31 gennaio 2013

LE GNOCCHE DELLA MUSICA ANNI OTTANTA - SECONDA ELIMINATORIA

 
Che cos'hanno in comune Sabrina Salerno e Ivana Spagna? No, non cominciate a misurare le coppe dei reggiseni, anche perché se una delle rivali è Sabrina, probabilmente non c'è partita. Sono italiane, italianissime, ma hanno venduto vagonate di dischi all'estero. E per la musica italiana non-così-melodica, salvo rare eccezioni alla Gianna Nannini, non è mai stato così scontato. Invece nel 1986 la bionda screziata supertruccata Spagna lanciò Easy Lady e, invece di accontentarsi di un numero uno in Italia e della vittoria al Festivalbar, fece breccia nella Top 10 in Svizzera e Francia, la sfiorò in Germania e la raggiunse poco dopo nell'inafferrabile Regno Unito, con la sua seconda hit Call Me. E nel 1987 Boys di Sabrina Salerno in Gran Bretagna raggiunse il numero tre, senza toccare la vetta solo perché alle prime due posizioni c'erano Michael Jackson (gulp) e Madonna (ri-gulp).
All'epoca Spagna era una coraggiosa trentenne che dalla natìa Valeggio sul Mincio aveva fatto una gavetta notevole, vendendo dischi dance con una serie di pseudonimi diversi. Quando portò Easy Lady alle case discografiche, narra la leggenda che la risposta stereotipata fu: "Sei italiana, canti in inglese e ti chiami Spagna. Non hai speranze". Così si produsse il disco da sola e poi, sulla scia del successo, fu una major a bussare alla sua porta per offrirle un contratto. Per mesi faticammo a renderci conto del fatto che fosse italiana, tant'è che nel 1989 partecipò a Sanremo come ospite internazionale, a dispetto del fatto che Spagna fosse il cognome (e Ivana il nome). Il look? Nulla lasciato al caso, dall'enorme densità di riccioli biondi in testa, al trucco che le sbiancava il viso per evidenziare ombretto e rossetto fluo, con effetto filtro di photoshop prima che il software di correzione delle immagini venisse al mondo. Quanto al corpo, se ne stava ben coperto sotto giacche squadrate di foggia quasi militare.
Indossava una giacca anche Sabrina Salerno, ma era aperta e ballerina e così, quando una tetta schizzò fuori da una guepière bianca alla tv spagnola, tutti se ne accorsero. Del resto, nel video di Boys, girato in una piscina di Jesolo, un bikini bianco senza spalline lasciava poco all'immaginazione, oppure molto, se lo si guarda dal punto di vista di un ormone sedicenne imbizzarrito. Sabrina, all'epoca, era poco più grande di noi: classe 1968, cantava Sexy girl già nel 1986 e, nel 1987, girava l'Europa per cantare Boys, con scollature a dir poco generose. Fece concerti anche a Mosca, scrissero per lei i guru della dance inglese Stock, Aitken & Waterman (quelli dietro le Bananarama, tra gli altri) e Giorgio Moroder. E noi maschietti, nonostante quello, l'avremmo guardata anche se avesse usato un playback umano alla Den Harrow. Conosco ormoni che, al solo pensiero, ancora sospirano di nostalgia...

24 gennaio 2013

LE GNOCCHE DELLA MUSICA ANNI OTTANTA - PRIMA ELIMINATORIA


Negli anni Ottanta assetati di rivalità a tutti i costi, come ai tempi di "o Beatles o Rolling Stones", avevano provato a metterle una contro l'altra. O meglio, a creare una linea di confine tra i fans: o stavi con la material girl, o stavi con la ragazza che voleva solo divertirsi. O con Madonna, o con Cyndi Lauper. Se quella di allora era rivalità fittizia, adesso vi tocca fare sul serio, perché potrete mandarne solo una alla semifinale del nuovo sondaggione di Ottantology, che parla di musica al femminile e, per questo, chiama a raccolta i maschietti.

