30 agosto 2012

SABRINA SALERNO STAR IN UN FILM FRANCESE SUGLI ANNI OTTANTA

Si chiama Stars 80 e il nome è una dichiarazione d'intenti almeno quanto il manifesto, con i due protagonisti in completo scuro e Ray Ban che mimano un passo di danza dei Blues Brothers. Il film è stato presentato in anteprima domenica al Ffa, il festival del film francofono di Angouleme, sud-est della Francia. E, dicono i bene informati, appena uscirà in sala farà record d'incassi.
A noi, che francesi non siamo e possiamo solo aspettare una versione distribuita in Italia, il film interessa comunque, per un sacco di buoni motivi, uno per ogni componente del cast. Non certo i due finti Blues Brothers, che si chiamano Richard Anconina e Patrick Timsit, pressoché sconosciuti sul nostro versante delle Alpi. Ma i cantanti degli anni Ottanta che mettono sale e pepe alla pellicola.
C'è, innanzitutto, la gloria italiana Sabrina Salerno, oltralpe (e in mezza Europa) conosciuta semplicemente come Sabrina. E poi ci sono Lio (quella di Amoureux Solitaires), Gilbert Montagné che da noi ballò un'estate sola cantando in inglese Just for tonight, Caroline Loeb di C'est la ouate (che non compare nei credits, ma compare nella foto della première pubblicata su Twitter da Sabrina Salerno) e Patrick Hernandez che ha conquistato il mondo con Born to be alive.

Sabrina Salerno tra Jean-Luc Lahaye e Caroline Loeb

Con loro, ci sono altri nomi della musica anni Ottanta che dicono moltissimo soprattutto ai francesi (come il Jean-Luc Lahaye della foto qui sopra), che nel 2008 e pochi mesi fa hanno fatto la fila ai botteghini per prendere il biglietto di una data della Rfm Party 80, una tournée che li ha messi insieme tutti e che, partita in sordina, ha conquistato una serie impressionante di "tutto esaurito", compreso quello dello Stade de France di Parigi. Il film racconta, con il tono della commedia, proprio quell'avventura, immaginando due impresari sull'orlo del fallimento con il loro show di viziatissimi sosia delle star anni Ottanta, che si riprendono quando decidono di organizzare uno spettacolo con le star vere.
L'accoglienza al festival di Angouleme è stata ottima. Dal 24 ottobre, quando il film sarà in sala, si conoscerà il riscontro del botteghino. Per ora giù il cappello. E chissà che, grazie a Sabrina Salerno, presto il film non sbarchi anche da noi...

28 agosto 2012

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – SETTIMA PARTE

Dite la verità: in queste settimane di meritato riposo estivo, la Betta con i suoi sondaggioni un po' vi è mancata, eh?
Ma no panic: we are back!
E salutiamo il ritorno del nostro appuntamento settimanale con una sfida tra i leader cappelloni di due gruppi storici degli anni Ottanta: gli Europe versus i Bon Jovi, cioè Joey Tempest contro Jon Bon Jovi.
Rolf Magnus Joakim Larsson, meglio conosciuto come Joey Tempest, nasce il 19 agosto 1963 a Upplands Väsby (sobborgo di Stoccolma).
Appassionato di musica sin da piccolo, iniziò a suonare il pianoforte e la chitarra grazie all'incoraggiamento della sorella, strimpellando per amici e compagni di scuola alle feste di classe (e pensare che quello cui veniva affidato tale compito alle mie di feste era un brufolo bipede – ovviamente inguardabile – che oggi è diventato uno spocchioso bancario... altro che il leader di una rock band!).
La futura voce solista (nonché autore dei testi e delle musiche) degli Europe iniziò a muovere i primi passi nel gruppo dei Made in Hong Kong (dove cantava, suonava la chitarra e in caso di necessità pure il basso), per approdare poi ai Roxanne e infine, nel 1979, a soli sedici anni, ai Force, grazie al casuale incontro con il cantante e chitarrista John Norum.
Negli stessi anni in Svezia Norum, i bassisti Peter Olsson e Jan Erik Bäckström, il batterista Tony Niemistö e il chitarrista Micke Kling, tutti provenienti da Upplands Väsby, avevano messo su una rock band chiamata WC che suonava prevalentemente cover degli UFO e degli Status Quo.
Grazie soprattutto alla bravura di Norum alla chitarra, i cinque riscossero un discreto successo che però ebbe vita breve dato che nell'arco di un anno si separarono.
Poco dopo Olsson propose a Norum di riprovarci. Ai WC (absit iniuria verbis!) serviva un bravo cantante. I due pensarono quindi di rivolgersi al carismatico Joakim Larsson, all'epoca bassista del gruppo Roxanne, che accettò al volo e, pronti via, cambiò il nome del gruppo in Force, una citazione dall'album degli UFO “Force It”.

