31 marzo 2011

OTTANTA FACCE: KELLY LEBROCK



E basta prendere per i fondelli i maschietti famosi reduci dagli anni Ottanta e la loro inarrestabile decadenza. Kelly LeBrock, nel 1984, era La signora in rosso, film memorabile soprattutto per Gene Wilder e perché in una scena-icona, un soffio d'aria dal marciapiede le sollevava la gonna come a Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza. Nel frattempo aveva già prestato volto, corpo e capelli alle campagne pubblicitarie di Christian Dior e dello shampoo Pantene («Non odiatemi perché sono bella» era lo slogan).
Ora ha 51 anni e dal rosso è passata al nero. Che snellisce. Battute a parte, il peso è una delle costanti della sua carriera più recente. Nel 2005 ha partecipato al reality show americano Celebrity Fit Club, in cui star fuori forma accettavano di sottoporsi a un regime di dieta ferrea e costante esercizio fisico. Ma, dice Wikipedia, dopo la trasmissione ha riguadagnato quasi tutti i chili persi, salvo rimettersi a stecchetto per apparire così, in nero, sul red carpet. Il tappeto, almeno quello, è ancora rosso.

Sullo stesso tema

30 marzo 2011

KAREEM, LARRY, MAGIC. E DAN PETERSON



Prima di lui, prima di loro, pensavamo che la pallacanestro americana fossero gli Harlem Globetrotters, e che nessuna squadra sulla faccia della terra potesse battere quell'acrobatico quintetto che si faceva beffe di schemi e legge di gravità.
Prima di lui, prima di loro, il campionato professionistico di laggiù si pronunciava all'italiana, enne-bi-a, come faceva Aldo Giordani, voce e penna della palla al cesto nostrana sulla Rai e su Superbasket. Ed era una faccenda da incistati esterofili, che a quelli normali in fondo bastavano le sfide infinite tra la Billy e la Sinudyne, trasmesse a partire dal secondo tempo il sabato pomeriggio, e in Coppa dei Campioni si doveva battere la Jugoplastika.
Poi la tv commerciale si invaghì degli americani. E scelse lui, Dan Peterson, per spiegarli a noi illetterati. Gli appassionati conoscevano già quel piccoletto nato in Illinois, con la faccia da duro e la statura sproporzionatamente bassa rispetto ai cestisti che catechizzava a ogni timeout. Ma non avevano idea che il coach fosse in grado di portare a termine un'impresa incredibile: rendere la pallacanestro americana nazionalpopolare, con le sue classifiche strane fatte di percentuali e di squadre che si affrontavano tutte ma poi erano raggruppate in divisions, e nessuna retrocedeva mai, con i nomi tutti stranieri (ovviamente) e l'organo Hammond che suonava la carica e le cheerleaders e la mascotte vestita da pupazzo che gasava il pubblico.
Cominciammo a chiamarla èn-bi-èi, ovviamente. E a conoscere squadre e campioni. E soprannomi. Se dico Julius Erving, fate una smorfia perplessa. Ma se urlassi Doctor J? Sicuro, vi torna in mente almeno una sua schiacciata con la canotta dei 76ers di Philadelphia. E EarvingJohnson chi è? Ancora perplessità. Ma se lo chiamassi Magic? Anzi, tutto attaccato, Magic Johnson? Era quello che passava la palla a Kareem Abdul Jabbar. E Kareem, con i suoi occhialoni tenuti sulla faccia dall'elastico, faceva canestro con il gancio cielo.
Nei meravigliosi anni Ottanta della pallacanestro americana in Italia, o stavi con Kareem e Magic, o stavi con Larry Bird e Robert Parish, o meglio The Chief. O con i Los Angeles Lakers o con i Boston Celtics. Dal 1980 al 1990, 8 titoli su 10 sono andati a queste due squadre (5-3 per i Lakers e tre finali una contro l'altra). E in mezzo a loro la voce fuori campo era di Dan Peterson. Che raccontava aneddoti e schemi, e quando Magic inventava un assist dietro la schiena urlava “Uuuuuuuuhhhh”. E quando Bird segnava il canestro del +15 per Boston a due minuti dalla fine, sentenziava: “Mamma, butta la pasta”.
Oggi che è il 2011, la Nba ha quasi più spazio della pallacanestro italiana, sulle pagine del quotidiano sportivo con la carta rosa. E il Forum di Assago, grande e semivuoto quando gioca Milano in campionato, si è riempito in prevendita e in un paio d'ore, quando sono venuti a giocare in Italia i New York Knicks, lo scorso autunno. In meno di trent'anni, un mondo sconosciuto è diventato un punto di riferimento per gli appassionati. Grazie a Magic, Bird, Kareem, alle partite su Canale 5 di allora. E grazie a Dan Peterson. Che, a proposito, quest'anno è tornato ad allenare. E chissà se lo dice anche nei time out “Mamma butta la pasta”...





