07 settembre 2011

LA SPESA DI OTTANTOLOGY

Ovvero tutto quello che arriva dagli anni Ottanta e che potete ancora trovare sugli scaffali dei supermercati. Ispirato da questo splendido post nostalgico del blog culinario Dissapore, ho fatto un giro al supermarket, fotocamera dello smartphone alla mano (una cosa, per dire, che negli anni Ottanta non c'era...) e ho scattato queste immagini.






















Raid. O meglio, "Rrrrraaaaaiiiddd...", come strillavano gli insetti-cartone animato della vecchia pubblicità. Quello spot finiva con una voce dura da film western, che sentenziava: "Li ammazza stecchiti". Nelle sere afose d'estate, specie per noi nordici affacciati su pianure vista risaia, era un aiuto indispensabile. La boccetta spray è rimasta identica. Anche le zanzare, purtroppo.


La colla stick. Una volta c'era la Coccoina. Che sapeva di buono, ma notoriamente, incollava pochissimo. E poi il Vinavil. Che bagnava irrimediabilmente ogni collage di carta, ma era splendido da appiccicarsi sui palmi delle mani per fare i calchi delle impronte digitali e far spaventare le compagne impressionabili staccandolo come finta pelle. Così cominciammo a infilare nei nostri portapenne il Pritt, che per la carta sembrava perfetto. E la mamma cominciò ad aggiungere nella dispensa i tubetti di Uhu, che aveva quel nome tedesco e, nella pubblicità, attaccava tutto. Ma la vostra mamma ha mai provato a usare una teiera rotta e ricomposta con l'Uhu? No, speriamo...

Il formaggino Grünland. Per la verità, nello scaffale dei formaggini c'erano altri pezzi d'antiquariato (no, non per la data di scadenza...) come il Tigre o la Crema Bel Paese. Ma mi sono concentrato sul tubetto di formaggini tedeschi. Che arrivò prima sulle tivù private (era uno dei maggiori inserzionisti di Antenna 3 in Lombardia) e poi gli faceva da testimonial perfino Kalle Rummenigge, il calciatore della Germania e dell'Inter. MP&F, mica pizza & fichi (infatti non è né pizza né fichi, è formaggio fuso...). Il packaging è lo stesso, a cilindro anziché a fetta di torta come i rivali. E i colori sono sempre giallo, verde e rosso. Hanno solo, leggermente, riammodernato il logo.

La Vallé. Su, cantate con me: "Non tagliare, spaaaaalma...". Pensavo che la margarina fosse caduta nel dimenticatoio: c'è stata un'era in cui era sinonimo di leggerezza, al posto del vituperato e adiposo burro. Poi qualcuno spiegò che i grassi vegetali si appiccicano ai fianchi e non se ne vanno più via, peggio delle suocere sotto le feste. E dal packaging del nuovo millennio è scomparso perfino il nome "margarina". In compenso è ben spiegato che di grassi idrogenati (i grassi-suocera, in sintesi) non ce ne sono più, e il colesterolo è ridotto al minimo, proprio come allora. Anche il logo è rassicurantemente uguale.

La Girella. Lei è un'icona (tant'è che la infileremo nel titolo del nostro libro). E, come tutte le icone, vive e lotta insieme a noi. Così come il Golosastro e Toro Farcito, il primo a dieta forzata oggi come allora e il secondo strenuo difensore della merenda a spirale (raro caso, tra l'altro, in cui un indiano fotte i cowboys). C'è una sola differenza: non troverete più traccia del marchio "Motta" (che si diceva quasi Girellamotta tutto attaccato). Il marchio se l'è comprato la Bistefani. Quella di "chi sono io, babbo Natale?". Ma questa è un'altra storia...