Joakim AKA Joey negli anni Ottanta
Il loro primo demo, composto da sei tracce e registrato nel 1980, fu spedito a numerose case discografiche che però non si dimostrarono affatto interessate al neonato gruppo hard rock svedese.
Nel frattempo questioni di cuore ingarbugliarono i rapporti all'interno della band: l'anno successivo infatti Joakim “scippò” la fidanzata a Olsson, che non la prese benissimo e lasciò i Force.
Al gruppo ora serviva un bassista.
Una memorabile notte buia e tempestosa (come scriverebbe il brachetto Snoopy), Norum andò dall'amico John Levén e dopo un pressing serrato lo convinse a entrare nel gruppo. Di lì a poco però Yngwie Malmsteen – il celebre chitarrista svedese dalla sbalorditiva abilità tecnica, che divenne famoso negli anni Ottanta grazie soprattutto alla sua idea di eseguire brani di musica classica con la chitarra elettrica, rivisitandoli in chiave heavy metal – offrì a Levén di unirsi ai suoi Rising Force. Inutile aggiungere che Levén accettò subito.
Fu rimpiazzato da Marcel Jacob, ex bassista di Yngwie, che però lasciò i Force dopo poco più di tre mesi.
La genesi degli Europe è travagliata e complessa quasi quanto una telenovela!
Nel 1982 Thomas Erdtman, ex manager della CBS Records e fondatore della Hot Records, ideò in Svezia la competizione Rock SM (Swedish rock championship), aperta a tutti i gruppi senza contratto i quali, previo invio di un demo, avrebbero potuto partecipare alla gara e, in caso di vittoria, aggiudicarsi un contratto con la Hot Records.
Memori delle precedenti delusioni, i Force tutto subito sembravano disinteressati alla cosa ma, a forza di insistere, Anita Katila, la fidanzata di Joakim, convinse i quattro (e cioè: Joakim Larsson, John Norum alla chitarra, John Levén – tornato all'ovile – al basso e Tony Niemistö alla batteria) a registrare un demo, che all'ultimo i ragazzi decisero di non inviare, ritenendolo di scarsa qualità.
La caparbia Anita però, pochi giorni prima della scadenza, senza dire niente a nessuno inviò alla Rock SM il nastro, che, su un totale di più di 4.000 cassette, venne selezionato.
I Force potevano partecipare alla gara.
A questo punto si poneva una questione onomastica. Si rendeva necessario fare qualche cambiamento, caso mai fossero riusciti a diventare famosi anche all'estero...

