29 settembre 2012

HAPPY DAYS, SOTTILETTA SENZATETTO?

Erin Moran e il marito in una delle foto del Daily Mail

Ci sono aggiornamenti sulla vicenda di Erin Moran, la Joanie "Sottiletta" Cunningham di Happy Days, da qualche mese nel mirino dei tabloid per i suoi problemi economici, che le sarebbero costati lo sfratto dalla villa in California in cui viveva con il marito.
L'avevamo lasciata in Indiana, nel caravan della suocera: ultimo rifugio di chi non aveva i soldi per un tetto secondo i giornali di gossip, un gesto di attenzione nei confronti dell'anziana donna, malata e bisognosa di assistenza secondo portavoce e amici. Ora, a sentire gli ultimi report poco discreti, non abita più lì, ma vaga da un motel all'altro, sempre in Indiana. Il tutto, perché la suocera l'ha buttata fuori per la sua eccessiva attitudine alle feste: pare che girasse per bar ogni sera, raccontano ai tabloid le solite fonti anomine, rincasando a qualsiasi ora e spesso portando con sé e il marito strani sconosciuti. Da qui la decisione di metterli alla porta.
Tutto vero? Chi può dirlo. Per ora non ci sono smentite, ma nemmeno conferme più autorevoli delle anonime frasi tra virgolette riprese dai giornali. Su Facebook, intanto, qualche fan (non tantissimi, ma nemmeno pochi) ha scritto la sua solidarietà per la (ex) piccola Joanie, che ora ha 51 anni. Qualcuno ha anche proposto una raccolta di fondi per aiutarla a risollevarsi. Ma chissà se gli eventuali problemi siano davvero anche di natura economica, visto che Erin Moran, insieme a una buona fetta del cast di Happy Days, ha chiuso con un cospicuo risarcimento economico la causa che l'aveva vista contrapposta al network Cbs.

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25 settembre 2012

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – UNDICESIMA PARTE

In questo nostro undicesimo appuntamento con i bellocci della musica targati anni Ottanta, parliamo di due artisti la cui grinta col tempo non è assolutamente invecchiata: Billy Idol e David Bowie

William Michael Albert Broad (meglio noto come Billy Idol) nasce in un paese del Middlesex, a Stanmore, il 30 novembre 1955.
Il suo nome d'arte ha origine da un buffo episodio scolastico: la sua insegnante gli affida il compito di svolgere un tema dal titolo “William is idle”, che però il ragazzo fraintende confondendo “idle = pigro, fannullone” con “idol = idolo” (termini che in inglese hanno la medesima pronuncia). Da allora decide di farsi chiamare da tutti Billy Idol.
Dopo un soggiorno di quattro anni a New York con la famiglia, nel 1975 si iscrive alla facoltà di letteratura inglese della University of Sussex vicino a Brighton, dalla quale però si ritira l'anno successivo. Nel frattempo si aggrega al Bromley Contingent of Sex Pistols fans, gruppo che segue i Sex Pistols nei loro concerti. Proprio grazie ad un servizio televisivo sui fans dei Sex Pistols, nel 1977, Billy imbraccia la chitarra e si trova sul palco insieme ai Chelsea, una band hardcore nella quale suona anche il bassista Tony James. Con lui Billy decide di lasciare il gruppo per fondarne uno loro: nascono i Generation X (a Billy e Tony, si uniscono anche il chitarrista Bob Andrews ed il batterista Mark Laff).
A inizio anni Ottanta Billy decide di lasciare il gruppo (che di lì a poco si sarebbe sciolto) e si trasferisce nella Grande Mela per dare il via alla sua carriera da solista.

BILLY IERI
Nel luglio 1982 esce “Billy Idol”, il suo primo album, accolto da un successo inaspettato, complici le hit “White Wedding” e “Dancing with Myself”. A distanza di due anni col secondo album, “Rebel Yell”, considerato dalla critica il suo migliore lavoro, Billy sbanca anche le classifiche americane ed europee.
Eyes Without A Face”, “Rebel Yell” così come “To Be A Lover”, “Don't Need A Gun” e “Sweet Sixteen” (contenute nel suo terzo album “Whiplash Smile”, uscito nel 1986) rientrano a pieno titolo tra le canzoni simbolo del pop rock anni Ottanta.
Il nuovo decennio inizia però sotto i peggiori auspici.
Nella notte del 6 febbraio 1990 ha un grave incidente motociclistico (non si ferma ad uno stop e viene centrato da un'auto) e rischia di perdere una gamba. Per questo motivo nel video di “Cradle of love” (singolo contenuto nell'album “Charmed life” del 1990) viene sempre ripreso dalla cinta in su (facendo pur sempre la sua bella figura, va detto!).
Nel frattempo la scena musicale stava cambiando e non c'era più posto per il pop rock che aveva caratterizzato il precedente decennio. Billy entra così in un periodo buio di depressione ed inizia ad assumere droghe, sfiorando la morte nel 1994.
La paternità segna la sua resurrezione.
Nel 1998 interpreta se stesso in “Prima o poi me lo sposo”, commedia romantica con Drew Barrymore e Adam Sandler e fa una apparizione anche nel film di Oliver Stone “The Doors”, interpretando Cat, il compagno di bevute di Jim Morrison.
Con il nuovo millennio e dopo molti anni di silenzio, escono i nuovi lavori dell'artista: nel marzo 2005 l'album “Devil's Playground”, nel novembre 2006 l'album natalizio “Happy Holidays” e nel giugno 2008 una raccolta di greatest hits, “The Very Best of Billy Idol”, contenente anche due inediti (“John Wayne” e “New Future Weapon”) ed una terza traccia, “Fractured”, scaricabile da iTunes.