23 gennaio 2013

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA - IL VINCITORE


Al termine dello spoglio dei voti, la commissione elettorale radunatasi durante la notte ha emesso il verbale che certifica i risultati del sondaggione dei bellocci della musica anni Ottanta.
Votanti: 303
Joey Tempest: 181 voti (pari al 59,7%)
Umberto Tozzi: 122 voti (pari al 40,3%)
Pertanto il belloccio dei bellocci della musica degli anni Ottanta è...
JOEY TEMPEST!
Grazie a tutti, e soprattutto a tutte coloro che hanno partecipato a questa lunga tornata elettorale. E, se i sondaggioni di Ottantology vi piacciono, pazientate fino a domani. Ma stavolta toccherà soprattutto ai maschietti esprimersi...

22 gennaio 2013

30 ANNI E NON SENTIRLI... AUGURI A-TEAM!

Il 23 gennaio 1983 esordiva sulla rete americana NBC la serie action “A-Team”, destinata ad avere un grandissimo successo.
Quattro reduci della guerra in Vietnam – il colonnello John “Hannibal” Smith, il tenente Templeton “Sberla” Peck, il capitano “Howling Mad” (in italiano “Cane Pazzo”) Murdock e infine il sergente Bosco “B. A.” (che sta per “Bad Attitude”, “Pessimo Elemento” in italiano) Baracus – per un errore giudiziario vengono ingiustamente condannati da un tribunale militare per un crimine che non hanno commesso.
Dopo essere riusciti ad evadere da un carcere di massima sicurezza, rassegnati ad essere braccati dall'esercito americano, si rifugiano a Los Angeles dove vivono come clandestini reinventandosi una professione: si trasformano in mercenari assoldati da persone in difficoltà e diventano quattro paladini dei più deboli, pronti sempre a battersi per una giusta causa.


E dato che il martedì è da circa due anni per noi di Ottantology il “bellocci's day”, mentre vi ricordo che avete ancora poche ore per decretare il vincitore della sfida in musica targata anni Ottanta, perché non passare in rassegna il capo dal pugno di ferro “Hannibal” Smith, l'affascinante “Sberla”, il folle Murdock e quel marcantonio di Baracus con l'occhio critico-estetico che contraddistingue noi, Eighties–addicted?
Partiamo da John “Hannibal” Smith – interpretato dall'attore George Peppard (morto nel maggio del 1994 per un tumore ai polmoni), famoso per il suo ruolo di Paul Varjak a fianco di Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany” – amante dei sigari cubani, del jazz e dei “piani ben riusciti”, mai senza i suoi inseparabili guanti di pelle nera.
Dietro all'apparenza di un colonnello freddo e sprezzante del pericolo (tanto da giocare a baseball con una bomba a mano), questo eroe del Vietnam, ingegnoso e brillante, nasconde un cuore tenero, capace di conquistarsi in poco tempo la stima e l'affetto dei suoi tre fidati militari.
Passiamo poi al belloccio della serie, il tenente Templeton “Sberla” Peck (l'attore Dirk Benedict, che è stato anche uno dei protagonisti della serie televisiva di fantascienza, andata in onda negli States, “Galactica”, oggi uno sceneggiatore e regista teatrale con la passione per la dieta macrobiotica) che grazie alla sua faccia d'angelo (ma anche un po' tosta...dote che non guasta mai) e all'ineccepibile dialettica riesce sempre a “intortare” tutti, le donne in primis.
E che dire del capitano “Cane Pazzo” Murdock (alias Dwight Schultz, che ha recitato anche in vari film di fantascienza, come ad esempio nelle due serie di “Star Trek”, nel ruolo del tenente Reginald Barclay)? Viene subito da chiedersi: ma ci è o ci fa? Probabilmente “ci è”, ma nel caso è un pazzo geniale, capace di cavare tutti dagli impicci con le sue trovate.
Eccellente pilota di elicotteri (o di qualunque altro mezzo sia in grado di volare), è il bersaglio dei continui “Shut up, fool!” (“Zitto, scemo!”) di Baracus, forse a causa dell'aerofobia di quest'ultimo.
E finiamo proprio con lui, il sergente Bosco “P.E.” Baracus (il mitico Mister T, alias Lawrence Tero, è stato anche una grande star del wrestling; di recente ha vinto la sua battaglia più difficile ed importante: quella contro il cancro), uno che è meglio avercelo come amico dati i suoi due metri di muscoli ed il carattere tutt'altro che malleabile come fa intuire il suo soprannome. È un abilissimo meccanico, riconoscibile dal taglio di capelli “alla moicana” e dal vezzo di portare appariscenti collane d'oro, ma ha anche lui il suo tallone d'Achille e a causa del suo terrore di volare, ogni volta che è costretto a farlo, deve essere sedato con l'inganno.
Questa serie statunitense è stata trasmessa per la prima volta in Italia nel 1984 da Rete 4, diventando in brevissimo tempo un vero e proprio cult degli anni Ottanta ed ha recentemente ispirato un film omonimo, uscito nelle sale cinematografiche nel 2010.
Siete vittime di qualche ingiustizia? Avete un problema che proprio non riuscite a risolvere? Non vi resta altro da fare che ingaggiare l'A-Team, tanto più che tra una scazzottata e una fuga, una sparatoria e un'esplosione, loro riescono sempre ad aggiustare tutto senza alcuno spargimento di sangue!
D'altronde questo fu proprio uno dei primi, riusciti esperimenti di unione di due generi differenti, un ibrido tra azione e commedia nel quale il tono ironico e giocoso rendeva la visione del film adatta a tutti, grandi ma soprattutto meno grandi!