Gli Europe nel 1986
I Force divennero Europe, nome suggerito da Joakim rifacendosi all'album live dei Deep Purple “Made in Europe”. Lo stesso Joakim si scelse un nome d'arte optando per uno d'ispirazione shakespeariana: «Quando avevo 12 anni visitai gli Stati Uniti e i ragazzi non riuscivano a pronunciare Joakim correttamente, e mi chiamavano Joey. Una volta, in una libreria, vidi un libro con il titolo “The Tempest”. Quindi decisi di mettere i due nomi insieme e suonava bene», ricorda Larsson. Anche Tony era conscio che il suo cognome, Niemistö, sarebbe stato difficile da pronunciare all'estero e così divenne Reno, Tony Reno. I due John invece mantennero i loro veri nomi.
Alla finale della Rock SM il 12 dicembre 1982 gli Europe fecero man bassa: vinsero la competizione con solo un voto in più della seconda band classificata mentre Tempest e Norum si aggiudicarono rispettivamente il premio come migliore cantante e chitarrista.
A distanza di qualche anno, stanchi di avere successo solo in patria, gli Europe trovarono un produttore coi controciufoli (tale Kevin Elson), iniziarono nell'estate 1985 a lavorare ad un nuovo album ed iniziarono le registrazioni ai Powerplay Studios di Zurigo. Ma all'improvviso Joey perse la voce a causa di un misterioso virus (un viaggetto a Lourdes no?).
Dopo un soggiorno in Florida ed aver sfiorato la depressione, convinto che oramai la sua carriera fosse irrimediabilmente compromessa, assunse un maestro di canto, Bo Sydow, e la voce cominciò a migliorare.
Nel febbraio del 1986 il primo singolo estratto dall'album schizzò subito al primo posto delle classifiche svedesi e di lì a poco scalò in tempo zero la maggior parte delle classifiche europee. Il singolo in questione è “The Final Countdown”.
Iniziò il tour promozionale: in estate in Europa, a settembre in Giappone (l'unica altra band svedese che era riuscita ad organizzare una tournée nipponica furono gli ABBA), nella primavera dell'anno successivo in America.
Ma nel frattempo, l'ennesimo imprevisto: in seguito a continui contrasti “musicali” (John Norum avrebbe voluto suonare la chitarra in modo più hard), il chitarrista fondatore Norum decise di lasciare gli Europe.
Rimpiazzarlo non si rivelò impresa facile. Alla fine la scelta cadde su un chitarrista svedese decisamente bravo: Kee Marcello.
Nel 1992 la band annunciò l'intenzione di prendersi un periodo di pausa. Il periodo durò dieci anni durante i quali ognuno dei componenti percorsero strade diverse. Joey, oltre ad aver optato per un look più sobrio ed essere diventato papà del piccolo James, cambiò radicalmente genere passando dall'hard rock al country rock e si impegnò in un progetto solista che però non riscosse un successo strepitoso (sfornando “A Place to Call Home” nel 1995, “Azalea Place” nel 1997 e “Joey Tempest” nel 2002).

Joey Tempest in un'immagine recente
La sua carriera solista si interruppe il 2 ottobre del 2003 quando venne annunciata la definitiva reunion degli Europe nella loro vecchia formazione: il cantante Joey Tempest, il chitarrista fondatore John Norum, Mic Michaeli alle tastiere, John Levén al basso e Tony Reno alla batteria.
Gli album “Secret Society” (2006) e “Last Look at Eden” (2009) riscossero un buon successo a testimonianza del fatto che, nonostante fossero passati più di dieci anni, dalla loro ultima apparizione plenaria, gli Europe – che recentemente (il 22 giugno 2011) sono stati tra i protagonisti più attesi del “Gods of metal”, uno dei più famosi festival dedicati all'hard rock – restano comunque una band molto amata.

Gli Europe oggi
E passiamo a Giovanni Bongiovanni, naturalizzato americano con il nome di John Frances Bongiovi. Nato il 2 marzo 1962 a Perth Amboy, nel New Jersey, è il primo di tre figli di Carol Sharkey, una ex Playboy Bunny, e John, statunitense di origini italiane (precisamente di Sciacca, in provincia di Agrigento), di professione barbiere (e, ironia della sorte, nonostante il mestiere paterno, nessuno è mai riuscito a dissuadere quell'adolescente ribelle dal tenere i capelli lunghi che gli conferivano, a dispetto della giovane età, già un allure da vero rocker).
A dieci anni iniziò a suonare la chitarra, prendendo lezioni da un insegnante di musica del suo quartiere (successivamente imparò a suonare anche il pianoforte, l'armonica e la chitarra elettrica oltre che quella acustica), e a tredici fondò la sua prima band, chiamata prima “Starz” e poi “Raze”, con la quale però riuscì a tenere un solo concerto.

