Blissett Luther è nato a Fairmouth, in Giamaica, il 1 febbraio 1958. Terra di musica e mare, negli anni Ottanta aveva cominciato a esportare grandi calciatori nel Regno Unito. Negli stessi anni in cui un giovanissimo Blissett veniva notato dagli osservatori del Watford, squadra di una città alla periferia Nord di Londra, insieme a lui sbocciava il talento di un altro giovane giamaicano, John Barnes. Entrambi vennero naturalizzati inglesi e resi eleggibili per la Nazionale dopo i clamorosi risultati ottenuti con la maglia gialla e rossa del Watford: due promozioni consecutive, dalla terza alla prima divisione, e nel 1982-83, alla loro primissima stagione nel massimo campionato inglese, chiusero al secondo posto, dietro al Liverpool (la futura squadra di Barnes). Blissett fu il capocannoniere con 27 reti.
Su di lui si gettò un Milan assetato di riscatto, convinto anche dalla tripletta che il centravanti segnò all'esordio nella Nazionale inglese, contro il Lussemburgo. I rossoneri avevano chiuso vincendo il secondo campionato di serie B in tre stagioni. L'allora presidente Giussy Farina sborsò un milione di sterline al Watford, per quello che sembrava uno dei colpi del mercato estivo. Non lo fu. I due allenatori stagionali rossoneri (prima Ilario Castagner, poi Italo Galbiati) puntarono sempre su di lui, che finì per giocare trenta partite su trenta in campionato e sette in Coppa Italia. Ma i gol furono appena cinque in serie A e uno in Coppa. Il Milan finì lontano dalla vetta, fuori anche dalla zona Uefa, e Blissett fu rispedito al Watford, che lo pagò la metà di quanto aveva incassato. Lasciò l'Italia con una frase: «Non importa quanti soldi hai in tasca, laggiù i Rice Krispies non si trovano». Più seriamente, si è lamentato dello stile di gioco italiano, più che dei fischi, in un'intervista a L'Unità nel 2009: «Che si affrontasse la prima o l'ultima si giocava sempre allo stesso modo. Nessuno parlava inglese se non Franco Baresi, colui a cui sono rimasto più legato. Chiesi di andarmene: i soldi contano, ma non se sei triste». E il primo incontro con il presidente Farina? «Fu nella sua villa a Vicenza, piena di statue e affreschi. Si presentò a camicia aperta sul petto. Sembrava un film di Scorsese e mi chiesi quando avrebbe tirato fuori la pistola».
La sua carriera non tornò più agli splendori di prima: al Watford rimase fino al 1988, per poi passare al Bournemouth, tornare al Watford nel 1992 e chiudere con il calcio giocato nelle serie minori. Appese le scarpette al chiodo, passò alla carriera di allenatore, entrando nello staff tecnico (indovinate un po'?) del Watford. Ne uscì nel 2001, ancora una volta per problemi legati all'Italia, nel senso che fu il neoallenatore Gianluca Vialli a decidere che non serviva più. Ora alterna la guida di piccole squadre dilettantistiche (fino a marzo l'Hemel Hempstead) a quella di una scuderia automobilistica, la sua nuova passione. Il suo sogno? Partecipare a una 24 Ore di Le Mans. Nel frattempo, vive nella periferia nord di Londra, con la moglie di 25 anni più giovane e i due figli. Nel 1994 un collettivo di artisti si presentò al mondo, e firmò il best seller Q, usando il nome Luther Blissett. Un omaggio di cui non hanno mai spiegato la ragione.
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