E se volete godervi il racconto di quegli anni, leggete qui. Scrive Dan, il coach

29 marzo 2011

OTTANTOLOGY FOR TRIO MEDUSA



Oggi chiediamo un piccolo aiuto. Potremmo farvi credere che si tratti di una causa utile, magari un caso di censura, una di quelle campagne per cui si radunano 100mila persone in piazza (250 secondo la Questura, 13 secondo il giornale di riferimento di quelli contro cui si protestava). Ma non lo è. Il Trio Medusa rischia di non andare più in onda per una scommessa delle loro: o abbiamo 100mila fans sulla nostra pagina Facebook entro il 4 aprile, hanno detto, o chiudiamo la nostra trasmissione in radio. Che si intitola Chiamate Roma Triuno Triuno e anima le frequenze di Radio Deejay dalle 7,15 alle 9 dal lunedì al venerdì.

Ottantology non immagina perché ai tre zozzoni sia venuta quest'idea: forse detestavano l'idea di avere meno fans di Brunetta, o forse sperano di perdere per smettere di svegliarsi all'alba. Ma, nel suo piccolo (di fans su Facebook noi ne abbiamo meno di 50...), ha deciso di spendersi. In fondo hanno cominciato a trasmettere da ragazzi, coprendo le frequenze di Radio Maria a notte fonda con le sigle dei cartoni animati. E un giorno all'anno prendono possesso di Radio Deejay per rivoluzionare il palinsesto e, con la (buona) scusa di raccogliere fondi per beneficenza, per mettere solo ed esclusivamente musica anni Ottanta.

Insomma, se siete arrivati qui e avete letto fin qui, ora passate dalla loro pagina Facebook. E cliccate “mi piace”. (Se poi vi scappasse di cliccare “mi piace” anche sulla nostra...)

28 marzo 2011

DIECI COSE, COME SAVIANO




Ah, le classifiche. A noi che abbiamo comprato almeno una volta Cuore in edicola, sono familiari senza che ce le rendesse tali la trasmissione di Roberto Saviano e Fabio Fazio (che guarda caso aveva tra gli autori Michele Serra, ex direttore di Cuore). Lì c'era una pagina ogni lunedì, con l'ordine delle cose per cui vale la pena vivere, secondo i voti dei lettori. Poi Saviano ne ha scelte dieci e le ha messe nero su bianco. Nel suo elenco, ci sono la mozzarella, una nuotata al mare e un gol di Maradona (mentre sul maxireferendum di Cuore il duello in testa era tra l'amore e la figa). Comunque, a tutti è tornata la voglia di classifica. Anche a me, ovviamente. Così ne ho fatta una che Saviano non potrebbe mai fare, semplicemente perché, negli anni in cui io usavo la gommina Simmons sui capelli, lui usava il Lasonil sui lividi che si faceva giocando all'asilo. Insomma, ecco le dieci cose per cui è valsa la pena vivere negli anni Ottanta.

