06 settembre 2012

TORMENTONI (ovvero la musica sciocchina prima del Pulcino Pio)

Una rara immagine del pulcino Pio con Beethoven, il cane

È inutile che facciate gli schizzinosi, ascoltando per la volta numero centomila il ritornello elettronico e martellante del Pulcino Pio, re assoluto di quest'estate. Se arricciate il naso, non è il buon gusto che vi fa difetto, ma la memoria. Sì, perché anche noi ottantologisti abbiamo avuto i nostri bei pulcini pio. Tormentoni sciocchini (sostituite l'aggettivo con uno meno presentabile a piacere) ma così infingardi da intrufolarsi tra un neurone e l'altro, al punto che saremmo in grado di cantarli ancora adesso. Volete le prove? Eccole, una per anno. E canticchiate pure, se siete da soli...

1980: L'Ape Maia. Lo so, non è gentile dare della sciocchina all'insetto più simpatico della nostra infanzia (o forse il secondo: io preferivo il pigro golosone Willi). Ma il ritornello era fatto apposta per incistarsi nella mente come un pungiglione. E noi cantavamo. Senza capire bene il senso di certe frasi. Per esempio, ovviamente Maia era gialla e nera, nera e gialla. Ma come la mettiamo con il "tanto gaia"?

1981: Gioca Jouer. Ah, Claudio Cecchetto... Se lo avete rivisto da poco, mentre fa il giurato di qualche festival di Sanremo da bimbi di Rai o Mediaset, o mentre su Twitter cerca di promuovere il suo personalissimo social network, tornerete di corsa alla mente ai tempi in cui qualsiasi cantante scovasse, diventava un numero uno (Tracy Spencer, Jovanotti, gli 883, per citarne qualcuno a caso). Prima, però, aveva (stra)venduto dischi lui, con l'antesignano dei balli di gruppo da villaggio turistico. E ora, interrogo: che cosa veniva dopo "nuotare"? E a che cosa corrispondeva il gesto di deodorarsi un'ascella?

1982: Da da da. Come ricordiamo in Correva l'anno della Girella, ci sarà un perché se noi siamo un popolo di poeti, santi e navigatori e i tedeschi no. Questo tormentone targato 1982 e firmato dai Trio (che esistono ancora, e hanno celebrato il trentennale della loro hit) dimostra perché è più facile che un giorno li considerino navigatori, piuttosto che poeti. Eppure in Italia riuscimmo a fare il bis, con una cover dedicata al successo dell'Italia ai Mondiali. Su, canticchiate con me con voce bassa e monocorde: "Son tutti figli di Bearzot... ah ah".

1983: Vamos a la playa. Benedetti Righeira, con quegli occhiali un po' così e quelle camicie un po' cosà. Criticateli pure, per quel testo in spagnolo che iniziava con le spiagge e virava verso la bomba atomica ("las radiaciones tostan" dice, a un certo punto). Ma quel ritornello invasivo ci torna in mente a ogni singolo primo giorno di vacanze. Ne esistono anche versioni hardcore cantate negli stadi di mezza Europa. E una, che fa da jingle saltuario a Deejay Chiama Italia, la trasmissione della mattina di Radio Deejay. Fa più o meno così: "Vamos affancu..." Eccetera, eccetera, eccetera...

1984: Tropicana. Che estate, quell'estate. Le canzoni da spiaggia pullulavano e c'era anche un certo Sandy Marton, disc jockey di Zagabria con i capelli lunghi e la tastiera a tracolla che ci fece cercare Ibiza sull'atlante. Ma noi preferiamo concentrarci sul Gruppo Italiano, nome banalotto ma fini musicisti dentro (Raffaella Riva, una delle cantanti, collaborò anche con Gianna Nannini). Avevano i ritmi caraibici nel sangue. E ci instillarono nella testa lo slogan di una fantomatica bibita: "Be-vila perché-è-Tro-picaaana-ye".

1985: Live is life. State già facendo "lallaaaa-la-la-la". Scommetto di sì. Merito di un gruppo pop di Graz, Austria, che ha iniziato a fare dischi nel 1973 e pare non abbia ancora smesso. Il più è ricordarsi il nome, vero? Noi ci ricordiamo l'attacco di batteria, il battimani a tempo, il ritornello e l'urlaccio "la-la-la" che lo accompagnava. Beh, comunque si chiamavano, anzi si chiamano Opus.

1986: Holiday rap. E rieccoci dall'altro lato delle Alpi, da cui per anni sono arrivate canzoni sciocchine a fiotti, altro che flussi regolati per l'immigrazione. Qui siamo in Olanda: due deejay-rapper dai soprannomi esotici (Mc Miker G & Dj Sven) e dai nomi da bancari del conto arancio (Lucien Witteveen e Sven van Veen) furono numero uno in 36 paesi (tren-ta-sei!) con un minestrone basato su Holiday di Madonna. Allora Madonna, oggi ossignùr.

1987: Solo una sana e consapevole libidine. E che, noi italiani siamo da meno? Zucchero era quello che arrivava capultimo a Sanremo e scriveva le canzoni melense per Fiordaliso. Poi, folgorato sulla via di Memphis, tirò fuori il blues che era in lui. Con le mani sbucciava le cipolle, scoppiava come il sole all'improvviso e, soprattutto, prendeva per il naso l'Azione Cattolica con un irresistibile refrain. Il tutto in un disco, Blues, che polverizzo il record dell'album più venduto d'Italia.

1988: Faccia da pirla. «Sono stonato e non ho mai avuto voce», ha confessato Carlo Marchino in una recente intervista. Chi? Ma come chi, Charlie, che sbancò le classifiche con "Sei un pirla, e hai la faccia da pirla..." Fu numero uno, non grazie al testo, credo, e nemmeno grazie alla copertina dell'album, così assemblata: sopra il titolo e sotto un riquadro a specchio. (Come lo so? Semplice, avevo l'album, che conteneva anche Susy Scusa. Il cui ritornello era "Me la dai, me la dai, me la dai o no...". E scusate per l'outing da una tonnellata). A proposito, nella stessa intervista Charlie ricorda di aver detto al produttore che la canzone era adatta per i Righeira. E il produttore: "No, tu hai la faccia giusta". Con il senno di poi, non è mica un gran complimento.

1989: C'è da spostare una macchina. Che, detto per inciso, è un diesel. Francesco Salvi non ce la faceva a farcela e noi, impietositi dal caso umano del posteggiatore da discoteca, assecondavamo e compravamo il suo disco, a cavallo tra il 1988 e l'anno che chiuse il nostro decennio. Poco dopo finì pure a Sanremo con Esatto! dove non c'era nemmeno una rima cuore-amore, per dire. In compenso vi ricordate la maglietta che indossava sempre e che faceva ridere, quella con la scritta "scusate le spalle" dietro e "scusate la faccia" davanti? Ecco, avevo anche quella, insieme al disco di Charlie... 


PS: se poi volessimo eleggere il tormentone re dei tormentoni sciocchini, torniamo un attimo al 1978. E riascoltiamoci la sequenza brasileira di Disco Samba, da A-E-I-O-U-Ipsilòn (e giù di trenino) a Brigitte Peugeot eccetera eccetera. Beh, la volete una rivelazione choc? Quei sei minuti di musica carioca sono stati assemblati da tre belgi...

1 commento:

  1. vamos a la playa oh oh oh oh ooohhh,
    vamos a la playa oh oh oh oh ooohhh, altro che il
    pulcino pio! ah che bei tempi quelli!! pure il tormentone commerciale aveva un senso negli anni ottanta!!

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