I Grisbì. Golosoni di tutta Italia, tenete a bada l'acquolina: perché bisognerebbe erigere un monumento al tizio a cui, negli anni Ottanta, venne in mente di infilare una crema tipo nutella, ma più morbida, in un biscotto al cioccolato. E poco importa se potrebbe trattarsi di Calisto Tanzi, il signor Parmalat che la storia sta consegnando ai posteri per ragioni assai meno nobili. I Grisbì, ai nostri tempi, erano della Mister Day, la linea dolciaria della Parmalat, in risposta al Mulino Bianco della vicina Barilla. Oggi se li è presi la Vicenzi. E, se posso osare, che il Signore la benedica, la signora Matilde Vicenzi. (Come avrete intuito, dopo averli fotografati, questi li ho pure comprati).

I Bucaneve. Ecco, li vedo e mi viene la nostalgia istantanea: nostalgia del vecchio pacchetto a tubo che comprava la mia nonna (dopo aver comprato per anni anche la confezione maxi nella scatola di alluminio). Nostalgia del profumo di caffelatte che mi preparava per merenda. E nostalgia del mio ditino che si infilava nel buchino del biscotto per estrarlo e immergerlo nella tazza. Hanno fatto bene a scriverlo sulla busta edizione 2011: loro sono unici e inimitabili.

La Replay. Lasciato a malincuore il reparto dolci, nello scaffale della cancelleria ho fatto fatica a rintracciarla, tra penne di Hello Kitty e colle con i glitter. Ma ero sicuro di trovarla, la Replay, vero prodigio della ricerca per noi che abbiamo fatto le elementari a fine Settanta e le medie a inizio Ottanta. Il dilemma da studentello era aspro: che fare se sbagli a scrivere? Se tiri una riga e correggi, fa disordine e la maestra ti cazzia. Se usi la biro, provi con la metà blu della gomma, ma finisci per bucare il foglio del quaderno. Se usi la stilo, c'è la prodigiosa cancellina. Ma poi riscrivi sopra il solvente bagnato e il delicato serpentino d'inchiostro si trasforma in un pitone. Poi arrivò la Replay. Che se sbagli, si cancella e si riscrive sopra. Ne avrò consumate settecento.

I Caran d'Ache. Eccoli, i pastelli status symbol. Perché nelle nostre aule il grembiule nascondeva le griffes dell'abbigliamento (e le differenze di reddito) e tutti, figli d'industriali o di operai, avevano in tasca almeno cento lire per un pacchetto di figurine, e per il più democratico dei "celo, manca" all'intervallo. Ma se nella cartella avevi i Caran d'Ache eri uno che ce l'aveva fatta, come un paninaro con il Moncler fluo e la Burlington a rombi che sbuca dal risvolto dei jeans Emporio Armani. Che poi non ho mai capito la vera differenza, oltre a quella di prezzo, rispetto ai proletari Fila Giotto. Forse perché sono svizzeri?

Denim. La ragazza anni Ottanta aveva gusti raffinati e sospirava per Drakkar Noir. Ma a far pubblicità aggressiva ai profumi da uomo non ci si pensava granché. Tranne in questo caso. Che Denim, se lo ricordano anche i sampietrini del viale, era "per l'uomo che non deve chiedere mai". A proposito di chiedere, avrei una curiosità: ma non vorreste sapere che faccia ha il modello della confezione? E della pubblicità? Ed è sempre lo stesso? No, perché in tal caso avrebbe una certa età, ormai...






















Svelto. Anche la vostra mamma aveva un amico in cucina e il papà non si arrabbiava perché era "un amico di nome svelto"? Ecco, sappiate che quell'amico è ancora tra noi, è ancora verde ed è ancora tra i preferiti negli scaffali dei supermarket. Questione di carisma. Lo sa bene anche il suo vicino, Mastro Lindo...






















Perlana. Questo non è un prodotto. Questo è un tormentone. Uno dei più longevi e insopprimibili tormentoni, a dirla tutta. Perché la sento la vocina nella vostra testa, appena qualcuno nota un oggetto che vi appartiene e vi chiede: "È nuovo?". E la vocina impertinente: "No, lavato con Perlana". E chissenefrega se l'oggetto è un orologio o un paio di scarpe e il detersivo sarebbe meglio che non lo vedesse troppo da vicino. Ovviamente c'era un tormentone parallelo, almeno nei bagni dei ragazzi delle mie scuole medie, che aveva trasformato il detersivo in un detergente intimo. Tale "Perlano"...



















