09 novembre 2011

OTTANTA FACCE: TERENCE TRENT D'ARBY


Ieri sera Sananda Maitreya era in concerto a Mendrisio, in Svizzera, per presentare i brani del suo ultimo album, intitolato The Sphynx. Sananda chi? Lo so che vi siete posti questa domanda, insieme a quella: "Ma che diamine c'entra con Terence Trent D'Arby?". Semplice: sono la stessa persona. A sinistra nella foto, vedete il cantante di cui abbiamo memoria, a destra lui con il suo look attuale, da quarantanovenne. 
Da oltre dieci anni la popstar figlia di una cantante gospel di Manhattan, ha cambiato nome, anche legalmente. Una decisione presa per rimarcare il distacco con il suo passato e con quell'industria della musica che pure gli aveva ed esso di vendere dodici milioni di dischi. Erano gli anni d'oro, gli anni Ottanta (ovviamente) e TT D'Arby spopolava con If you let me stay, Wishing well (che fu numero uno negli Usa), Dance little sister e la dolce Sign your name, tutte frutto dello stesso album Introducing the hardline according to Terence Trent D'Arby, datato 1987.
Furono gli anni in cui la sua voce soul venne paragonata a quella di mostri sacri della musica black come Marvin Gaye e Sam Cooke. Ma erano anche gli anni in cui quella del disco era un'industria, un'attività redditizia da cui spremere più denaro possibile. Proprio il dettaglio che il nostro (che aveva definito il su album d'esordio "il miglior disco di tutti i tempi") faticava a digerire. Al punto da farsi chiamare Sananda Maitreya fin dall'inizio degli anni Novanta e da dichiarare, in un'intervista, «Terence Trent D'Arby è morto di una morte nobile, guardando in faccia le sue sofferenze».
Di lui, testimonia la foto, sono sopravvissute le treccine. E curiosità in più, Terence-Sananda ha un punto in comune con un'altra star ottantologista. Come Mick Hucknall, ha scelto l'Italia, e in particolare Milano, come suo rifugio. E chissà se, nel frattempo, tornerà anche il successo globale...


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