16 gennaio 2013

È MORTO CONRAD BAIN, IL PAPÀ DI ARNOLD


Era sopravvissuto a due dei suoi tre figli televisivi, mostrando sempre il calmo e saggio sorriso che avevamo imparato a conoscere in tv. Poco fa dall'America è rimbalzata la notizia che quel sorriso si è spento per sempre: all'età di 89 anni è morto Conrad Bain, ovvero Phillip Drummond, il papà di Arnold, Willis e Kimberly nel telefilm Il mio amico Arnold. L'attore si è spento nella sua casa in California, nella notte tra lunedì e martedì, ma la notizia è stata resa nota solo oggi. Canadese di nascita, Conrad Bain è diventato un'icona in tutto il mondo, grazie a quella sit com (titolo originale Diff'rent Strokes) che mostrava uno spaccato di integrazione sociale e razziale, oltre che allegria e risate da vendere. "Nella vita di tutti i giorni era proprio come il signor Drummond" ha dichiarato la figlia Jennifer, "ma ancora più speciale e pieno di interessi".
Ben prima di Conrad Bain, il destino aveva portato via Dana Plato, l'attrice che interpretava Kimberly, e Gary Coleman, per sempre il piccolo Arnold. Resta in vita (una vita a lungo costellata di problemi) solo Todd Bridges, ovvero Willis. Delle loro storie avevano scritto qui, poco più di un anno fa.

11 gennaio 2013

QUANDO NAJ OLEARI INCONTRA PACMAN


Abbiamo molte cose in comune con Naj Oleari: questioni geografiche (la loro sede operativa è in provincia di Biella, da quando il gruppo Lavino ne ha rilevato il marchio) e una certa nostalgia per gli anni Ottanta, quando loro furoreggiavano e noi, beh, ci provavamo, anche indossando i loro accessori come status symbol. Da quando hanno rinfrescato le fantasie per la loro borsa più mitica, la postina, anche i maschietti hanno un punto di contatto più familiare con la linea NJ.
Date un'occhiata alla borsa nell'immagine: sfondo nero, una serie di fantasmini colorati, una palla gialla a bocca aperta. Indovinato? È Pacman, trasformato dai designers di Naj Oleari in protagonista della nuovissima linea delle più cult tra le borse cult degli anni Ottanta. Si tratta di una sola delle fantasie disponibili, naturalmente. E di uno solo degli accessori con le leggendarie fantasie Naj Oleari. Il resto lo trovate sul loro sito, compreso l'elenco dei negozi in cui procurarsi una "postina". E se io, che non sono modaiolo, non vi convinco, fidatevi di La Pina, la fashion victim di Radio Deejay, e del suo blog Tuttasbagliata...