BILLY OGGI
 Nonostante non sia più riuscito a bissare lo strepitoso successo ottenuto negli anni Ottanta, Billy è ancora in attività. E che non abbia affatto perso lo smalto di un tempo lo ha ampiamente dimostrato quest'estate a luglio nella sua performance all'Hydrogen Festival di Piazzola sul Brenta (Padova) davanti a circa seimila fans in delirio ai quali il biondissimo rocker inglese (americano d'adozione) – presentatosi in pantaloni da vero punk con bretelle a penzoloni e giubbettino borchiato – ha regalato due ore di musica ed energia.

E in quanto ad energia non è da meno David Robert Jones (aka David Bowie), nato nel quartiere di Brixton, a Londra, l'8 gennaio 1947.
Un ruolo fondamentale nella sua educazione musicale è stato svolto dal fratellastro Terry Burns (gettatosi sotto a un treno nel 1985 dopo esser stato rinchiuso nel reparto psichiatrico del Cane Hill Hospital in quanto affetto da schizofrenia), che ispirerà molti lavori di David (come, ad esempio “The Man Who Sold the World”).
Nel 1958 inizia a cantare come corista nella chiesa di St. Mary a Bromley, dove conosce George Underwood col quale forma “The Kon-rads”, un gruppo che si limitava ad eseguire cover di canzoni da classifica. In seguito ad un acceso diverbio per una ragazza, George colpisce David con un pugno all'occhio sinistro causandogli una dilatazione permanente della pupilla (contrariamente a quanto molti credono, le due iridi sono del medesimo colore).

DAVID IERI
Secondo la rivista “Forbes” Bowie risulta al quarto posto nel 2007 nell'elenco dei cantanti più ricchi al mondo mentre nel 2008 è stato inserito al 23º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo “Rolling Stone” grazie a hit quali “Space Oddity” (1969), “Starman” (1972), “Life on Mars?” (1973) ed “Heroes” (1977).
Come Billy Idol, anche David Bowie si è cimentato nelle vesti di attore. Nel 1976 è il protagonista del film di fantascienza “L'uomo che cadde sulla Terra” di Nicholas Roeg, nel 1981 compare nel ruolo di se stesso nel film “Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” (la cui colonna sonora è in gran parte composta da sue canzoni), nel 1986 ha preso parte alla pellicola “Labyrinth” e dieci anni dopo ha interpretato il ruolo di Andy Warhol in “Basquiat” di Julian Schnabel. Nel 2001 è apparso anche in “Zoolander” come giudice di gara nella sfida tra Derek e Hansel.
Negli anni Novanta il poliedrico Bowie si è dedicato anche alla pittura ed i suoi quadri sono oggi esposti in diversi musei, soprattutto britannici e statunitensi.
Si dice che nel 1964 David, quando cantava nei Manish Boys, è riuscito ad assicurare al gruppo una serie di concerti allo Star Club di Amburgo dopo aver giurato all'organizzatore di essere gay.
E le voci relative alla sua ambiguità sessuale (reale o presunta) non hanno mai ricevuto né conferma, né smentita.
L'amica (intima a quanto pare) Amanda Lear, in una intervista a “Verissimo” del dicembre 2008, ha dichiarato che Bowie è stato l'unica persona con cui era andata a letto più truccata di lei.
Il 20 marzo 1970 David sposa Mary Angela Barnett. «Ci sposammo perché lei voleva un permesso di lavoro in Inghilterra, il che non è certo una buona base per un matrimonio. Infatti è durato molto poco. Voglio dire, nel '74 già non ci vedevamo quasi più. In seguito lei si faceva vedere ogni tanto, ma facevamo vite separate. Non siamo mai stati veramente insieme», dichiara l'artista ad un giornalista di “Rolling Stone” nel 1993, in un suo rarissimo commento riguardo questo primo matrimonio.
Negli anni Ottanta il Duca Bianco collabora col leader dei Rolling Stones, Mick Jagger ed insieme, nel 1985, a supporto del progetto Live Aid, realizzano una versione della canzone dei Martha & the Vandellas, “Dancing in the street”. Pare che però tra le due rockstar il legame non sia stato solo artistico. E in questo, le dichiarazioni di Angela sono state illuminanti. Si dice infatti che la celebre “Angie” degli Stones sia ispirata proprio ad Angela Bowie e che alluda a un'orgia a quattro fra lei, David, Mick e l'allora sua moglie Bianca Pérez Moreno de Macias.
In quanto a collaborazioni, David ha lavorato nel 1981 anche con Freddie Mercury ed i Queen per registrare una versione quasi sconosciuta di “Cool Cat” e per la creazione di “Under Pressure”, canzone che canterà insieme ad Annie Lennox al Freddie Mercury Tribute Concert.

