Premessa:
per i maschi, era un'onta insopportabile farsi beccare a guardare i
cartoni da femmine. C'era però una sorta di deroga, se i cartoni
avevano un argomento non troppo mieloso e romantico. Quelli sportivi,
per esempio. Il contraltare di Holly e Benji, di Ken Falco e dei suoi
gran premi, degli inarrestabili Superboys guidati da Shingo Tamai
erano le pallavoliste.
Cominciò
Mimì, che di cognome faceva Ayuhara e di professione la
schiacciatrice. Ma non una normale, che saltava, colpiva il pallone e
il pallone andava di là. Saltava, stava trentacinque secondi per
aria, faceva un paio di piroette, un avvitamento, due salti mortali
carpiati (il che la rendeva perfetta anche per la finale olimpica di
tuffi) e poi colpiva il pallone, che assumeva la tipica forma
dell'arachide, dopo lo schiaffone infertogli dalla numero uno. Di
maglia e di fatto, a colpi di allenamenti massacranti:
indimenticabili le sequenze di pallonate che era costretta a
difendere e finivano sempre con lei livida e dolorante a terra,
colpita ovunque dalle sfere bianche, ovviamente marca Mikasa. Il suo
sex appeal? Non così vistoso: capelli scuri perennemente legati in
una coda, fisico da atleta, con poca indulgenza a ciò che poteva
essere offerto agli altrui sguardi. Ma lo spirito di squadra e il
fatto che non mollava mai erano affascinanti per noi maschietti che
solo dopo avremmo capito le meraviglie di quei pantaloncini-mutandina
attillati di prassi, nelle divise di pallavolo femminile di una
volta.
Poi
arrivò Mila, che alternava le imprese sportive ai batticuore per il
suo Shiro, e per questo era più difficilmente digeribile dal
pubblico maschile. Forse noi maschietti avremmo apprezzato di più la
serie, se solo Mediaset non si fosse premurata di censurare le
(comunque poche) scene
negli spogliatoi o ai bagni termali,
in cui era possibile ammirare molto da vicino le grazie delle atlete,
protagonista compresa. Che i capelli corti e rossi e gli occhi
azzurrognoli sono carini, ma anche l'occhio vuole la sua parte, no?
Cambiando
sport, come dimenticare Jenny la tennista? Come dimenticarla anche
per le assurdità e le sproporzioni tipiche di ogni cartoon sportivo:
colpi di rovescio che impiegavano 35 secondi per arrivare dall'altra
parte del campo, corse per raggiungerli che facevano somigliare il
campo in terra battuta a una pista d'atletica, torsioni innaturali di
corpi e racchette. Jenny era mora, agile, magra ma con qualche curva
che sapeva far capolino sotto la divisa bianca d'ordinanza. E alla
fine, a confronto dell'altera eleganza di Madame Butterfly, la
campionessa rivale, era nettamente la migliore. Perché si dice che
gli uomini preferiscano le bionde, ma a patto che non siano
stronze...
Ps:
volendo ci sarebbe anche Pat, la ragazza del baseball. Ma
diciamocelo: era una vera cozza...
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