07 ottobre 2012

È MORTO CLAUDE PINOTEAU, NON IL TEMPO DELLE MELE

Sophie Marceau e Claude Pinoteau nel 1982

Ci sono film che non ti leverai mai di dosso. Il tempo delle mele, per esempio, ha condizionato una generazione di adolescenti: quelli di sesso femminile, che sospiravano per le pene d'amore della giovanissima Vic, così simili alle loro, e quelli di sesso maschile, che sbuffavano perché gli toccava proprio quel film corretto melassa, pur di accompagnare fuori la ragazzina dei sogni (ma poi, con un occhio, guardavano lo schermo e annotavano qualche tattica per fare colpo).
E poi ci è capitato di rivederlo, magari in preda a un attacco di nostalgia. E abbiamo scoperto i dettagli che non avevamo colto abbastanza: lo splendore del personaggio della nonna, quel papà e quella mamma così distratti e presi dai problemi che magari somigliano un po' a noi oggi, Vic che ci sembrava bellissima ed era un anatroccolo non ancora cigno, i suoi amori che vi sembravano da sogno ed erano, come dire, così così, eppure capiano ancora perché facevano battere il cuore...
Ieri, all'età di 87 anni, è morto Claude Pinoteau, il regista di quel piccolo-grande capolavoro (come lo sono spesso le opere che non vogliono fare colpo sui critici o spostare più in là i confini dell'arte, ma semplicemente parlano il linguaggio semplice dell'anima). Gli dobbiamo molto: quel film, anzi quei film visto che Il tempo delle mele 2 ebbe lo stesso successo, la scoperta di Sophie Marceau, quella solo qualche anno prima di Isabelle Adjani (ma in Italia lo ricordano in pochi). I suoi lavori non passeranno mai nelle rassegne d'essai, ma non saranno dimenticati, e non solo da noi ottantologisti. Claude Lelouch, di cui fu assistente, lo ha ricordato così: «Un uomo perfetto, un formidabile assistente, un formidabile regista, un gentleman». Sophie Marceau fu scelta per il ruolo alla fine di un casting eterno che passò in rassegna quasi 4mila adolescenti, cercati per licei e centri sportivi di mezza Francia: lei si era presentata con il padre. E Pinoteau ebbe l'intuizione di puntare sul suo fascino acerbo. Aveva già capito che sarebbe diventato fascino maturo. Con l'altrettanto charmante Isabelle Adjani era accaduto lo stesso nel 1974, quando la chiamò, appena diciannovenne, per Lo Schiaffo.
Insomma, un grande professionista che parlava al cuore. E non è cosa da poco.

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