Aver visto in diretta l'urlo di Tardelli e la pipa di Pertini al Bernabeu, nell'estate in cui tutti cominciarono a tenere in casa una bandiera tricolore
Aver imparato da Gorbaciov a smettere di credere ciecamente in un'ideologia
Aver imparato il valore della libertà dai ragazzi che hanno preso a picconate il muro di Berlino e da quelli che stavano in piedi, disarmati, davanti ai tank, dalle parti di piazza Tienanmen
Aver temuto le peggiori guerre, e non averne vista nessuna
Aver visto Madonna nel video di Like a Virgin passato da Deejay Television su Italia Uno (e quindi aver visto Gerry Scotti con i capelli, Albertino con il codino, Jovanotti che cantava Gimme Five). E aver ascoltato in diretta tv Madonna che parlava italiano al concerto di Torino: “Siete caldiiiiiiiii? Ànch'io...” con l'accento sulla a.
Il Live Aid e la sensazione che fosse importante battersi contro la fame nel mondo, la droga, l'aids, l'apartheid (non è forse vero che adesso pippare e dire cose razziste è quasi socialmente accettabile?)
Aver cantato a squarciagola “le serenate all'istituto magistrale nell'ora di ginnastica e di religione” sul sedile dietro di un bus diretto in gita scolastica
Aver visto nascere gli U2, i Depeche Mode, Vasco, la Smemoranda, i manga, Pacman, Tetris e Super Mario, e aver capito già allora che non sarebbero tramontati facilmente
Aver imparato a memoria versi di Gibran e di Jim Morrison, di Baudelaire e di Michael Jackson, di Dante e di Venditti, mischiando sempre “alto” e popolare
Aver scritto emozioni con le penne colorate sul nostro diario o su quello degli amici, o con l'Uniposca sullo zaino Invicta, che allora mica c'era Facebook, e neanche i blog, e neanche internet

27 marzo 2011

LA GUIDA TV DI OTTANTOLOGY

Da oggi debutta la rubrica domenicale di Ottantology, con cui cercheremo di darvi indicazioni spicciole sui programmi tv della settimana, che ci ricordano i nostri amati anni Ottanta.

TERRESTRE & DIGITALE
La7. Alle 2,25 per i nottambuli (ma vale programmare le registrazioni) le repliche di MacGyver.

SATELLITE
Fox Retro (canale 132 del bouquet Sky). È ovviamente una miniera di ricordi a tutte le ore del giorno: segnaliamo giovedì alle 21 una doppia puntata delle Charlie's Angels.
Man-Ga (canale 149 del bouquet Sky). La sequenza della settimana in prima serata vede, a partire dalle 20, la seguente raffica di cartoni giapponesi: Mimì (sì, la pallavolista), Lamù, Sampei, L'uomo tigre e Ken il Guerriero. Attenzione alle varie repliche sparse nell'arco della giornata.
Cool Toon (canale 148 del bouquet Sky). Alle 19,30 da lunedì a venerdì c'è Gigi la Trottola. Anche qui le repliche si sprecano nel corso della giornata.
Lady Channel (canale 135 del bouquet Sky). Alle 15, ma anche alle 19 di ogni giorno, le repliche della telenovela venezuelana Topazio, che Retequattro portò al successo nel 1989.
Comedy Channel (canale 122 del bouquet Sky). Alle 20,25-20,30 ogni sera il Benny Hill Show, come ai tempi del Drive In.

26 marzo 2011

LA SUPERCLASSIFICA DI OTTANTOLOGY


(Classifica basata sul numero di ascolti complessivi delle canzoni della mia playlist su iTunes dedicata agli anni Ottanta, impostata in rigorosa modalità random. Quindi, in fondo, è la classifica di un software. O del caso, fate voi)

TOP TEN
1 Things can only get better – Howard Jones (1985)
2 Kiss – Prince (1986)
3 Never gonna give you up – Rick Astley (1987)
4 Change – Tears for Fears (1983)
5 Rumors – Timex Social Club (1986)
6 Don't leave me this way – Communards (1986)
7 Breakout – Swing out sister (1987)
8 The politics of dancing – Re-Flex (1983)
9 Send my heart – The Adventures (1984)
10 Love is love – Culture Club (1985)

DISCHI CALDI
11 Love and Pride – King (1984)
12 Purple Rain – Prince (1984)
13 It hurts – Lotus Eaters (1985)
14 Rio – Duran Duran (1982)
15 P-Machinery – Propaganda (1985)
16 Wild wild life – Talking Heads (1986)
17 Imagination – Belouis Some (1985)
18 Each time you break my heart – Nick Kamen (1986)
19 Material Girl – Madonna (1985)
20 Gimme hope Jo'anna – Eddy Grant (1988)

(Che poi non ho inventato nulla. Luca Sofri - MicaPizza&Fichi - lo fa da anni...)

