30 gennaio 2012

CENTO DI QUESTI TRENT'ANNI, RADIO DEEJAY

Come slogan hanno scelto "Tutti vestiti bene..." un dress code da feste importanti. Compiere trent'anni, per una radio nata a Milano ai tempi in cui le "radio libere" si stavano evolvendo in qualcosa di più strutturato, è un bel traguardo. Farlo dall'alto degli oltre sei milioni di ascoltatori medi al giorno, è sintomo di un successo, che noi ottantologisti abbiamo avuto il privilegio di seguire din dai primi passi. Tutto questo è Radio Deejay, che ha iniziato le sue trasmissioni il 1 febbraio del 1982 (trent'anni esatti mercoledì) e che domani sera festeggerà con una seratona al Forum di Assago, a Milano, con tutti i personaggi che hanno fatto la sua storia (e la storia di Deejay Television). Seratona i cui biglietti sono esauriti da giorni, tale è l'appeal di avere per una sera sullo stesso palco i protagonisti ancora in onda (Linus e Albertino, per citare due simboli dell'emittente) e quelli che hanno scelto altre strade per proseguire la loro carriera. Ovvero? Eccovi l'elenco...

Claudio Cecchetto. Lui, a dirla tutta, è il vero papà. Radio Deejay l'ha inventata nel 1982, cambiando nome a Radio Music. La frequenza era 99,700 nell'area di Milano, come ben sa chi ricorda lo stacchetto: "novantanovemilasetteceeento, radiodeejay-jay...". "In poche parole, tanta musica" era il motto. La leggenda vuole che lo staff (con a capo Dario Usuelli, ancora adesso responsabile del aprogrammazione musicale del network) partisse ogni due settimane per Londra per fare incetta di dischi. E che le case discografiche nostrane telefonassero agli studi per sapere i nomi di cantanti e gruppi. Poi però i disc jockey comparirono in onda, animando il palinsesto. Cominciò proprio lui a parlare, intervistando Larry Hagman, ovvero il Jr di Dallas. Poi toccò a Ronnie Henson, che parlava solo inglese (come solo straniera era la musica di Deejay, anche quando era italiana, come nel caso di Sabrina Salerno, Taffy, Tracy Spencer, i Via Verdi). E poi a Gerry Scotti, Linus, Albertino e gli altri. Finì tutto in malo modo nel 1994, quando Cecchetto cedette le ultime azioni in suo possesso al gruppo L'Espresso. In un'intervista a Mario Luzzatto Fegiz sul Corriere della Sera picchiò durissimo: «Prima che io fondassi Deejay mancava una radio dalla parte dei giovani. Ora manchera' di nuovo». La storia lo ha smentito e, solo pochi giorni fa, tra lui e Deejay è scoppiata la storica pace: Linus lo ha invitato in diretta a Deejay chiama Italia dopo che, per anni, il suo nome quasi non veniva nemmeno pronunciato. E alla grande festa del Forum ci sarà anche lui.
Gerry Scotti. Prima di diventare lo zio Gerry, lui era nostro cugino, in onda sulle frequenze di Deejay e nei pomeriggi di Italia 1, dagli studi di Deejay Television. Pur di andare in onda, e seguire la verve di Cecchetto in un mondo in crescita come quello delle radio private, rinunciò a uno stage negli Usa in regia televisiva, offertogli dall'agenzia pubblicitaria per la quale lavorava. Non fu una cattiva idea, se si pensa che dal 1983 un posto in tv non lo ha mai mollato, trasformandosi nell'erede designato di mostri sacri come Corrado o Mike Bongiorno. Uno zio, appunto. A Radio Deejay ha inventato il Premio Fedeltà, miniconcorso che vinceva l'ascoltatore più rapido a telefonare. A proposito, esiste ancora.
Linus. Vero nome, Pasquale Di Molfetta, cresciuto nell'hinterland milanese da famiglia pugliese, disc jockey in un manipolo di radio lombarde, prima di approdare a Radio Deejay nel 1984. E di metterci radici. Andava in onda la mattina, dalle 9 alle 12 e, nel 1991, s'inventò l'idea di aprire il suo contenitore all'interazione con gli ascoltatori. Battezzò la trasmissione Deejay chiama Italia, che va in onda da ormai 21 anni, raro esempio di longevità. Anche lui ha doti di talent scout, se è vero che il suo compagno di squadra Nicola Savino (Uds, uomo della strada nelle prime comparsate in onda) ora è conduttore di programmi di punta della Rai come L'isola dei famosi. Dall'addio di Cecchetto, della radio è anche direttore artistico. Ha scritto due libri, è tornato in tv come co-autore di un programma di Celentano e ha corso numerose maratone, parlandone assai anche in radio (da cui lo sfogo di Nicola Savino nello spot tv: «No, la corsa no...»).
Albertino. Vero nome, Alberto Di Molfetta, fratello minore di Linus e, come lui, con la musica e i dischi nel sangue. A sedici anni è già in onda di notte in una piccola radio di Cusano Milanino. Mentre studia alle superiori ha un posto di speaker a Radio Music. Nel 1984 Cecchetto chiama anche lui. E lui nicchia, dicendogli: «Non mi piace la musica che mettete». E poi entra nella storia dei gusti musicali nostrani. Mentre la radio sposa la new wave inglese, lui introduce la dance, la sua specialità ancora adesso. Deejay Time, la sua storica trasmissione del pomeriggio, parte nel 1985 e fa conoscere all'Italia la dance, il rap, la techno e la house. A Deejay Television, il suo spazio è la Deejay Parade, la classifica. Nel 1997 ha preso un premio dall'Accademia della Crusca, per la sua dote di saper parlare con il linguaggio dei giovani. È sua la voce di Marco Ranzani, il milionario con il Cayenne di Zelig.
Kay Rush. O Kay Sanvdik, cognome del suo patrigno (che ha definitivamente abbandonato anche per la legge qualche anno fa): americana del Wisconsin, ma con origini giapponesi (da parte di madre) e svizzero-tedesche (da parte di padre), era arrivata in Europa giovanissima, abbandonando gli studi universitari in letteratura. A Parigi lavorò da modella, a Milano come disc jockey e pr di discoteche. Quando Cecchetto la notò, prima la mise in regia come tecnico della radio, poi la portò davanti alla telecamera per Deejay Television. Perfettamente bilingue (ma parla anche spagnolo e francese), era la specialista delle interviste alle star internazionali. E adesso? È appassionata di yoga è alpinismo (ed è la testimonial della Valle d'Aosta), è sommelier (ma anche vegetariana), ha pubblicato due romanzi e in radio c'è ancora, ma è Radio Montecarlo. Dodici compilations portano il nome suo e della sua trasmissione, Unlimited. L'ultima è uscita pochi mesi fa.
Fiorello. Rosario di nome, e Fiorello di cognome, era poco più di un ragazzo quando consentì all'emittente siciliana Radio Marte di Augusta, la sua città natale, di conquistare un record: 70 ore consecutive di diretta con lo stesso speaker, lui. Poi, per undici anni, fu la star dei villaggi turistici della Valtur, nel ruolo di star dello staff di animazione. In rete circola una foto del 1981: lui in canotta e Claudio Cecchetto in jeans, attorno a un pentolone con un finto polipo, al villaggio di Brucoli. Fu un aperitivo di quel che accadde nel 1988: con la mediazione del fratello di Jovanotti, che nel villaggio era l'istruttore di tiro con l'arco, ottiene un provino con Claudio Cecchetto a Milano. Finì per trasferirsi lassù, con la sua verve in valigia. La coppia con Marco Baldini (quello bello degli ultimi spot Infostrada) nacque nel 1991, in Viva Radio Deejay, di cui il successone di pochi anni fa di Viva Radio Due è il nipotino. Il resto, dal karaoke di Italia 1 al botto di audience con l'ultimo show in prima serata, è quasi leggenda.