Misura. Quando la dieta cominciò a diventare una cosa seria e professionale, fu più difficile turlupinare noi consumatori con leggende metropolitane sui prodotti che-fanno-dimagrire (vedi margarina, o anche il tarantolato della vecchissima pubblicità dell'Olio Sasso, che saltabeccava per la casa ululando "La pancia non c'è piùùùùù..."). Ci voleva qualcosa di più professionale, per convincerci. E mentre comparivano i prodotti griffati Weight Watchers, vero colosso della dieta anni Ottanta, comparvero anche le linee dedicate al mangiare leggero. Come la Misura. Che, oggi come allora, sfoggia il suo logo nei supermarket con i caratteristici puntini rossi. I calciofili se lo ricorderanno quel marchio, anche come sponsor sulle maglie dell'Inter.

E voi? Avete qualche prodotto anni Ottanta che ancora comprate? O che fa capolino dagli scaffali del vostro supermarket di fiducia? Fotografatelo, segnalatelo, additatelo al pubblico: questo post non vede l'ora di avere un seguito, fatto anche da voi lettori...

1 commento:

  1. La Girella degli anni '70-'80 non ha eguali, ma io impazzivo per il Rollino, di forma cilindrica. Lo scoprii come merenda per l'asilo, nel lontano '76-'77.

    Il Denim era semplicemente orrendo, anche se la pubblicità, con un unica nota "rauca" fatta al sintetizzatore verosimilmente analogico, accompagnata da batteria elettronica (Linn, magari) e con la voce "Per l'uomo che non deve chiedere. Mai." era alquanto accattivante, per l'epoca.

    La pubblicità dello Svelto fu un altro tormentone, con l' "amico". Il rampollo di amici di famiglia si immaginava una parodia con l' "amico" che salta fuori da sotto il lavello della cucina.

    Avevo la Replay (con un design molto più bello della versione odierna) in 4^elementare: macchiava terribilmente!

    Associo i pastelli Caran d'Ache (carandàsh) a quei tristi ragazzini delle famiglie dell'alta borghesia, che andavano a scuola con la cravatta e che potevano fare amicizia con gli altri ragazzini solo dopo essere stati certificati dagli iperprotettivi genitori come "bravi ragazzi". Pur essendo orgogliosamente negato per il disegno, mi piacevano i pennarelli Giotto, con quei font sulla scatola che trovavo modernissimi.

    Per i collanti UHU, soprattutto l'attaccatutto, "faceva fili" eccome, in barba alla pubblicità. Poi c'era anche scritto "regolare" e pensavo fosse l'infinito del verbo "regolare": cercavo una qualche rotellina, a mo' di radiolina, da "regolare" ma non la trovavo.
    Inoltre, era tossico e infiammabile: il 24 dicembre '80 ebbi l'audacia (a conclusione del cenone) di buttarlo nel caminetto della casa dove abitavamo all'epoca e cominciò a dimenarsi nonché sfrigolare pericolosamente. Mi spaventai abbastanza.
    La pubblicità dei prodotti UHU, sia televisiva che cartacea, e i concorsi a premi ad esso associati erano ORRENDI! Come pure era orrendo l' «u-hu-hu» a fine spot.

    Non parlatemi poi di formaggini, anche perché non mangio formaggi e latticini in generale (i prodotti lattieri che mangio e che adoro, sono gelati, creme e panne dolci). Quei Grünland, troppo vicini a "Grundig", per assonanza, al punto che, nell'ultima decade di maggio 2001 mi sognai di litigare con una ragazza che asseriva che c'era un formaggio chiamato "Grundig".

    Per finire, molti bambini chiedevano il Raid perché pensavano di poter disegnare un aereo, un treno, ecc. che poi esplodevano quando mosche e zanzare vi "entravano".

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