25 marzo 2011

OTTANTA FACCE: TONY HADLEY

 
Se schifavi i Duran Duran, negli anni Ottanta probabilmente ascoltavi gli Spandau Ballet. I giornali non usavano mezze misure: dopo la rivalità tra Beatles e Rolling Stones, eccone un'altra. Un paragone che, a ben pensarci, getta un'ombra cupa sulla nostra decade preferita.
Ma non divaghiamo: quello a sinistra è Tony Hadley, icona di eleganza e sogno d'amore di centinaia di quindicenni (mia moglie, per dire, aveva il poster degli Spandau ancora appeso sul retro dello sportello di un armadio nel 1996). Quello a destra, invece, non è un simpatico bancario londinese, incontrato al pub il venerdì alle sei, mentre festeggia il giorno di paga all'happy hour con un paio di pinte. Quello è ancora Tony Hadley, più o meno adesso, che di anni ne ha quasi 51. Se volete una versione ancora più recente, guardate il video dell'ultimo singolo di Caparezza. Lui è quello che canta il ritornello, Goodbye Malinconia, MP&F (mica pizza & fichi). Voce inconfondibile, impeccabile come sempre in giacca e cravatta, con lo sguardo rivolto verso il domani. Manca solo il ciuffo. E un bel po' del sex appeal che aveva fatto innamorare le ragazzine.
E comunque, se mi avessero detto nel 1985 che il cantante degli Spandau Ballet avrebbe fatto il vocalist per un rapper italiano, avrei pensato: fantasie. Il punto è che la realtà la supera, la fantasia. Quasi sempre.

24 marzo 2011

INTANTO I DURAN DURAN E DAVID LYNCH...


Più o meno mentre il post con la foto di Simon Le Bon ieri e oggi vedeva la luce sul web, su un canale Youtube dedicato si trasmetteva il concerto da San Francisco, Usa, che lancia il nuovo disco dei Duran Duran negli States, e non solo. Le riprese del concerto, in rigoroso bianco e nero? Di David Lynch, quello di Laura Palmer e di Twin Peaks (ma anche di Elephant Man e Mulholland Drive, con Palma d'Oro a Cannes inclusa). E se guardate i trends di Twitter di oggi, i Duran Duran ci sono, manco fossimo nel 1985 a Milano.
E io che li prendevo in giro come una reliquia del passato...

(Nel video, All you need is now, il primo singolo del nuovo album, che porta lo stesso nome)

OTTANTA FACCE: SIMON LE BON


Che ci fa Simon Le Bon vicino al fratello di Kabir Bedi? Premessa sbagliata, perché quello a sinistra è Simon Le Bon, ovviamente, fotografato più o meno a metà degli anni Ottanta. Ciuffo ossigenato, sguardo di ghiaccio, zigomi evidenziati dal fondotinta, nessun dettaglio lasciato al caso, dalla sciarpina al colletto finto disordinato.
Il punto è che anche quello a destra è Simon Le Bon, ritratto pochi giorni fa durante un'intervista negli studi di Radio Deejay. Quindi tornato sul luogo del delitto (i Duran Duran sarebbero stati così popolari in Italia senza Deejay Television?). Ha trent'anni di più, i capelli di un colore serioso (non azzarderei naturale...) e un sorriso sereno che fa sputare fuori dal viso un tot di rughette, quelle che la barba lunga consente di scorgere.
Potrei dilungarmi in filosofie sul tempo che scorre e in nostalgie sui giorni in cui bastava un ciuffo biondo per innamorarsi perdutamente di un'icona. Ma anche no. Una domanda, però, ve la lascio: sposereste ancora l'ormai 53enne Simon Le Bon? Domanda inutile peraltro: lui è già sposato, dal lontano 1985, con Yasmin, fotomodella. Non male, per una pop star.

Ps: che poi i Duran Duran erano a Radio Deejay (dalla cui pagina Facebook arriva la foto a destra: grazie) per presentare il nuovo disco. Sono rimasti in tre, ma questa è storia per un altro post...