DAVID OGGI
Dal 1992 David è sposato con la meravigliosa modella somala Iman Mohamed Abdulmajid. La coppia due figli, Duncan Zowie Haywood (nato nel 1971 dal precedente matrimonio con Angela) e Alexandria Zahra (nata nel 2000).

Ed ora a voi? Chi preferite: l'alternativo ex frontman della punk rock band Generation X oppure lo stiloso ed eccentrico Duca Bianco?
Forza, si vota!

18 settembre 2012

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – DECIMA PARTE

Questo giro, giochiamo in casa.
A vedersela in questo decimo scontro saranno infatti due cantautori romani:
Claudio Baglioni VS Antonello Venditti
Il primo nasce il 16 maggio 1951 nel quartiere Centocelle della Capitale. Entra negli anni Ottanta (che sono quelli che a noi interessano) con uno strepitoso numero di successi al suo attivo: “Questo Piccolo Grande Amore” (1972), “E tu...” (1974), “Sabato pomeriggio” (1975), “Solo” (1977), “E tu come stai?” (1978), per citarne solo alcuni.

Anni Ottanta, Claudio Baglioni


Nel 1981 esce il suo nono album “Strada Facendo”, registrato tra Oxford e Londra, mentre l'anno successivo diventa padre e compone il brano “Avrai”, dedicato al figlio Giovanni, avuto dalla (ora ex) moglie Paola Massari (i due infatti si sono separati nel 1989, dopo 16 anni di matrimonio). Nello stesso anno dà il via al tour “Alé-oo”, che annovera un milione di spettatori e due concerti speciali, uno all'Arsenale di Venezia, su una piattaforma galleggiante, e l'altro a Roma, in Piazza di Siena con 150.000 persone.
Nel 1985 si esibisce al Festival di Sanremo e ritira il premio per la “Canzone del Secolo”, che il pubblico italiano ha assegnato a “Questo Piccolo Grande Amore”. Sempre nel 1985 esce “La Vita È Adesso” (album che non si scolla dalle classifiche per ben 18 mesi, con 1.200.000 copie vendute) mentre l'anno seguente, da Lecce, parte il tour “Assolo”, che comprende una performance di tre ore di soli voce,chitarra e pianoforte.
Nel 1990 arriva il dodicesimo album, “Oltre”, nel quale a cantare i grandi successi di Baglioni sono stati chiamati nomi illustri della musica internazionale come Paco De Lucia, Pino Daniele, Mia Martini e Youssou N'Dour. Nel 1995 esce “Io sono qui” cui segue il “Tour Rosso” nei vari palazzetti dello sport italiani mentre quattro anni dopo è la volta dell'album “Viaggiatore sulla coda del tempo”.
Nel 2000 è partito da Pompei il tour acustico “Sogno di una notte di note”, nel corso del quale Baglioni si è esibito, durante la stagione estiva, nei luoghi d'arte più suggestivi del nostro Paese.

Baglioni in un'immagine recente
Concretamente impegnato in attività benefiche, ha ideato, una decina di anni fa, la rassegna musicale O' Scià, sulla spiaggia della Guitgia di Lampedusa, per cercare di sensibilizzare chi di dovere sul problema dell'immigrazione clandestina che da tempo colpisce l'isola.

Antonio (meglio noto come Antonello) Venditti nasce invece l'8 Marzo 1949 nel quartiere Trieste di Roma, figlio di una famiglia della medio-alta borghesia (il padre, Vincenzino Italo, è un Prefetto, la madre, Wanda Sicardi, è insegnante liceale di latino e greco).
Si avvicina giovanissimo alla musica e durante gli anni del liceo (il “Giulio Cesare”) incontra altri personaggi destinati a diventare famosi come lui, quali Carlo Verdone e Francesco De Gregori, conosciuto in un locale trasteverino, il “Folkstudio”, dove Antonello si esibiva con un suo repertorio.
Sin dagli anni Settanta infatti sforna successi intramontabili: “Roma Capoccia” e “Sora Rosa”, contenute nel suo primo album, “Theorius Campus” (1972), registrato insieme a De Gregori (i due artisti avevano a disposizione una facciata ciascuno), “Mio padre ha un buco in gola”, “Il treno delle sette”, “Le tue mani su di me” (“Le cose della vita”, 1973), “Campo de' fiori” (“Quando verrà Natale”, 1974), “Lilly” e “Compagno di scuola” (“Lilly”, 1975), “Sotto il segno dei pesci”, “Bomba o non bomba”, “Sara”, “Giulia” (“Sotto il segno dei pesci”, 1978), “Buona domenica”, “Stai con me” e “Modena” (“Buona domenica”, 1979).
Per quanto riguarda la sua vita sentimentale, risale a fine anni Settanta la separazione da Simona Izzo, con la quale il cantautore aveva avuto nel 1976 il figlio Francesco Saverio.

