12 ottobre 2011

RUBIK E IL SUO CUBO


Nei giorni scorsi il web ha celebrato alcuni dei giochi targati “anni Ottanta” con un filmato che passava in rassegna quelli di maggior successo e la sequenza si apriva proprio con lui: il Cubo magico o Cubo di Rubik, dal nome del suo inventore, il professore di architettura nonché scultore ungherese Ernő Rubik.

Nella lontana primavera del 1974, nella sua casetta a Budapest, il buon Ernő ideò il prototipo che, a differenza del modello divenuto poi di successo, era di legno, monocolore e con gli angoli smussati. Dopo averlo modificato fino a renderlo come lo conosciamo noi oggi, l'anno successivo il professore affidò la distribuzione del suo gioiellino, battezzato Magic Cube, alla magiara casa produttrice di giocattoli Polithechnika. Nel 1980 la Ideal Toys Company acquistò i diritti per l'esportazione del gioco, che rinominò Rubik's Cube, cioè Cubo di Rubik, il quale in quello stesso anno si aggiudicò un premio speciale da parte della giuria del prestigioso Spiel des Jahres in Germania (l'unico solitario nella storia della manifestazione).

In un solo anno – il 1982 – ne furono venduti oltre 100 milioni di pezzi e Rubik divenne il cittadino più ricco del suo Paese. Ad oggi pare che sia il giocattolo più venduto della storia, con circa 300 milioni di pezzi all'attivo, tenendo conto anche delle immancabili imitazioni.

Ve lo ricordate sicuramente: nove quadratini colorati per ogni lato (per un totale di sei colori diversi), ognuno dei quali si può muovere sia in verticale che in orizzontale. Sono più di 43 miliardi di miliardi le combinazioni possibili («'sticavoli!!!» esclamerebbe un raffinato) ma solo una è quella corretta, che porta al risultato sperato: avere tutte e sei le facce dello stesso colore.

Che rimettere a posto tutti i pezzi e completare il cubo sia un'impresa non da poco lo dimostra il fatto che ancora oggi su Internet ci sono decine e decine di pagine dedicate a suggerire soluzioni del rompicapo, con spiegazioni dettagliate e video illustrativi.

Già nel 1980 un certo David Singmaster aveva inventato un metodo, detto “a strati”, che illustrava nel suo libro «Notes on Rubik's Magic Cube» mentre un anno dopo il dodicenne (dico...dodicenne!!!) inglese Patrick Bossert diede alle stampe la pubblicazione «You Can Do The Cube» vendendo in 365 giorni ben mezzo milione di copie.

Nello stesso periodo l'informatico Morwen Thistlethwaite dimostrò che era possibile riordinare il cubo con – al massimo – 52 mosse, mosse che, a distanza di quasi trent'anni, scesero a 26 secondo i calcoli di Gene Cooperman e Dan Kunkle.

52? 26? Forse 52...mila (per noi poveri mortali)! Anche se alcuni folli si sono impegnati nell'elaborare metodi risolutivi rapidi tramite algoritmi specifici, di certo non avrei mai vinto una gara di Speedcubing. Impossibile...a meno che uno non ricorra all'opzione più disonesta: staccare i quadratini colorati e riattaccarli con perizia fino a riformare lati dello stesso colore (ma anche solo staccare quei maledetti adesivi e riattaccarli correttamente, senza che nessuno si accorga del trucchetto escogitato, è un vero casino!). Eppure dei fenomeni esistono. Il giovane studente Minh Thai vinse il primo World Rubik's Cube Championship nel 1982 risolvendo il cubo in soli 22,95 secondi mentre l'attuale campione del mondo, lo scozzese Breandan Vallance, arrivò primo nella competizione del 2009 con una media di cinque risoluzioni in 10,74 secondi.

Io invece, dati i miei infruttuosi trascorsi, mi sento moralmente più vicina al detentore del record opposto, tale Graham Parker: costui è riuscito a impiegare ben 26 anni (per un totale di circa 27.400 ore spese) per risolvere il cubo, che aveva comperato nel 1983. Graham, hai tutta la mia solidarietà!

Se a differenza del povero Parker (e mia) qualcuno di voi si sente un mago di questa “disciplina” e volesse partecipare ai prossimi World Rubik's Cube Championship, deve fare in fretta: iniziano oggi a Bangkok (...non proprio dietro l'angolo!).


Nessun commento:

Posta un commento