23 marzo 2011

A PROPOSITO DI FONZIE


Fonzi il capo degli stronzi”. C'era scritto così, testualeletteraleerroricompresi, sul banco del mio vicinodibanco, in prima media. Ignoro se lo avesse scritto il ripetente con i capelli rossi che giocava a fare il duro di dodici anni compiuti. Invece so che non ero d'accordo. Arthur Fonzarelli detto Fonzie non era stronzo. Intanto, con quel cognome da immigrato, avrebbe avuto i suoi razzi anche, che ne so, a Mondovì o a Pizzighettone. Figuriamoci a Milwaukee. Invece lui si era fatto una posizione e aveva guadagnato rispetto. Era così sopra (sopra le righe, sopra la media, anche sopra il garage del signor Cunningham, dove gli avevano allestito un appartamento all'anima dell'abusivismo edilizio), da diventare un modello. E lo era anche per noi. Lui aggiustava i motori, noi truccavamo i motorini. Lui faceva partire il juke box con un cazzotto, noi spacciavamo cassette piratate dalla radio con le ultime hit. Ecco, diciamo che a noi non è mai riuscito di schioccare le dita e di essere circondati di ragazze. Ma non eravamo mica Fonzie. Lui sì.
Il problema, passando alla vita reale, è che quando un personaggio è così personaggio, è impossibile affrancarsene, per l'attore che lo interpreta. (Esempio? Vi dico “è morto Gary Coleman” e non sapete chi è. Ma se vi dico “è morto Arnold”...)
Non a caso Henry Winkler, dopo Fonzie (l'ultima puntata di Happy Days è stata girata nel 1984), lo si è visto poco (ma ha vestito spesso i panni del regista). E, nel caso lo si fosse visto, immaginatevi un coro planetario di voci di sottofondo: “Guarda, Fonzie...” A me sono serviti quasi trent'anni per rivederlo. E, anche se era vecchio e il giubbotto di pelle, che gli avrebbe fatto difetto sulla pancia, lo aveva venduto su eBay, l'ho visto e ho detto: “Guarda, Fonzie...”, anche se di carattere non gli somigliava per niente.
Se siete feticisti come me, tenete d'occhio le repliche di due serie tv. Nel telefilm Crossing Jordan (poliziesco-medico con un'anatomopatologa – una che fa autopsie, insomma – come protagonista, visto su La7 e Fox) compare nei panni di un supervisore inflessibile, pedante e polemico. Ha giacca, cravatta, capelli bianchi e faccia arcigna. Nel telefilm Numbers (altro poliziesco in cui un matematico aiuta con gli algoritmi le indagini della Fbi, su RaiDue e ancora Fox) è un agente federale alle soglie della pensione, ancora una volta arcigno, inflessibile e con un comportamento che sembra irreprensibile ma non lo è.
Insomma, due telefilm e due parti da stronzo. Che avesse ragione il mio compagno ripetente?

22 marzo 2011

SOTTO IL VESTITO NIENTE (RENÈE)



Correva l'anno 1985 e solo i pochi fortunati che avevano già compiuto 14 anni potevano mettersi in fila al cinema e sperare che quel titolo mantenesse le promesse. Non c'erano dubbi, a leggere lo slogan scelto dai fratelli Vanzina: Sotto il vestito niente. E siccome era il "niente" di Renèe Simonsen, top model danese che, negli anni del boom degli stilisti era un'icona quanto loro, quel film fece il pieno al botteghino. Che poi tutti restarono un po' delusi. Noi quindicenni, che conquistammo mezza inquadratura topless e nemmeno della protagonista in 88 minuti di proiezione. E gli adulti cinefili, che speravano in un thriller anche un po' sociale e invece s'imbatterono in un "pasticciatissimo giallo parapsicologico con timide incursioni nel softcore", come scrive Paolo Mereghetti nel suo Dizionario dei film (voto una stella, il minimo).
Ora che le top model in giro per Milano sono magrissime, giovanissime e anonime, torna il film con lo stesso titolo, gli stessi registi e un omicidio a mettere una goccia di sangue in una trama che chissà se avrà sesso solo nel titolo. Lo scenario sarà di nuovo quello del mondo della moda. La protagonista sarà Vanessa Hessler (chi? Vanessa Hessler. Chi? Vanessa Hess... vabbè, quella a destra nella foto, come se fosse necessario spiegarvi quale delle due acconciature nella foto appartenga agli anni Ottanta). Ci sarà anche Francesco Montanari, alias Libano nel Romanzo Criminale di Sky. Praticamente dalla Magliana a via Della Spiga, mp&f (mica pizza & fichi).
Però a noi che del presente importa poco ma del passato sì, interessa un solo dettaglio, della presentazione fatta poche ore fa della pellicola. Che fine ha fatto Renèe Simonsen? «È ancora molto bella» ha spiegato Carlo Vanzina. «Dopo i due film che fece con noi lei, che era fidanzata con John Taylor dei Duran Duran (ossignùr, John Taylor, troppo anni Ottanta... ndb), si lasciò, ebbe una crisi e andò in un kibbutz, per dimenticare questo mondo di rockstar e di droga. Poi tornò nel suo paesello danese e si rimise insieme a un suo ex fidanzatino: hanno avuto dei figli. Una bella storia».