Un quasi irriconoscibile Antonello Venditti, negli anni Ottanta

Con gli anni Ottanta arriva per Venditti il momento della sua vera fama.
Nel 1982 esce “Sotto la poggia” (con singoli quali “Eleonora”, “Dimmelo tu cos'è”, “Stukas”, “Sotto la pioggia”) che segna il debutto dell'etichetta discografica di sua proprietà, la Heinz Music.
L'anno successivo festeggia il secondo scudetto giallo-rosso con un concerto gratuito al Circo Massimo, esperienza dalla quale nasce il primo live della sua carriera “Circo Massimo”, contenente la mitica (ma sono di parte in quanto romanista, lo confesso!) “Grazie Roma”.
Quello di “Cuore” (1984) è invece un Venditti più incline all'intimismo: “Notte prima degli esami”, “Qui”, “Ci vorrebbe un amico” e la stupenda “Stella”, ne sono un eloquente esempio.
Ritornano tematiche personali anche nel successivo album “Venditti e segreti” (1986), come dimostrano i brani “Peppino “, “Questa insostenibile leggerezza dell'essere”, “Giulio Cesare”, “Segreti”, “Settembre”, “C'è cuore che batte nel cuore”. Nello stesso anno compone anche la colonna sonora del film dell'amico Verdone, “Troppo forte”.
L'ultimo album degli anni Ottanta è “In questo mondo di ladri” (1988), quello di “Ricordati di me”, “Il compleanno di Cristina” e “21 modi per dirti ti amo”, con all'attivo oltre un milione di copie vendute.

Antonello Venditti, oggi
Decennio nuovo, album nuovi: “Benvenuti in paradiso” (1991, con perle quali “Alta marea” e “Amici mai”), “Prendilo tu questo frutto amaro” (1995) e “Goodbye Novecento” (1999).
Il resto, è storia recente: è del 2003 “Che fantastica storia è la vita” (con l'intensa “Lacrime di pioggia”), di quattro anni dopo “Dalla pelle al cuore” e del 2011 “Unica”.
Ed ora, come sempre: TOCCA A VOI!
A chi va la vostra preferenza: all'autore dell'ode alla maglietta fina o all'artefice dell'inno alla MaGGGica???

13 settembre 2012

OTTANTA FACCE: CARRIE FISHER

 
Vi ricordate la principessa Leila (per i puristi Leia)? Se siete fans della saga di Guerre Stellari (per i puristi Star Wars), probabilmente la idolatrate. Beh, dietro il volto leggiadro della principessa bionda, c'è una delle icone di Hollywood, Carrie Fisher, figlia d'arte (di Eddie Fisher, cantante, e Debbie Reynolds, attrice) e protagonista di una delle storie più tormentate dello star system. Per farla breve, droga e alcol si sono impossessate di lei spesso, troppo spesso: nel 1980, rischiò di essere cacciata dal set, quando girava The Blues Brothers (era la moglie di Joliet Jake, l'unica che, in tutto il film, abbia la sorte di vederlo in viso senza gli occhiali da sole - ma questa è un'altra storia -). Era così fatta da non essere in grado di girare le scene.
E tutto questo, così come il suo duro percorso di riabilitazione, non è pettegolezzo raccolto di nascosto, ma fa parte della biografia ufficiale di Carrie Fisher. Che ora ha quasi 56 anni e ha fatto pace con il suo passato, al punto che Wishful drinking ("Bevuta speranzosa", più o meno, gioco di parole che richiama l'espressione più nota "Wishful thinking") è un'autobiografia senza veli, che ha trasformato in un monologo, portato a Broadway nel 2009. Ora scrive libri, continua a lavorare nello spettacolo e ha fatto pace anche con il suo aspetto. «Voglio rientrare nel bikini dorato di Guerre Stellari» aveva detto ridendo più o meno un anno fa, quando era apparsa in pubblico nettamente sovrappeso. Poi ha firmato un contratto con una casa produttrice di prodotti dietetici negli Usa. E ha perso una ventina di chili. Ma ancora non ha indossato il bikini.


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11 settembre 2012

BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – NONA PARTE

Per l'appuntamento di questo martedì la vostra Betta ha pensato ad una accoppiata un po' inusuale: George Michael VERSUS Terence Trent D’Arby.
Georgios Kyriacos Panayiotou (in arte George Michael) nasce a East Finchley, un distretto di Londra, il 25 giugno 1963 da padre greco-cipriota e madre inglese. Inizia la sua carriera insieme a due grandi amici, Andrew Ridgeley e David Austin, coi quali forma la band "The Executive", che però ha vita breve: di lì a poco infatti George e Andrew decidono di proseguire da soli e formano gli Wham!.
Il duo, pronti via, nel 1981 riesce a far arrivare nelle mani giuste il demo giusto e così l'anno successivo il loro primo album, "Fantastic" (contenente, fra gli altri brani, anche l'immarcescibile "Club Tropicana") ottiene un gran successo, complice anche il loro look difficile da non notare, oltre all'indiscusso talento di George nel comporre le canzoni.
Nel 1984, con “Make It Big” c'è la consacrazione definitiva e grazie a “Wake me up before you go go”, “Everything she wants” e “Careless Whisper” sbarcano addirittura in Cina. Ma due anni dopo, arriva una doccia gelata per i (ma soprattutto le) fans.
Il bel George negli anni Ottanta