Giovanni Bongiovanni negli anni Ottanta
In seguito partecipò a un provino per il film “Footloose”. La Paramount, che aveva intenzione di cambiare la sceneggiatura sostituendo al protagonista ballerino una stella del rock, lo scelse per il ruolo principale ma John rifiutò: non voleva raggiungere la notorietà come attore, la musica era la sua vera aspirazione.
In previsione del grande botto, come era accaduto anche per Joakim Larsson, decise di cambiare nome e se ne scelse uno decisamente più americano: Jon Bon Jovi.
Il liceo si rivelò un luogo di incontri importanti: alla Sayreville War Memorial High School infatti conobbe David Bryan, futuro tastierista dei Bon Jovi, e Dorothea Hurley, la ragazza che il 29 aprile 1989 alla Graceland Chapel a Las Vegas sarebbe diventata sua moglie. La coppia ebbe quattro figli: Stephanie Rose (31 maggio 1993), Jesse James Louis (19 febbraio 1995), Jacob Hurley (7 maggio 2002) e Romeo Jon (29 marzo 2004).
Con David, Jon decise di fondare una cover band R&B, gli “Atlantic City Express”, e nonostante fossero ancora minorenni, iniziarono a suonare nei vari locali del New Jersey.
Terminata la scuola e con un lavoro part-time in un negozio di scarpe, nel corso dell'estate del 1980 Jon riuscì a trovare un impiego negli studi di registrazione di Manhattan, i Power Station Studios, dove registrò numerose demo che inviò a svariate case discografiche, ma senza ottenere risultati eclatanti nell'immediato.
Nel 1983, una radio locale del New Jersey promosse un concorso per gruppi rock sprovvisti di contratto discografico. Jon partecipò con il brano “Runaway”, scritto qualche anno prima, avvalendosi provvisoriamente di musicisti di studio per la registrazione ma dopo essere riuscito a vincere il concorso, avere un gruppo si rivelava di fondamentale importanza.
Contattò dunque David Bryan, il quale a sua volta portò il bassista Alec John Such (che abbandonò il gruppo negli anni Novanta, sostituito da Hugh McDonald) ed il batterista Tico Torres. Di lì a poco arrivò anche il chitarrista Richie Sambora.
Notati dal discografico Derek Shulman durante la loro esibizione all'apertura di un concerto degli Scandal a New York, i cinque ragazzi di lì a poco si trovarono a firmare un contratto con la Mercury Records, parte della società PolyGram.