08 gennaio 2013

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – FINALISSIMA


Ed eccoci alla finalissima, care le mie sodaggioni-dei-bellocci-addicted, che avete fatto schizzare i vostri due paladini a quote di voti mai toccate sinora dalle pagine di questo blog.
È ufficiale: i due candidati alla vittoria, uno straniero e l'altro di casa nostra, sono dunque Joey Tempest versus Umberto Tozzi.
La vostra Betta vi ripropone qui di seguito la loro biografia completa e vi lascia qualche ora di tempo giusto per chiamare a raccolta le forze.
È più che mai il vostro momento... mica vorrete abbandonare i vostri idoli proprio nella fase clou?!

Rolf Magnus Joakim Larsson, meglio conosciuto come Joey Tempest, nasce il 19 agosto 1963 a Upplands Väsby (sobborgo di Stoccolma).
Appassionato di musica sin da piccolo, iniziò a suonare il pianoforte e la chitarra grazie all'incoraggiamento della sorella, strimpellando per amici e compagni di scuola alle feste di classe (e pensare che quello cui veniva affidato tale compito alle mie di feste era un brufolo bipede – ovviamente inguardabile – che oggi è diventato uno spocchioso bancario... altro che il leader di una rock band!).
La futura voce solista (nonché autore dei testi e delle musiche) degli Europe iniziò a muovere i primi passi nel gruppo dei Made in Hong Kong (dove cantava, suonava la chitarra e in caso di necessità pure il basso), per approdare poi ai Roxanne e infine, nel 1979, a soli sedici anni, ai Force, grazie al casuale incontro con il cantante e chitarrista John Norum.
Negli stessi anni in Svezia Norum, i bassisti Peter Olsson e Jan Erik Bäckström, il batterista Tony Niemistö e il chitarrista Micke Kling, tutti provenienti da Upplands Väsby, avevano messo su una rock band chiamata WC che suonava prevalentemente cover degli UFO e degli Status Quo.
Grazie soprattutto alla bravura di Norum alla chitarra, i cinque riscossero un discreto successo che però ebbe vita breve dato che nell'arco di un anno si separarono.
Poco dopo Olsson propose a Norum di riprovarci. Ai WC (absit iniuria verbis!) serviva un bravo cantante. I due pensarono quindi di rivolgersi al carismatico Joakim Larsson, all'epoca bassista del gruppo Roxanne, che accettò al volo e, pronti via, cambiò il nome del gruppo in Force, una citazione dall'album degli UFO “Force It”.
Il loro primo demo, composto da sei tracce e registrato nel 1980, fu spedito a numerose case discografiche che però non si dimostrarono affatto interessate al neonato gruppo hard rock svedese.
Nel frattempo questioni di cuore ingarbugliarono i rapporti all'interno della band: l'anno successivo infatti Joakim “scippò” la fidanzata a Olsson, che non la prese benissimo e lasciò i Force.
Al gruppo ora serviva un bassista.
Una memorabile notte buia e tempestosa (come scriverebbe il brachetto Snoopy), Norum andò dall'amico John Levén e dopo un pressing serrato lo convinse a entrare nel gruppo. Di lì a poco però Yngwie Malmsteen – il celebre chitarrista svedese dalla sbalorditiva abilità tecnica, che divenne famoso negli anni Ottanta grazie soprattutto alla sua idea di eseguire brani di musica classica con la chitarra elettrica, rivisitandoli in chiave heavy metal – offrì a Levén di unirsi ai suoi Rising Force. Inutile aggiungere che Levén accettò subito.
Fu rimpiazzato da Marcel Jacob, ex bassista di Yngwie, che però lasciò i Force dopo poco più di tre mesi.