Il 1986 è infatti l'anno della svolta e dopo la decisione consensuale di percorrere strade diverse (sancita con un mega concerto tenutosi nel giugno allo stadio di Wembley) George dà il via alla sua carriera solista (e la inaugura con tutti i crismi duettando – primo cantante ad aver avuto tale onore – con Aretha Franklin in "I knew you were waiting (for me)".
L'anno successivo è la volta di "I want your sex" (e il suo censuratissimo videoclip), "Faith" (dall'inconsueto inizio suonato con l'organo da chiesa) e la strepitosa ballad "Father figure" che gli permettono di vincere negli States due Grammy Awards, solitamente riservati ad artisti black RnB.
Decennio nuovo, vita nuova: un George più maturo pubblica "Listen Without Prejudice, Vol. 1" (il secondo volume non vedrà mai la luce), rinunciando all'esposizione mediatica: infatti non compare in copertina, non realizza video (nell'unico videoclip – quello di "Freedom 90" – di lui non c'è nemmeno l'ombra) né rilascia interviste. Questa scelta gli causa non pochi problemi con la sua casa discografica (la CBS che nel frattempo era stata inglobata nella Sony) dando il via ad una battaglia legale che però lo vede perdente.
Rompe il silenzio discografico prima duettando in "Don't Let the Sun Go Down on Me" con Elton John (col quale aveva cantato già nel 1985 al Live Aid, l'evento musicale più importante degli anni ottanta), poi nel 1992 con i Queen e Lisa Stansfield al Freddie Mercury Tribute Concert e infine nel 1996 sfornando l'album "Older", contenente, fra gli altri, il brano "Fastlove" e l'intensa "Jesus to a child" dedicata al compagno, Anselmo Feleppa, morto di emorragia cerebrale (anche se il destinatario della canzone e la natura dei rapporti con il suddetto saranno noti al pubblico solo di lì a qualche anno).
Nel 1998 pubblica il doppio "Ladies & Gentlemen – The Best of George Michael", dove raccoglie le sue hits più celebri accanto a tre inediti, fra cui "Outside", nel cui video fa esplicita allusione alle sue disavventure giudiziarie: il 7 aprile viene infatti arrestato per “condotta immorale” in un gabinetto pubblico nel parco di Beverly Hills, da un poliziotto in borghese che lo accusa di avergli fatto esplicite proposte sessuali.
George, ottenuto il patteggiamento e dopo aver svolto 80 ore di lavoro socialmente utile (oltre ad aver pagato 810 dollari di multa), si decide a fare coming out e dichiara pubblicamente la sua omosessualità.
Nel novembre 2011 è costretto ad interrompere il “Symphonica Tour” a causa di una seria forma di polmonite ma recentemente lo si è visto in splendida forma alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra.
A distanza di anni, ha sempre il suo perché!
L'eccentrico cantante inglese di origine greca inoltre ha dato prova di avere parecchie idee strampalate come quando, tre anni fa, ha pensato ad una sorta di lifting ma... a peso d'oro ed era pronto a tirare fuori dalla saccoccia ben 1,6 milioni di dollari per una statua raffigurante il suo viso in versione deluxe: un calco del suo viso in oro massiccio e diamanti eseguito dall’artista Laban Roomes.
Meno bizzarro il tutto treccine Terence Trent Howard, meglio conosciuto un tempo come Terence Trent D'Arby ed oggi come Sananda Maitreya, nato a New York il 15 marzo 1962 ed oggi residente a Milano con la bellissima Francesca Francone e il piccolo Francesco Mingus, nato il 5 giugno del 2010.
Si arruola da adolescente nella United States Army in Germania (dove trova il tempo per collaborare con la band “The Touch”) ma viene poi esonerato per diserzione nel 1985. Si trasferisce in Inghilterra e dopo una breve gavetta con il gruppo “The Bojangles”, firma un contratto come artista solista.

Terence quando ancora era Terence

Il suo album d'esordio – Introducing the Hardline According to Terence Trent D'Arby” – uscito nel 1987 è un successo strepitoso grazie a singoli come "If You Let Me Stay", "Wishing Well", "Dance Little Sister" e "Sign Your Name" e gli permette di aggiudicarsi un Grammy Award nel marzo del 1988 per la categoria Best R&B Vocal Performance, Male e tre nomination per Migliore Album dell'anno, Migliore Singolo ("Wishing Well") e Migliore Nuovo Artista.
Con i suoi successivi lavori, Terence (o Sananda che dir si voglia) decide di sperimentare e studiare nuove sonorità (il secondo album, “Neither Fish Nor Flesh”, del 1989, è stato a lungo usato in Giappone per curare pazienti in coma).
Dopo un soggiorno a Los Angel, col nuovo millennio si trasferisce in Europa, a Monaco prima e in Italia poi, ed inizia un nuovo percorso di artista indipendente, creando una etichetta tutta sua (la Treehouse Pub).
Il 4 ottobre 2001, in seguito a una serie di sogni ricorrenti, decide di adottare il nome di Sananda Maitreya.