I Bon Jovi nel 1988
A questo punto era necessario un nome ufficiale da dare alla band. Data la popolarità che Jon aveva raggiunto, lo staff della casa discografica suggerì di adottare quello di “Bon Jovi”.
L'album di debutto, omonimo, uscì a inizio 1984 seguito l'anno successivo da “7800° Fahrenheit” che però ebbe una tiepida risposta da parte del pubblico.
A fronte di tale fiasco il gruppo cambiò produttore assumendo lo sgamato Bruce Fairbairn e si avvalse della collaborazione di Desmond Child nella stesura dei brani. Il risultato fu, nell'agosto 1986, “Slippery When Wet” (da cui vennero estratti singoli come “You Give Love a Bad Name”, “Livin' on a Prayer”, “Wanted Dead or Alive” e “Never Say Goodbye”), album che ottenne uno dei più grossi successi di vendite di tutti i tempi con 33 milioni di copie vendute in tutto il mondo e con il quale, secondo gli addetti ai lavori, i Bon Jovi raggiunsero la loro maturità stilistica, grazie soprattutto a ballate ispirate alla poetica del Boss ma dal sound più elettrico.
In molti iniziarono a questo punto ad interessarsi alla band. MTV, ad esempio, iniziò a trasmettere diversi concerti registrati dal vivo durante lo Slippery When Wet Tour.
Nel 1987 “Livin' on a Prayer” vinse il premio di “Best Stage Performance” agli MTV Video Music Awards di quell'anno, i Bon Jovi ricevettero la nomina di “migliore gruppo Pop Rock” agli American Music Awards e quella di “Migliore gruppo Rock” ai People's Choice Awards.
L'autunno dell'anno seguente fu la volta del quarto lavoro in studio, “New Jersey”, l'album hard rock che ha avuto più hit di sempre in classifica poiché tutti i suoi cinque singoli estratti (e cioè “Bad Medicine”, “Born to Be My Baby”, “I'll Be There for You”, “Lay Your Hands on Me” e “Living in Sin”) hanno raggiunto i primi dieci posti della Billboard Hot 100.
Terminate le oltre 230 date dell'impegnativo New Jersey Syndicate Tour e dopo aver stupito il pubblico degli MTV Video Music Awards nel 1989 (Jon e Richie Sambora si presentarono con solo due chitarre acustiche, esibizione che riscosse un successo tale da spingere i dirigenti di MTV a creare un programma nuovo: “MTV Unplugged”), con l'arrivo degli anni Novanta il gruppo decise di prendersi una pausa percorrendo strade separate.
Nel 1990 Jon registrò il suo primo album da solista, “Blaze of Glory”, che fu la colonna sonora del film “Young Guns II - La leggenda di Billy the Kid”.
Due anni dopo è uscito il quinto album in studio del gruppo, “Keep the Faith”, una vera svolta per via del sound più melodico e dei testi più introspettivi (parlano da soli i singoli “Bed of Roses”, “Keep the Faith” e “In These Arms”) cui va associato un cambiamento radicale anche nel look (Jon disse addio alla sua lunga chioma facendo però sempre, anche col nuovo taglio, la sua porca figura, va detto!), fattori che spiazzarono i fans.
A fine anni Novanta, altra pausa durante la quale (nel 1997) Jon pubblicò il suo secondo album da solista, “Destination Anywhere”, grazie al quale si aggiudicò l'MTV Europe Music Awards come Best Male.
Il resto è storia recente. Verso l'inizio del nuovo millennio i Bon Jovi iniziarono le registrazioni per il loro nuovo album, “Crush”, uscito nel giugno dello stesso anno, che ottenne ottimi risultati grazie soprattutto al singolo di lancio, “It's My Life”, canzone scritta insieme al famoso produttore svedese Max Martin. Gli ultimi lavori della band sono “Have a Nice Day” (2005), “Lost Highway” (2007), “The Circle” (2009).

I Bon Jovi oggi
Il 14 novembre 2006, i Bon Jovi furono introdotti nella UK Music Hall of Fame, insieme a James Brown e ai Led Zeppelin mentre il 18 giugno 2009 Jon e Richie Sambora, come autori, sono stati inseriti nella Songwriters Hall Of Fame. E, sempre a proposito di riconoscimenti, agli MTV Europe Music Awards 2010 il gruppo ha ricevuto il Global Icon Award, assegnato per la prima volta nella storia.
Oltre ad essersi distinto per le sue doti canore, Jon ha dato prova di avere anche un cuore d'oro grazie al suo encomiabile impegno nel campo del sociale (nei primi anni 2000 ottenne svariate onorificenze per il suo lavoro a favore della gente del New Jersey e per la sua intensa attività umanitaria): nel 2011 ha inaugurato infatti un ristorante per i meno abbienti che possono pagare svolgendo lavori socialmente utili e attraverso la sua fondazione ha costruito abitazioni per i più poveri.
Nello stesso anno è stato vittima di “death hoax”, vale a dire che il mondo del web lo dava per morto. È stato lui stesso a smentire la notizia, buttandola sul ridere: «Heaven looks a lot like New Jersey» («Il paradiso assomiglia molto al New Jersey»).

(Cosa non vi ha trovato la Betta, eh?)
Considerato ancor oggi uno degli uomini più sexy del pianeta, oltre che cantautore, polistrumentista e leader dei Bon Jovi, Jon è stato scritturato per alcuni film e ha fatto diverse comparse in alcuni telefilm, tra i quali “Sex and the City” (nel 1999) ed “Ally McBeal” (nel 2002).
Ed ora la palla passa a voi: a chi andrà la vittoria di questa settima sfida?
Al sosia di Satomi che viene dal freddo oppure alla sensuale voce di “Lay your hands on me” dalle origini italiche?
È il “Final countdown”... chi si dovrà sciroppare la “Bad Medicine” della sconfitta?