Amadeus. Vero nome Amedeo Sebastiani, siciliano di famiglia e veronese di adozione, aveva una passionaccia per il mondo dello spettacolo, che lo portò a sei ore di anticamera in un atrio di hotel, pur di incontrare il patron del Festivalbar Vittorio Salvetti. Fu la scusa per farsi portare all'Arena, dove insieme alle popstar c'era Claudio Cecchetto, a cui aveva mandato provini probabilmente cestinati. Si agganciarono a vicenda, e Amadeus fu disposto a mentire pur di ottenere un posto in palinsesto: disse di vivere a Milano. Invece abitava a Verona e tutte le mattine si svegliava prima dell'alba per andare in radio con il treno. Era il 1985. Fece in tempo a esordire in tv in Deejay Television nel 1989 e a condurre anche una trasmissione in coppia con Fiorello, prima di seguire Cecchetto nella diaspora del 1994. Ma ormai era il presentatore del Festivalbar e una star della tv.

Jovanotti. Radio Capital adesso è un'emittente che alterna uno sguardo serio sulla cronaca e strizza l'occhio alla musica di qualità di ogni tempo. Ma quando Cecchetto la fece sua, nel 1989, affidò i microfoni dell'inaugurazione a un giovane rapper che arrivava da Roma e che si era già fatto notare in tv e a Deejay Television e a Mtv. Lorenzo Cherubini era il nome all'anagrafe, Jovanotti (pare dovesse essere Joe Vanotti ma sbagliarono i manifesti di una serata e restò così...) quello per il grande pubblico. Cecchetto, che sapeva fare spettacolo vendendo camion di dischi (dagli 883 ai Via Verdi), se ne era innamorato. Dopo anni a casa Deejay, seguì il suo mentore a Radio Capital, ma all'epoca (era il 1994) aveva già quattro album, un festival di Sanremo e una conduzione di Fantastico con Pippo Baudo all'attivo. Ora non dice più Gimme five, ma sa come farsi ascoltare.

Nessun commento:

Posta un commento