18 aprile 2013
LE GNOCCHE DELLA MUSICA ANNI OTTANTA - DECIMA ELIMINATORIA
Ok, ok, è la settimana delle italiane e qui c'è una nata a Londra e una nata a New York. Ma senza la premiatissima scuderia di Claudio Cecchetto, che nel "nostro" decennio era una fabbrica di matricole e di meteore, e senza la Milano di quegli anni, Tracy Spencer e Taffy non sarebbero mai esistite, e non ci avrebbero fatto ridere e sospirare di nostalgia in un paio di versi di una canzone di Natale di Elio e le Storie Tese e Jovanotti.
Tracy Spencer è quella di Londra. Classe 1967, era una vera teen ager quando sbarcò in Italia, a metà degli anni Ottanta. Prima un paio di comparsate nei film (tra cui il cult L'allenatore nel pallone con Lino Banfi: lei era una tifosa sugli spalti del Maracanà di Rio de Janeiro, dove mister Oronzo Canà pescò il bomber triste Aristoteles), poi la musica. E quel singolo, Run to me, che la portà in rapida successione in testa alla classifica dei 45 giri e alla vittoria nel Festivalbar. Era il 1986 e aveva 19 anni. Poi un album, con un secondo singolo scritto da Ivana Spagna, e poi quasi basta. Al Festivalbar del 1987 non lasciò il segno e nel 1988 era già tornata a Londra: i suoi dischi non avevano valicato la frontiera di Chiasso, a differenza di altri capolavori dell'italian dance. E con il palcoscenico ha quasi detto basta. Quasi, perché si è sposata con un produttore discografico conosciuto ad Amburgo e ora fa la mamma di due bimbe e lo aiuta a scovare talenti, ovvero a fare quello che Cecchetto ha fatto per lei. Chi l'ha vista in tv di recente (ha fatto passerella anche lei da Carlo Conti, per esempio) sa che è ancora una bellissima ragazza.
Taffy invece è il nome d'arte della newyorkese Katherine Quaye. Anche lei arrivò in Italia giovanissima, per fare la modella nella Milano da bere. E poi, dopo un singolo di scarso successo nel 1982, finì nella scuderia di Claudio Cecchetto, corista di Sandy Marton e poi solista con I love my radio nel 1985. Fu un successo in Italia e in Germania e poi, nel 1987, anche in Gran Bretagna, dove però cambiarono il testo, nella parte in cui parlava del deejay che trasmetteva dopo mezzanotte, perché lassù non lo faceva nessuno. Fu l'unica vera hit, bissata solo parzialmente da Once more e Step by step. Da lì in avanti basta classifiche, ma non basta musica: da vocalist in produzioni techno o da produttrice, tra Europa e Stati Uniti, ha continuato a occuparsi di dischi. Noi però dimenticheremo a fatica il suo appeal molto black. E anche la pettinatura a crestona che sfoggiava in alcune esibizioni.
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