SPECIALE GUIDA TV: TORNA CASA KEATON


La segnalazione ci è arrivata da un anonimo commentatore di questo post, in cui ripercorrevamo le vite dei protagonisti del telefilm, dopo il telefilm stesso. Il tempo di una verifica, ed ecco la conferma: sono tornate le repliche di Casa Keaton, in chiaro e sul digitale terrestre. A portarle in onda, tutte le sere a partire dalle 22, è (manco a dirlo) Frisbee, canale consorziato con K2 che, alla stessa ora e con lo stesso marchio "Seratissima" continua a trasmettere i Robinson. E prima ancora, e chi ci segue lo sa, insieme ci hanno fatto rivivere ogni istante dei Jefferson e de Il mio amico Arnold.
La bella sorpresa arriva pochi giorni dopo un'altra buona notizia: Michael J. Fox è pronto a tornare sulle scene, che ha calcato sempre meno di frequente da quando, ormai quasi quindici anni fa, gli era stato diagnosticato il morbo di Parkinson. Interpreterà una serie tv, prodotta per il network Fox e in uscita nell'autunno 2013, nei panni di un padre di famiglia malato proprio di Parkinson. Quasi la storia della sua vita...

Sullo stesso argomento

27 agosto 2012

MARC ALMOND, BOY GEORGE E TWITTER


Scena: una schermata di Twitter di sabato pomeriggio.
Protagonisti: Marc Almond, già cantante dei Soft Cell, quello di Tainted Love e di un duetto pazzesco con Jimi Somerville ai tempi dei Bronski Beat, e Boy George, l'uomo immagine dei Culture Club, primi dopo i Beatles ad avere quattro singoli dell'album di esordio in classifica, nel 1982/83.
Comincia Marc Almond, con un messaggio in cui si lamenta di Twitter e del trattamento che ogni tanto gli viene riservato, a base di insulti e minacce legati al suo essere gay. E, chiude il cantante, forse sarebbe il caso di lasciare il social network. Per fargli cambiare idea, gli piovono addosso decine di messaggi dei fans suoi followers. Uno di questi è un po' più speciale e non esattamente di un fan. Quando Marc Almond, per ringraziare, scrive "Forse è colpa mia, non dovrei rispondere a odio e cattiveria", è Boy George (che un paio di tweet prima aveva confessato di essere in pieno relax alle Baleari in attesa di fare una dj session) a rispondergli "Chi odia i queer è come gli atei, piuttosto ossessionato secondo me".
Fin qui è l'eccezionalità dell'era digitale, che consente di origliare una conversazione tra due popstar che loro hanno deciso di rendere pubblica per i loro followers. Con il profilo di Ottantology ne seguiamo parecchie: Samantha Fox, Sabrina Salerno, i Duran Duran, Jim Kerr, Lorenzo Jovanotti, i Johnny Hates Jazz. Lo scopo? Tenersi aggiornati su quello che fanno ora e, quando possibile, raccontarvelo in anteprima sul nostro blog. Potrebbe essere il caso dello scambio successivo di tweet tra i due musicisti. "Ho una canzone nuova, te la devo mandare" comincia Boy George. "La aspetto" ribatte Marc Almond. Un nuovo singolo dell'ex Culture Club? Oppure l'inizio di una collaborazione, con il primo che firma il pezzo e il secondo che lo canta?
Comunque vada a finire, li terremo d'occhio. È l'era digitale, bellezza. Ovvero una delle poche ragioni per cui il 2012 è migliore del 1982.

25 agosto 2012

LA PRIMA GIORNATA DI SERIE A (DEL 1982)

Bruno Conti e la curva Sud della Roma

(da leggersi, come l'anno scorso, con la voce di Paolo Valenti)
Gentili telespettatori, inizia oggi una nuova avventura con la serie A. I tifosi italiani hanno ancora negli occhi lo splendido trionfo della notte di Madrid, quando Dino Zoff ha alzato al cielo la coppa del mondo, e si apprestano a vivere con rinnovato entusiasmo la corsa allo scudetto che vede la Juventus campione d'Italia nei panni della naturale favorita. Tanto più che ha aggiunto due campioni del calibro del francese Michel Platini e del polacco Zbigniew Boniek alla sua rosa.