Terence - Sananda

Ed ora a voi, amiche (ma anche amici, per carità): a quale delle due icone pop andava la vostra preferenza negli anni Ottanta?

10 settembre 2012

LE PIU' BELLE COVER DEGLI ANNI OTTANTA

Steven Tyler e i Run DMC nel video di Walk this way

Un sito web americano specializzato in nostalgia e ricordi, un Ottantology di oltreoceano insomma, ha tentato un'impresa difficile: stilare la classifica delle più belle cover degli anni Ottanta. Trattandosi di musica, ovviamente, è anche questione di gusti. E, se pure possiamo sentirci onorati di trovare Gloria di Umberto Tozzi, ricantata da Laura Branigan, nella lista, non siamo del tutto d'accordo con le posizioni. Così abbiamo provato a fare la nostra top 10 (per ogni canzone, c'è il link al video di YouTube). Ma il dibattito è aperto, naturalmente: dite la vostra e segnalateci la preferita che ci siamo dimenticati.

La cantò Elvis Presley ed era una ballata lenta e malinconica. I Pet Shop Boys ci misero qualcosa di elettronico e il brano cambiò volto.

A questo gruppo ispanico-californiano chiesero aiuto per l'omonimo film, basato sulla triste biografia di Ritchie Valens, rockstar del 1959 morto in un incidente aereo. Fu un successo planetario. Anche se i Los Lobos erano molto meno patinati dei Duran Duran, per dire...

Mentre Cher finiva di plastificarsi, questo suo successo del lontano 1965, cantato con l'allora marito Sonny Bono, tornò alla gloria e a nuova vita grazie al reggae britannico degli Ub40 e alla splendida voce di Chrissie Hynde. Canzone che fa innamorare.

Chi l'ha detto che negli Eighties Mick Jagger e Keith Richards fossero fuori forma? Sentitevi questo remake del 1986 di un pezzo del 1963, con tanto di atmosfere blues degne di un club fumoso di Chicago.

Quando la facevano i Beach Boys, veniva voglia di fare surf. Quando l'ha fatta il cantante dei Van Halen, beh, faceva venire voglia e basta, vista la carrellata pazzesca di ragazze in bikini del videoclip...

L'originale è del 1969. La cover psichedelica del 1985 ha raggiunto il numero uno in Inghilterra. E i nostri cuori, sempre, tanto che ci scappa ancora di canticchiarla e ballarla.

Di questa canzone è speciale il contrasto di voci: Sarah Jane Morris fa la parte maschile, Jimi Somerville si occupa del falsetto femminile. L'originale è roba Motown, anni Settanta. Ma di fronte a questa versione, beh, sparisce...

Negli anni Ottanta tre tizi britannici di nome Scott, Aitken e Waterman prendevano gruppi semisconosciuti e li portavano al vertice delle classifiche dance nel mondo. A volte con pezzi noti, come questo, il cui originale è datato 1969. E comunque le Bananarama avevano il loro perché anche ai tempi di Robert De Niro's waiting...
 
È una medaglia d'argento del cuore. E dell'energia: per chi conosce la (comunque splendida) versione originale soul di Solomon Burke, la grande differenza sta proprio nell'adrenalina che ci hanno messo Dan Aykroyd e John Belushi. Rendendola immortale.

Primo: è bellissima. Secondo: insieme ai Beastie Boys, ha portato in Italia il nobile verbo del rap, prima che arrivasse Jovanotti e molto prima dei capolavori in versi di Frankie Hi Nrg. Terzo: quello è Steven Tyler, cavolo, che ricanta se stesso e trascina gli Aerosmith in una cosa molto rock come la musica dei ghetti.

06 settembre 2012

TORMENTONI (ovvero la musica sciocchina prima del Pulcino Pio)

Una rara immagine del pulcino Pio con Beethoven, il cane

È inutile che facciate gli schizzinosi, ascoltando per la volta numero centomila il ritornello elettronico e martellante del Pulcino Pio, re assoluto di quest'estate. Se arricciate il naso, non è il buon gusto che vi fa difetto, ma la memoria. Sì, perché anche noi ottantologisti abbiamo avuto i nostri bei pulcini pio. Tormentoni sciocchini (sostituite l'aggettivo con uno meno presentabile a piacere) ma così infingardi da intrufolarsi tra un neurone e l'altro, al punto che saremmo in grado di cantarli ancora adesso. Volete le prove? Eccole, una per anno. E canticchiate pure, se siete da soli...

1980: L'Ape Maia. Lo so, non è gentile dare della sciocchina all'insetto più simpatico della nostra infanzia (o forse il secondo: io preferivo il pigro golosone Willi). Ma il ritornello era fatto apposta per incistarsi nella mente come un pungiglione. E noi cantavamo. Senza capire bene il senso di certe frasi. Per esempio, ovviamente Maia era gialla e nera, nera e gialla. Ma come la mettiamo con il "tanto gaia"?