Ps: per la rubrica chissene, si narra che Vanessa Hessler sia stata fidanzata con il figlio calciatore di Gheddafi, quello che giocò (pochissimo) nel Perugia e nell'Udinese

21 marzo 2011

MICA PIZZA & FICHI

Cominciamo dal principio? Piacere, siamo Elisabetta e Giampiero. O meglio, Betta e Canna. Lei aveva dieci anni nel 1985, lui 15. I conti su quanti anni abbiamo adesso fateli voi, che a noi mette l'ansia. Quell'ansia di avere un'età da persone mature, con famiglie, lavori seri, responsabilità e un ruolo ben definito negli ingranaggi della società. Ma nel contempo di avere, prigioniera di questa sovrastruttura, una testa da perenni adolescenti, tendente al bambino.
Questione di ricordi, e di emozioni mai sopite. E così ci capita di sobbalzare quando vediamo un trenino Lima o un Cicciobello (magari mentre ci giocano i nostri figli, argh!). Oppure precipitiamo in tachicardia ormonale quando sentiamo Save a Prayer o Careless Whisper che in terza media fu il nostro primo corpo a corpo (si chiamava lento, ma non è il caso di conferirgli dignità di ballo...) O ancora finiamo in cortocircuito guardando Fonzie vecchio e un po' stronzo, nei panni del cattivo di un telefilm di adesso. (Ed è inutile provare a chiamarlo per nome e cognome, che lui è Fonzie; al limite, volendogli dare una dignità da anagrafe, Arthur Fonzarelli. A proposito, ma si è mai sentito un italiano di cognome Fonzarelli? Vabbé, qui si sta divagando...)
In breve, ci sta scoppiando la testa, sottoposti ogni santo giorno a stimolazioni emozionali senza precedenti che ci riportano indietro, indietro, indietro. L'ultima goccia è stata veder tornare la Girella sugli scaffali dei supermarket. La Girella, assoluta meraviglia. Bella da vedere, con quella spirale ipnotica, e golosa da pazzi, con la crosticina di cioccolato che si appiccicava alle dita e poi bisognava leccarsi per bene. Non è tornata solo la merendina (e fanculo al salutismo e ai grassi idrogenati che poi si appiccicano ai fianchi). Son tornati anche Toro Farcito e il Golosastro che, come c'era scritto sullla pubblicità a fumetti del Topolino, “è in agguato”. In agguato dal 1970 e qualcosa e senza mangiare uno straccio di merendina: che vita di palta...
E comunque, dopo questa abbiamo ceduto. Strisciando da Enzo, che fa l'editore e nel 1985 aveva tredici anni, gli abbiamo chiesto di lasciarci scrivere un libro. Enzo, che è buono come la Girella, ha detto di sì. Con il libro (che avrà la Girella nel titolo, per forza) ci vediamo in autunno, ma nel frattempo, perché la testa non scoppi, di anni Ottanta (ma anche un po' Settanta, e anche un po' Novanta) cominciamo a parlare qui. E ogni spunto, ricordo, memoria da consegnare alla carta stampata sarà la benvenuta. Seguiteci. Qui, su Facebook, su Twitter. E sentitevi liberi di scriverci, condividerci, criticarci, e soprattutto aiutarci perché nessun dettaglio vada perduto e lo si possa consegnare alla memoria duratura.
Perché quello che nascerà è un libro di storia. Solo che, invece di Bismarck e Cavour, troverete Falco e i Righeira.
Mica pizza & fichi.

20 marzo 2011

MENO UNO...

E quindi è domani? Cioè il primo post vero di Ottantology è la prima cosa che uno potrebbe vedere arrivando al lavoro, dopo la mail, facebook, twitter, il sito di gossip, l'altra casella mail, le news sportive sulla Gazzetta, la chat con l'amica della palestra... cioé più o meno a dieci minuti della pausa pranzo?

19 marzo 2011

MENO DUE...

Su su, ancora il tempo di un weekend, due aperitivi, tre o quattro repliche di Love Boat su Dvd e ci siamo...

18 marzo 2011

MENO TRE...

Saremo online da lunedì. E voi sarete pazienti? Del resto è dal 31 dicembre 1989 che aspettate che tornino gli anni Ottanta...