Paolo Valenti tifava per la Fiorentina. Ma non lo ha detto a nessuno, nemmeno dopo la sua ultima puntata domenicale. Il mondo lo scoprì dalla voce commossa di Nando Martellini, che svelò il segreto il giorno in cui annunciò ai telespettatori la morte del collega. Paolo Valenti aveva lasciato da pochi mesi il posto a Fabrizio Maffei, che prima era l'inviato dallo stadio Olimpico, con gli occhiali troppo grandi, il fisico da ingegnere secchione e la voce pacata, quasi senza inflessione regionale. Da Roma commentava anche un non ancora obeso Giampiero Galeazzi.
Da Firenze invece c'era Marcello Giannini, che aveva l'accento toscano e gli si bagnavano gli occhi, ogni volta in cui pronunciava il nome di Antognoni. Specie quando il portiere del Genoa gli ruppe la testa. O il libero della Sampdoria gli fece saltare due ossa della gamba. Da Genova trasmetteva Giorgio Bubba, occhi piccoli e riccioli fitti. A ogni partita c'era sempre un probabile rigore per la Sampdoria, anche quando l'attaccante era caduto a cinque metri dall'area. Da Torino raccontavano le partite Beppe Barletti o Cesare Castellotti. Con la loro parlata sabauda, i corsi di dizione pagati dalla Rai erano spreco di denaro pubblico. E nell'intervallo delle partite, Franco Costa inseguiva con il microfono l'avvocato Agnelli che lasciava di fretta lo stadio.
A Milano e in Lombardia si alternavano in molti: Gianni Vasino, Ennio Vitanza, Claudio Icardi, Franco Zuccalà. Salivano a Como, o scendevano a Cremona, e quando era novembre e metà del secondo tempo era oscurato dalla nebbia, il loro commento alle immagini lattiginose era quasi un'altra radiocronaca. A Verona Ferruccio Gard raccontò lo scudetto di Elkjaer. A Bologna Piero Pasini morì durante una partita di campionato, mentre era al microfono di Tutto il calcio minuto per minuto. Lo rimpiazzò Roberto Scardova, con i suoi capelli scarmigliati color polenta pasticciata. O forse erano le tv color del tempo, a fare difetto.
A Napoli Luigi Necco salutava con la mano, mentre tutt'intorno i tifosi, zitti o quasi fino al suo cenno, si scatenavano in un urlo. In Puglia Franco Strippoli incollava il riporto alla testa, e quando arrivò Mai Dire Gol, Antonio Albanese si ispirò a lui per fare il finto inviato del Foggia di "simpatiazeman". A guardare il Perugia mandavano uno giovane, carino e brillante, con l'aria di chi avrebbe fatto carriera: Lamberto Sposini. A seguire l'Ascoli invece c'era solo Tonino Carino, tanto che qualcuno, anche per colpa di una gag di Ezio Greggio al Drive In, sospettava che si chiamasse Tonino Carino da Ascoli, per esteso. Quando il presidente Rozzi comprò l'attaccante slavo Arslanovic, sembrava lo avesse pensato per fargli dispetto. Poi l'Ascoli scivolò in B, e a Carino diedero una rubrica sul calcio estero. La sua pronuncia si incagliava sulle partite del Kaiserslautern.
Tutto questo era Novantesimo Minuto. Tutto questo, e anche di più: era l'emozione di vedere con papà i gol che si erano ascoltati con la radiolina durante la passeggiata domenicale. Era l'attesa dei bambini per guardare quelle maglie colorate, quei palloni bianchi e neri, i numeri dall'uno all'undici e noi che avevamo le figurine li riconoscevamo al volo, i giocatori. Era passione pura, ed era l'unico mezzo per saziarla almeno un po'.
Adesso c'è il satellite e il digitale terrestre, l'anticipo e il posticipo, i gol su internet e le dirette sui siti pirata dell'estremo oriente. Per questo, ora che la Rai pensa a risparmiare, Novantesimo Minuto sembra non avere più senso. Ma è inutile: quando sparirà, sarà un pezzo di noi a sparire. Come il giorno dopo la fine di Carosello.
Ps: vi va un quiz da calciofili ottantologisti? Sapreste riconoscere i dodici volti della foto in alto? Mettete in un commento la vostra risposta
Tutto questo era Novantesimo Minuto. Tutto questo, e anche di più: era l'emozione di vedere con papà i gol che si erano ascoltati con la radiolina durante la passeggiata domenicale. Era l'attesa dei bambini per guardare quelle maglie colorate, quei palloni bianchi e neri, i numeri dall'uno all'undici e noi che avevamo le figurine li riconoscevamo al volo, i giocatori. Era passione pura, ed era l'unico mezzo per saziarla almeno un po'.
Adesso c'è il satellite e il digitale terrestre, l'anticipo e il posticipo, i gol su internet e le dirette sui siti pirata dell'estremo oriente. Per questo, ora che la Rai pensa a risparmiare, Novantesimo Minuto sembra non avere più senso. Ma è inutile: quando sparirà, sarà un pezzo di noi a sparire. Come il giorno dopo la fine di Carosello.
Ps: vi va un quiz da calciofili ottantologisti? Sapreste riconoscere i dodici volti della foto in alto? Mettete in un commento la vostra risposta
Fantastici quegli anni (anche perché il Toro era al suo posto).
RispondiEliminaI 12 nell'ordine sono: Necco (che faceva anche l'inviato ed il corrispondente da Napoli per la cronaca del tg), megariporto Strippoli, Carino da Ascoli, Vasino (anche lui corrispondente per il tg2), un Bisteccone ancora discretamente in forma, Maffei (con una parte anche ne L'allenatore nel Pallone), Valenti (tifoso della Fiorentina), Giannini, il povero Pasini, Bubba (anche lui corrispondente da Genova per il tg nazionale), Sposini e Castellotti (più simpatico del filogobbo Barletti)
Filippo
And the winner is... Filippo (e io che lo credevo un quiz complicato eheheh)
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