1981: Gioca Jouer. Ah, Claudio Cecchetto... Se lo avete rivisto da poco, mentre fa il giurato di qualche festival di Sanremo da bimbi di Rai o Mediaset, o mentre su Twitter cerca di promuovere il suo personalissimo social network, tornerete di corsa alla mente ai tempi in cui qualsiasi cantante scovasse, diventava un numero uno (Tracy Spencer, Jovanotti, gli 883, per citarne qualcuno a caso). Prima, però, aveva (stra)venduto dischi lui, con l'antesignano dei balli di gruppo da villaggio turistico. E ora, interrogo: che cosa veniva dopo "nuotare"? E a che cosa corrispondeva il gesto di deodorarsi un'ascella?

1982: Da da da. Come ricordiamo in Correva l'anno della Girella, ci sarà un perché se noi siamo un popolo di poeti, santi e navigatori e i tedeschi no. Questo tormentone targato 1982 e firmato dai Trio (che esistono ancora, e hanno celebrato il trentennale della loro hit) dimostra perché è più facile che un giorno li considerino navigatori, piuttosto che poeti. Eppure in Italia riuscimmo a fare il bis, con una cover dedicata al successo dell'Italia ai Mondiali. Su, canticchiate con me con voce bassa e monocorde: "Son tutti figli di Bearzot... ah ah".

1983: Vamos a la playa. Benedetti Righeira, con quegli occhiali un po' così e quelle camicie un po' cosà. Criticateli pure, per quel testo in spagnolo che iniziava con le spiagge e virava verso la bomba atomica ("las radiaciones tostan" dice, a un certo punto). Ma quel ritornello invasivo ci torna in mente a ogni singolo primo giorno di vacanze. Ne esistono anche versioni hardcore cantate negli stadi di mezza Europa. E una, che fa da jingle saltuario a Deejay Chiama Italia, la trasmissione della mattina di Radio Deejay. Fa più o meno così: "Vamos affancu..." Eccetera, eccetera, eccetera...

1984: Tropicana. Che estate, quell'estate. Le canzoni da spiaggia pullulavano e c'era anche un certo Sandy Marton, disc jockey di Zagabria con i capelli lunghi e la tastiera a tracolla che ci fece cercare Ibiza sull'atlante. Ma noi preferiamo concentrarci sul Gruppo Italiano, nome banalotto ma fini musicisti dentro (Raffaella Riva, una delle cantanti, collaborò anche con Gianna Nannini). Avevano i ritmi caraibici nel sangue. E ci instillarono nella testa lo slogan di una fantomatica bibita: "Be-vila perché-è-Tro-picaaana-ye".

1985: Live is life. State già facendo "lallaaaa-la-la-la". Scommetto di sì. Merito di un gruppo pop di Graz, Austria, che ha iniziato a fare dischi nel 1973 e pare non abbia ancora smesso. Il più è ricordarsi il nome, vero? Noi ci ricordiamo l'attacco di batteria, il battimani a tempo, il ritornello e l'urlaccio "la-la-la" che lo accompagnava. Beh, comunque si chiamavano, anzi si chiamano Opus.

1986: Holiday rap. E rieccoci dall'altro lato delle Alpi, da cui per anni sono arrivate canzoni sciocchine a fiotti, altro che flussi regolati per l'immigrazione. Qui siamo in Olanda: due deejay-rapper dai soprannomi esotici (Mc Miker G & Dj Sven) e dai nomi da bancari del conto arancio (Lucien Witteveen e Sven van Veen) furono numero uno in 36 paesi (tren-ta-sei!) con un minestrone basato su Holiday di Madonna. Allora Madonna, oggi ossignùr.

1987: Solo una sana e consapevole libidine. E che, noi italiani siamo da meno? Zucchero era quello che arrivava capultimo a Sanremo e scriveva le canzoni melense per Fiordaliso. Poi, folgorato sulla via di Memphis, tirò fuori il blues che era in lui. Con le mani sbucciava le cipolle, scoppiava come il sole all'improvviso e, soprattutto, prendeva per il naso l'Azione Cattolica con un irresistibile refrain. Il tutto in un disco, Blues, che polverizzo il record dell'album più venduto d'Italia.

1988: Faccia da pirla. «Sono stonato e non ho mai avuto voce», ha confessato Carlo Marchino in una recente intervista. Chi? Ma come chi, Charlie, che sbancò le classifiche con "Sei un pirla, e hai la faccia da pirla..." Fu numero uno, non grazie al testo, credo, e nemmeno grazie alla copertina dell'album, così assemblata: sopra il titolo e sotto un riquadro a specchio. (Come lo so? Semplice, avevo l'album, che conteneva anche Susy Scusa. Il cui ritornello era "Me la dai, me la dai, me la dai o no...". E scusate per l'outing da una tonnellata). A proposito, nella stessa intervista Charlie ricorda di aver detto al produttore che la canzone era adatta per i Righeira. E il produttore: "No, tu hai la faccia giusta". Con il senno di poi, non è mica un gran complimento.

1989: C'è da spostare una macchina. Che, detto per inciso, è un diesel. Francesco Salvi non ce la faceva a farcela e noi, impietositi dal caso umano del posteggiatore da discoteca, assecondavamo e compravamo il suo disco, a cavallo tra il 1988 e l'anno che chiuse il nostro decennio. Poco dopo finì pure a Sanremo con Esatto! dove non c'era nemmeno una rima cuore-amore, per dire. In compenso vi ricordate la maglietta che indossava sempre e che faceva ridere, quella con la scritta "scusate le spalle" dietro e "scusate la faccia" davanti? Ecco, avevo anche quella, insieme al disco di Charlie... 


