04 febbraio 2013

SUPERBOWL, NEL 1981 LA PRIMA DIRETTA IN ITALIA

Joe Montana nel Superbowl del 1982

Avevamo appena capito le regole del rugby, e forse nemmeno tanto bene, a forza di ascoltare le sintesi di Mirko Petternella alla domenica sportiva e di Paolo Rosi, in quelle rare volte in cui una partita del Cinque Nazioni o della Nazionale finiva in diretta il sabato pomeriggio. Poi arrivarono quegli omoni con le divise tutte colorate, i numeri enormi come le imbottiture paracolpi e i caschi con un simbolino che spesso sembrava disegnato da Walt Disney. Era il 1981 e facemmo improvvisamente conoscenza con il football americano e con il primo Superbowl trasmesso in diretta dalle nostre parti. La prima volta fu un affare per pochi. Bisognava essersi un po' affezionati alla quasi neonata Canale 5, per esempio, e riceverne bene il segnale. E poi bisognava avere la pazienza di trascurare il sonno per quasi un'intera domenica notte. E, soprattutto, avere tanta fiducia in chi ci spiegava le regole: Mike Bongiorno, un volto una garanzia, per esempio condusse la trasmissione di anteprima, mentre la telecronaca fu affidata a Marco Lucchini, che eravamo abituati a sentir parlare di calcio e di sport più consoni alle nostre abitudini.

Ce lo immaginiamo studiare con pazienza nomenclatura e regole, da spiegare agli italiani neofiti, dai gesti tecnici alle cose più buffe. Per esempio, perché mai un arbitro, per segnalare un fallo, deve gettare un fazzoletto per terra? Ma per noi telespettatori (noi in senso generico: io, nemmeno undicenne, la mattina dopo avevo scuola e non ci pensai nemmeno a star sveglio...) erano strani anche i nomi delle squadre: in quell'anno, gli Oakland Raiders sconfissero i Philadelphia Eagles. E molti scoprirono grazie a quella partita che esisteva in California una città di nome Oakland.
Poi, con il tempo, imparammo a conoscere qualche campione. Joe Montana, quarterback (ovvero l'uomo che passa la palla) dei San Francisco 49ers, dal nome italiano e dall'aria vincente, quattro volte re del campionato (nel 1982, nel 1985, nel 1989 e nel 1990) e due volte miglior giocatore del Superbowl. Nel 1985 sconfisse i Miami Dolphins di Dan Marino, il campione meno vincente della decade, altro italoamericano da leggenda. E poi c'era Marcus Allen, imprendibile runningback (ovvero l'uomo che corre con la palla) dei Raiders, o Jerry Rice, wide receiver (ovvero l'uomo che riceve il passaggio del quarterback) dei 49ers. E dei Chicago Bears campioni nel 1985 più del quarterback Jim McMahon e della stella Walter Payton ci ricordiamo William Perry, così enorme da essere soprannominato “the fridge”, il frigorifero.
Tutto merito delle voci che hanno contribuito a rendere popolare il football in Italia. In ordine sparso, Guido Bagatta e Rino Tommasi, protagonisti della telecronaca diretta a due voci dal 1982, Dan Peterson, che si occupava delle sintesi domenicali sulle reti Fininvest, Flavio Tranquillo e Lino Benezzoli, rispettivamente giornalista enciclopedico, ora voce principe della Nba di pallacanestro, ed ex giocatore italiano. È anche grazie a loro che ci piace quella palla ovale color cuoio che, una volta l'anno, in una domenica di gennaio, paralizza gli Stati Uniti, Casa Bianca compresa. A proposito, l'avete visto il Superbowl stanotte? Se lo sono giocati i San Francisco 49ers (sì, quelli in cui giocava Joe Montana) e i Baltimore Ravens, squadra che negli anni Ottanta non c'era ancora. E il risultato non ve lo diciamo, se mai aveste in mente di guardarvi la registrazione...

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