24 agosto 2012

L'ULTIMO EPISODIO DEI ROBINSON

Il ballo tra Claire e Cliff, nell'ultimo episodio dei Robinson

Non l'avevo mai visto. Colpa, credo, della programmazione casuale che i canali italiani dedicano sempre ai telefim. Oppure quella sera ero in birreria con gli amici. Poi, due sere fa, guardo la tv e finisco su K2, il canale del digitale terrestre che punta moltissimo sulle repliche dei "nostri" telefilm. E c'erano i Robinson. Cliff un po' più brizzolato. Clair un filino più rotonda. Rudy quasi adolescente. Olivia pronta per le elementari. Un po' di altri figli assenti, tra università fuori città, famiglie che li hanno portati altrove e tutti quegli espedienti che usano gli sceneggiatori quando non viene rinnovato il contratto a qualche attore.
Non avevo capito che era l'ultimo, il finale di sempre. Sembrava solo una sorta di puntata emozionale, con la laurea di Theo a fare da filo conduttore. Invece, dopo la scena esilarante della proclamazione (il rettore che chiama ad alzarsi 8mila studenti e poi li fa sedere, e Cliff che si inalbera a modo suo perché non hanno pronunciato il nome di suo figlio), ecco che si torna nel solito soggiorno di casa, quello con il divano, il tavolino e la tv. Papà Robinson fa una cosa che non gli era mai riuscita prima, cioé riparare qualcosa in casa. Nella fattispecie il campanello che, invece di un ordinario drin, sprigiona una melodia. Cliff e Clair ballano. E, ballando, escono da quello che è uno studio affollato di spettatori che applaudono commossi.
Era il 1992, il 30 aprile negli Stati Uniti. Quando l'abbiano trasmessa in Italia non so. Ma è stato bello trovarla per caso e gustarla fino in fondo. E se ve la siete persa, tranquilli. Sul canale 41 del digitale terrestre continuano le repliche: hanno ripreso dall'inizio...

Sullo stesso argomento

08 agosto 2012

1988, L'ESTATE DI BEN JOHNSON E DEL DOPING

Ben Johnson davanti a tutti nei 100 piani a Seul 1988

Da un paio di giorni gli occhi sportivi (ma non solo) italiani sono velati di tristezza per l'esclusione dalle Olimpiadi di Londra 2012 di Alex Schwazer, il biondo marciatore, oro a Pechino, testimonial dalla faccia pulita delle merendine della Kinder e fidanzato di un'altra eroina dello sport dalla faccia pulita, Carolina Kostner. Siamo tristi, perché noi sportivi crediamo nei campioni per cui facciamo il tifo, ma ingenui non lo siamo più da quasi un quarto di secolo. Ovvero dal giorno in cui sfilarono dal collo le medaglie d'oro a Ben Johnson.

06 agosto 2012

1985, L'ESTATE DI MILAN KUNDERA

Quest'anno sui comodini o nelle borse da spiaggia, specie se si è donne, sembra che non si possa non avere un romanzo della serie delle 50 sfumature di un qualche colore, opere al confine dell'hard core che hanno elevato le conoscenze della popolazione italiana di sesso femminile su argomenti scabrosi come il bondage o il fist fucking. Cose, per capirsi tra maschietti, che un utente medio di YouPorn impara a distinguere nel menù categorie.
Ma il libro-tormentone estivo ce lo abbiamo avuto anche noi negli anni Ottanta. Il più celebre sembrava arrivare dalla lontana Cecoslovacchia, non ancora diventata Repubblica Ceca e non ancora liberatasi dalla cortina di ferro del Patto di Varsavia. La copertina era minimal, secondo lo stile della sua casa editrice, Adelphi, e il titolo lasciava scorgere profonde implicazioni filosofiche: L'insostenibile leggerezza dell'essere.