Il lancio record di Assunta Legnante (da paralimpici.gazzetta.it) |
(modalità off topic /on)
Sabato, nel torrido pomeriggio di un maggio che sembrava agosto, al Parco Ruffini di Torino c'era un gran viavai. Il tendone della circoscrizione 3, proprio davanti allo stadio Primo Nebiolo, aspettava la serie di presentazioni del Salone Off, "sezione staccata" del Salone del Libro di Torino. La prima della fila era quella di Correva l'anno della Girella, il libro di cui amiamo vantarci. Per quello ero lì, tra tecnici del suono che attaccavano jack ai microfoni, gente che sistemava sedie, gente che scrutava il cielo per capire se quelle folate di ventaccio avrebbero portato un temporale rovina-eventi.
Ma c'erano anche ragazzi in divisa da atleta, con il numero spillato sulla canotta. C'erano quelli sulla sedia a rotelle, quelli senza un braccio, quelli con una protesi al posto della gamba. Erano lì per i campionati italiani paralimpici di atletica leggera. Passeggiando per allentare la tensione pre-presentazione (e delle sedie rosse ancora vuote in platea), ho notato subito la figura imponente e familiare di una ragazzona sorridente. Per un appassionato di sport come me, è stato facile riconoscerla: Assunta Legnante, 34 anni oggi (a proposito, buon compleanno), oro europeo indoor nel 2007 nel getto del peso, tuttora primatista italiana assoluta sia all'aperto sia al coperto, azzurra anche alle Olimpiadi di Pechino. Dal 2009 non gareggiava più: colpa di un glaucoma, che lentamente le ha tolto la vista, fino a renderla pressoché cieca.
Anche lei allentava la tensione: gli occhiali da sole scuri scuri addosso, chiacchierava con la voce allegra con un gruppo di colleghi atleti appena fuori dallo stadio. Stava per esordire nel suo nuovo-vecchio sport: getto del peso, sì, ma nelle categorie paralimpiche, e cercare la qualificazione per Londra 2012. Non aveva mai provato prima, se non in allenamento. La differenza? Avrebbe dovuto lanciare da ferma. Senza vederci, non è facile caricare il lancio e poi fermarsi in tempo prima che finisca la pedana rotonda.
L'ho guardata da lontano. Avevo quasi deciso di andare da lei, interrompere la sua conversazione e augurarle in bocca al lupo, quando l'allenatore l'ha presa sottobraccio e l'ha guidata negli spogliatoi. Non l'ho inseguita: stavamo per cominciare la presentazione del libro. E nessun boato dallo stadio mi ha annunciato quello che stava accadendo dentro. Non c'è mai folla alle gare paralimpiche: il fatto che le prove si ripetano più volte, a seconda delle categorie, e la presenza di più classifiche rendono lo spettacolo un po' spezzettato. Anche se è uno spettacolo davvero, e non solo quando Oscar Pistorius sfida i normodotati o Alessandro Zanardi domina la maratona di New York con la handy bike. E poi, chissà, c'è sicuramente quella strana sensazione di repulsione da una parte e di pietà dall'altro, a tenere lontani gli occhi del grande pubblico a cui, invece, farebbe un gran bene ricevere l'energia riflessa di certi ragazzi che sono campioni due volte, nello sport e contro il destino.
Insomma, mentre noi raccontavamo cose anni Ottanta, con la musica degli ICE amplificata a dovere in tutto il parco, in quello stadio si è compiuta un'impresa unica. Probabilmente mai nella storia dell'atletica un record del mondo è stato polverizzato cinque volte nella stessa gara dalla stessa atleta. Nella categoria F11 degli ipovedenti, il precedente primato era 11,84, ottenuto da una cinese. Ecco la serie di Assunta Legnante: 13,22, 12,51, 13,20, 13,23 e 13,27. Le cinque migliori misure di tutti i tempi.
Io non sono mai stato così vicino a un record del mondo. Ho visto in tv Bolt e la Pellegrini, nel 1988 ho aspettato sveglio i 100 metri olimpici di Ben Johnson e Carl Lewis, con l'immensa delusione di scoprire pochi giorni dopo che era uno spettacolo drogato. Ma non sono mai stato fisicamente là dove l'impresa si stava realizzando. Questa volta l'ho solo sfiorata. Ma in una domenica sportiva densa di risultati e classifiche, di folle e di emozioni, mi piace pensare che l'evento più incredibile del weekend l'ho (quasi) visto da vicino io. E, in un'epoca in cui sembra che la disperazione faccia solo rima con suicidio, la storia di una campionessa che diventa cieca a trent'anni e che ricomincia una nuova vita con un record del mondo è un gran bel messaggio.
(E alle Paralimpiadi di Londra 2012, quest'estate, tutti davanti alla tv per fare il tifo. Per Assunta, il suo sorriso e i suoi occhiali da sole)
PS: se volete avvicinarvi a questo argomento, passate spesso a leggere Claudio Arrigoni qui.
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