La home page della Apple, oggi |
Era il 1984, per la precisione il 24 gennaio. Nineteen-eighty-four cantavano gli Eurythmics, facendo il verso a George Orwell. Il futuro più terribile, fatto di grandi fratelli e di macchine volanti, non si era manifestato. Al limite c'era lo Space Shuttle, che partiva come un razzo, stava in orbita e atterrava come un aereo. Per noi italiani il concetto di computer era qualcosa di lontano e di enorme: macchine grandi come pareti, o quasi, con nastri magnetici e luci colorate. Le prime tastiere legate a uno schermo proiettavano lettere verdi su sfondo nero, con chiavi di accesso difficili da comprendere per i non-nerd. Sempre uguali, luminose al punto da bucare gli occhi.
Era il 1984, il 24 gennaio, quando Steve Jobs salì sul palco di una hall in California, davanti agli impiegati e agli azionisti della Apple, azienda fondata nel garage di casa Jobs otto anni prima e quotata in borsa dal 1980. Salì e iniziò la prolusione citando una canzone di Bob Dylan: "For the loser now will be later to win". Per il perdente di oggi verrà il giorno della vittoria più tardi. Al centro del palco, sotto un telo, c'è il Macintosh. Steve Jobs leva il telo e infila un floppy disc nella sua creatura. E il Macintosh comincia a parlare, e a presentarsi da solo, con una frase: «Non fidatevi di un computer che non potete sollevare». Sotto quel telo, c'è la nuova era dell'informatica: un computer piccolo e multifunzionale che tutti possono usare per fare quasi tutto, ovvero scrivere, impaginare, disegnare, senza aver bisogno di conoscere il linguaggio dei programmatori. E scegliendo i caratteri tipografici dei propri testi (Steve Jobs, nei pigri anni di università, aveva studiato anche calligrafia). Quel Macintosh aveva un mouse e una freccina che si muoveva sullo schermo. E ha segnato l'inizio, forse il vero inizio dell'era digitale.
Oggi il mondo piange Steve Jobs, scomparso a 56 anni per un tumore. E lo fa inviando su Twitter e su Facebook messaggi di cordoglio, probabilmente usando le sue creature, un iPhone o un iPad. Noi ci limitiamo a scrivere poche righe in sua memoria su un blog dedicato a una decade che anche lui ha reso grande. Usando un MacBook del 2006, naturalmente.
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