erin Moran, da qualche tempo trasferitasi in un caravan in Indiana, per stare vicino alla suocera anziana, ma anche perché sfrattata dalla sua casa in California, per problemi economici.

Sullo stesso argomento

05 luglio 2012

INTERVISTA DOPPIA AL GUSTO DI GIRELLA


Ok, in questi mesi di blog (e in quelle pagine di libro, per chi ha comprato Correva l'anno della Girella) avrete capito che non siamo esattamente il paradigma delle persone serie. E ce ne vantiamo: se serio significa essere grigio, incomprensibile, lontano dal sentire comune, facendo di tutto per allontanarsi ancora di più, allora è meglio arrivare ad affrontare temi importanti come la sostenibilità, la tutela dell'ambiente, l'integrazione tra culture, con il nostro approccio ironico-nostalgico.
I coraggiosi che ce ne hanno dato l'occasione hanno casa sul web e si chiamano AVoiComunicare, un portale nato nel 2008 su iniziativa di Telecom Italia, proprio per affrontare questi argomenti, e magari offrire punti di vista diversi e spunti di riflessione che sfuggono ai media mainstream. (Un consiglio? Date un'occhiata alla rassegna di videointerviste intitolate "Permesso di soggiorno").

04 luglio 2012

FIGU: CESARE PRANDELLI (Atalanta 1986-87)


Prandelli Cesare (o Claudio, ma questa è una storia complicata) è nato a Orzinuovi, in provincia di Brescia, il 19 agosto 1957. Da giocatore, ha mosso i primi passi nella Cremonese: era diciottenne, orfano di padre da due anni e giocava in serie B quando, dopo una partita, in un bar del paese (dove lo chiamavano Spuma, come il nonno, che aveva una piccola fabbrica di bibite) incontrò la non ancora quindicenne Manuela. Il giorno dopo, con una scusa, andò a prenderla a scuola. Nel 1982, quattro anni dopo, si sposarono: Prandelli, che aveva già disputato un buon campionato all'Atalanta ed era stato preso dalla Juventus di Trapattoni, Platini e del blocco che fece felice l'Italia di Bearzot, aveva già vinto due scudetti. Testimoni di nozze furono Antonio Cabrini e Domenico Pezzola, il giovane giocatore che l'Orceana, la squadra di Orzinuovi, cedette insieme a Prandelli alla Cremonese, in cambio di 500mila lire. Nel calcio non ebbe la stessa fortuna e ora vende formaggi.

03 luglio 2012

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – SECONDA PARTE


Ed eccoci alla prima sfida fra bellocci canterini tutta made in Italy: Scialpi VERSUS Raf.
L'eclettico Giovanni Scialpi, a tutti noto semplicemente col cognome, nasce a Parma il 14 maggio 1962.

Scialpi (80's version)
Esordisce vincendo la sezione “Discoverde” del Festivalbar nel 1983 con il famosissimo brano Rocking Rolling, del quale decide anche di realizzare un video sperimentale, segnalandosi in questo come uno dei primissimi cantanti italiani a credere nel videoclip.
L'anno successivo è la volta di “Cigarettes and Coffee” (canzone che aveva scritto otto anni prima e che verrà scelta da niente popò di meno che la mitica Mina per una cover da inserire nel suo album “Sorelle Lumière”), che si piazza seconda al Festivalbar.
Nel 1986 partecipa al Festival di Sanremo con “No East No West” (arrivando però solo sedicesimo ma se pensate che ventunesimo, cioè penultimo, quell'anno c'è arrivato Zucchero con “Canzone triste”, potete agevolmente trarre le vostre debite conclusioni su quali fossero i gusti musicali dominanti nella kermesse canora più famosa del Paese) mentre due anni dopo vince il Festivalbar assieme a Scarlett Von Wollenmann con l'intensa canzone “Pregherei”.
Con gli anni Novanta, Scialpi decide di cimentarsi anche in altre imprese: nel 1990 prima compare come guest star in una puntata del seguitissimo telefilm “L'ispettore Derrick” (ditemi che non lo sapevate!), episodio nel quale ricopre il ruolo di Giovanni, un cantante italiano colluso con la malavita ed implicato in affari loschi, e poi partecipa nelle vesti di co-conduttore insieme a Sabrina Salerno alla trasmissione di Raffaella Carrà “Ricomincio da due”.
Nel 1996 recita nei panni di Prospero nel musical “Pianeta Proibito”, diretto da Patrick Rossi Castaldi, a fianco di Chiara Noschese e Giampiero Ingrassia, mentre l'anno successivo, sempre diretto da Castaldi, interpreta la pièce teatrale “Pellegrini”.
Una delle sue ultime apparizioni televisive risale invece al 2004 quando ha avuto la brillante (!) idea di partecipare alla prima edizione del reality show “Music Farm”, autoeliminandosi dopo aver vinto la sfida con Gianni Fiorellino.
È notizia recente che Scialpi – oggi dal look francamente un po' inquietante con labbra siliconate e capigliatura ossigenatissima – abbia deciso di diventare Shalpy e lanciare il brano tecno “Il vento caldo dell'estate” successo (manco farlo apposta) proprio del 1980, firmato Alice e Franco Battiato – che anticipa l'album in uscita in autunno dal titolo “Panpot”.

Shalpy
Staremo a sentire... anche se, ve lo devo proprio dire, la versione anni Ottanta con capello ribelle scuro che metteva ancor più in risalto l'occhio di ghiaccio da husky a me personalmente piaceva di gran lunga di più (e non solo a me, se venne eletto come uno dei sex symbol più desiderati dalle ragazze di quel decennio).
E passiamo a Raf, all'anagrafe Raffaele Riefoli, nato il 29 settembre 1959 a Margherita di Savoia, in provincia di Foggia, città che ben presto lascia per trasferirsi prima a Firenze e poi a Londra.

Raf (80's version)
Riesce ad esordire solo nel 1983 incidendo con un'etichetta francese il suo primo singolo, Self Control, brano dance col quale raggiungerà il primo posto nelle classifiche di tutto il mondo, Stati Uniti compresi, anche grazie alla versione della cantante americana Laura Branigan.
A metà anni Ottanta Raf decide di invertire la rotta e di andare controcorrente, iniziando a scrivere canzoni pop italiane: nel 1987, ad esempio, compone per il trio Morandi-Ruggeri-Tozzi “Si può dare di più”, brano che vince l'edizione sanremese di quell'anno, ed in coppia con Umberto Tozzi scrive ed interpreta “Gente di mare”, divenuto presto un successo a livello europeo (tanto che si classificò terzo all'Eurofestival).
Nel 1988 si piazza undicesimo al Festival sanremese con “Inevitabile follia” e quindicesimo l'anno successivo con “Cosa resterà degli anni Ottanta” mentre nell'estate la sua “Ti pretendo” diventa una hit indiscussa tanto da permettergli di vincere il Festivalbar.
A differenza di Scialpi o Shalpy che dir si voglia, il tenebroso Raffaele negli anni è migliorato (foto cantat!) ed ha continuato a sfornare grandi successi come “Oggi un Dio non ho” (decima a Sanremo 1991), “Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è” e ancora “Il battito animale” (brano col quale vince il Festivalbar nel 1993) o la suggestiva ballata “Stai con me”.

Raf (XXI century version)
Ed ora a voi, amiche (ma anche amici, per carità): sarà stato il trasformista parmigiano o il sofisticato foggiano a farvi battere forte il cuore negli anni Ottanta?