La genesi degli Europe è travagliata e complessa quasi quanto una telenovela!
Nel 1982 Thomas Erdtman, ex manager della CBS Records e fondatore della Hot Records, ideò in Svezia la competizione Rock SM (Swedish rock championship), aperta a tutti i gruppi senza contratto i quali, previo invio di un demo, avrebbero potuto partecipare alla gara e, in caso di vittoria, aggiudicarsi un contratto con la Hot Records.
Memori delle precedenti delusioni, i Force tutto subito sembravano disinteressati alla cosa ma, a forza di insistere, Anita Katila, la fidanzata di Joakim, convinse i quattro (e cioè: Joakim Larsson, John Norum alla chitarra, John Levén – tornato all'ovile – al basso e Tony Niemistö alla batteria) a registrare un demo, che all'ultimo i ragazzi decisero di non inviare, ritenendolo di scarsa qualità.
La caparbia Anita però, pochi giorni prima della scadenza, senza dire niente a nessuno inviò alla Rock SM il nastro, che, su un totale di più di 4.000 cassette, venne selezionato.
I Force potevano partecipare alla gara.
A questo punto si poneva una questione onomastica. Si rendeva necessario fare qualche cambiamento, caso mai fossero riusciti a diventare famosi anche all'estero...
I Force divennero Europe, nome suggerito da Joakim rifacendosi all'album live dei Deep Purple “Made in Europe”. Lo stesso Joakim si scelse un nome d'arte optando per uno d'ispirazione shakespeariana: «Quando avevo 12 anni visitai gli Stati Uniti e i ragazzi non riuscivano a pronunciare Joakim correttamente, e mi chiamavano Joey. Una volta, in una libreria, vidi un libro con il titolo “The Tempest”. Quindi decisi di mettere i due nomi insieme e suonava bene», ricorda Larsson. Anche Tony era conscio che il suo cognome, Niemistö, sarebbe stato difficile da pronunciare all'estero e così divenne Reno, Tony Reno. I due John invece mantennero i loro veri nomi.
Alla finale della Rock SM il 12 dicembre 1982 gli Europe fecero man bassa: vinsero la competizione con solo un voto in più della seconda band classificata mentre Tempest e Norum si aggiudicarono rispettivamente il premio come migliore cantante e chitarrista.
A distanza di qualche anno, stanchi di avere successo solo in patria, gli Europe trovarono un produttore coi controciufoli (tale Kevin Elson), iniziarono nell'estate 1985 a lavorare ad un nuovo album ed iniziarono le registrazioni ai Powerplay Studios di Zurigo. Ma all'improvviso Joey perse la voce a causa di un misterioso virus (un viaggetto a Lourdes no?).
Dopo un soggiorno in Florida ed aver sfiorato la depressione, convinto che oramai la sua carriera fosse irrimediabilmente compromessa, assunse un maestro di canto, Bo Sydow, e la voce cominciò a migliorare.
Nel febbraio del 1986 il primo singolo estratto dall'album schizzò subito al primo posto delle classifiche svedesi e di lì a poco scalò in tempo zero la maggior parte delle classifiche europee. Il singolo in questione è “The Final Countdown”.
Iniziò il tour promozionale: in estate in Europa, a settembre in Giappone (l'unica altra band svedese che era riuscita ad organizzare una tournée nipponica furono gli ABBA), nella primavera dell'anno successivo in America.
Ma nel frattempo, l'ennesimo imprevisto: in seguito a continui contrasti “musicali” (John Norum avrebbe voluto suonare la chitarra in modo più hard), il chitarrista fondatore Norum decise di lasciare gli Europe.
Rimpiazzarlo non si rivelò impresa facile. Alla fine la scelta cadde su un chitarrista svedese decisamente bravo: Kee Marcello.
Nel 1992 la band annunciò l'intenzione di prendersi un periodo di pausa. Il periodo durò dieci anni durante i quali ognuno dei componenti percorsero strade diverse. Joey, oltre ad aver optato per un look più sobrio ed essere diventato papà del piccolo James, cambiò radicalmente genere passando dall'hard rock al country rock e si impegnò in un progetto solista che però non riscosse un successo strepitoso (sfornando “A Place to Call Home” nel 1995, “Azalea Place” nel 1997 e “Joey Tempest” nel 2002).
La sua carriera solista si interruppe il 2 ottobre del 2003 quando venne annunciata la definitiva reunion degli Europe nella loro vecchia formazione: il cantante Joey Tempest, il chitarrista fondatore John Norum, Mic Michaeli alle tastiere, John Levén al basso e Tony Reno alla batteria.
Gli album “Secret Society” (2006) e “Last Look at Eden” (2009) riscossero un buon successo a testimonianza del fatto che, nonostante fossero passati più di dieci anni, dalla loro ultima apparizione plenaria, gli Europe – che recentemente (il 22 giugno 2011) sono stati tra i protagonisti più attesi del “Gods of metal”, uno dei più famosi festival dedicati all'hard rock – restano comunque una band molto amata.
Più sintetica ma non per questo meno interessante la biografia del contendente di casa nostra.
Umberto Antonio Tozzi nasce a Torino il 4 marzo 1952 da una famiglia di emigranti pugliesi originari di Rodi Garganico.
Svariati i punti in comune col suo contendente. Anche Umberto, ad esempio, come Riccardo, muove i primi passi in questo mondo entrando a soli 16 anni in un gruppo, gli Off Sound, una rock band torinese di giovanissimi, della quale fa parte anche il fratello minore Franco.
Nel 1974 scrive insieme a Damiano Dattoli la canzone “Un corpo e un'anima” che, interpretata da Wess e Dori Ghezzi, vince “Canzonissima”. Con lo stesso Dattoli e Massimo Luca forma un nuovo gruppo, i Data, che incidono un album per la medesima casa discografica di Lucio Battisti, la Numero Uno.
Il debutto da solista avviene nel 1976 con l'album “Donna amante mia” mentre il successo vero e proprio arriva l'anno successivo con “Ti amo”, canzone che vince il Festivalbar e rimane in testa alla classifica dei singoli più venduti senza interruzioni dal 23 luglio al 22 ottobre 1977.
Nel 1978 è la volta di “Tu” e nel 1979 di “Gloria”, brani destinati a fare il giro del mondo (a distanza di qualche anno, nel 1983, “Gloria” cantata in inglese da Laura Branigan otterrà il primo posto nella classifica dei singoli in America).
Gli anni Ottanta si aprono con l'album “Tozzi”, trainato dal singolo diventato subito una hit, “Stella stai” e proseguono nel 1981 con “Notte rosa” ed “Eva”, l'anno successivo.
L'abitudine di sfornare un album all'anno si interrompe nel 1983 quando pubblica solo il 45 giri “Nell'aria c'è”, brano che spopolerà in quell'estate.
Tozzi rimane in silenzio fino al 1987 quando insieme a Gianni Morandi e ad Enrico Ruggeri vince con “Si può dare di più” il Festival di Sanremo al quale partecipa di nuovo nel 1991 con “Gli altri siamo noi” (piazzandosi quarto), prima di prendersi un periodo di pausa artistica di qualche anno (riapparirà nel 1994 vincendo il Festivalbar con “Io muoio di te”).
Nel marzo 2009 è uscita anche per lui la sua biografia, “Non solo io. La mia storia”.

Ed ora per l'ultima volta, vi cedo il testimone.
V – O – T – A – T – E !!!