PS: se poi volessimo eleggere il tormentone re dei tormentoni sciocchini, torniamo un attimo al 1978. E riascoltiamoci la sequenza brasileira di Disco Samba, da A-E-I-O-U-Ipsilòn (e giù di trenino) a Brigitte Peugeot eccetera eccetera. Beh, la volete una rivelazione choc? Quei sei minuti di musica carioca sono stati assemblati da tre belgi...

05 settembre 2012

CORREVA L'ANNO DELLA GIRELLA SU POSTCARDCULT

Così appare il servizio sulla Girella sull'iPad

L'era digitale è quella cosa che, se ce l'avessimo avuta negli anni Ottanta, ci avrebbe tenuto impegnati giorno e notte. Come ci capita adesso, insomma. Per esempio, può capitare che un gruppo di figli della nostalgia crei prima un sito web dal nome evocativo PostcardCult (il culto delle cartoline, una di quelle cose che l'era digitale ci ha portato via) e poi una rivista solo digitale, senza nemmeno un centimetro quadrato di carta. Il magazine è arrivato al numero 4 e, dopo aver dedicato agosto all'anno 1982 (con una copertina su The Wall dei Pink Floyd), a settembre in prima pagina ha messo E.T.
Aria di casa, per noi, che infatti ci siamo sentiti subito a nostro agio, nel servizio che Davide Rota, penna chiesta in prestito allo sport (e i lettori del Guerin Sportivo, per esempio, lo sanno bene), e il direttore Andrea Smidili ci hanno dedicato. Parla di Correva l'anno della Girella, il libro di cui amiamo vantarci. Ma anche di quegli anni lì, e di qualche progetto collaterale che stiamo curando. Per esempio, avete già sbirciato questo blog?
Per scaricare la rivista, cosa facile per i possessori di tablet iPad, Galaxy o di qualsiasi marca, basta cliccare su questo link e seguire le istruzioni. Ma la rivista si può scaricare e leggere su qualunque computer. Il sito stesso vi spiegherà come. Che altro aggiungere? Beh, buona lettura...

04 settembre 2012

I BELLOCCI DELLA MUSICA ANNI OTTANTA – OTTAVA PARTE


Hola, sondaggioni-addicted!
Oggi, per il nostro imperdibile appuntamento settimanale è la volta di due creature cecchettiane, ovvero Sandy Marton versus Jovanotti.
È il 1982 quando Aleksandar Marton, nato a Zagabria il 4 ottobre 1959, incontra per caso in una discoteca di Milano, dove si era da poco trasferito (nel capoluogo lombardo, NON nella discoteca) il lungimirante Claudio Cecchetto.
Dal sodalizio nascono una serie di tormentoni disco ever green.


L'anno successivo esce infatti il primo singolo, “Ok Run” (utilizzato come jingle della pubblicità della console Philips Videopac) e nel 1984 arriva il grande successo con “People from Ibiza”, una canzone che in tempo zero schizza al numero uno in Italia (e non solo) e dà una mano non indifferente a promuovere il turismo e la movida nell'isola spagnola.
Le ragazzine impazziscono per il biondo cantante croato che però dopo qualche altro singolo – “Camel by Camel” ed “Exotic and Erotic” nel 1985 e “La Paloma Blanca” nel 1989 – e svariate partecipazioni al Festivalbar di Vittorio Salvetti, a fine anni Ottanta decide di salutare l'Italia e trasferirsi in Spagna.


Ma il suo non è un addio definitivo. Nel 1998 intervista Bettino Craxi ad Hammamet nelle vesti di inviato di “Meteore”, una trasmissione di Italia Uno Meteore condotta da Gene Gnocchi e Giorgio Mastrota, mentre nel 2005 partecipa alla terza edizione del reality show di Rai 2 “L'isola dei famosi” ma dopo nemmeno un mese si è dovuto ritirare per problemi di salute.

 
In quello stesso anno gli Elio e le Storie Tese lo eleggono a protagonista dell'esilarante brano “Baffo Natale”, cantato insieme a Jovanotti.
E proprio Jovanotti è l'altro belloccio a contendersi la gara di oggi.
Nato a Roma il 27 settembre 1966, Lorenzo Costantino è il terzo di quattro figli (Umberto, Bernardo e Anna) di Mario Cherubini e Viola Cardinali, una famiglia toscana originaria di Cortona, in provincia di Arezzo.


Dopo aver per anni lavorato in varie radio e discoteche di Roma, di Cortona e in Sardegna, viene notato da Claudio Cecchetto che decide di farlo lavorare a Radio Deejay (nella notte di Capodanno tra il 1987 e il 1988 resta incollato ai microfoni per ben otto ore di fila) e gli appioppa il nome di Jovanotti (pare che il nome d'arte inizialmente fosse “Joe Vanotti” diventato per un refuso su una locandina “Jovanotti”, errore che a Lorenzo piacque più dello pseudonimo originario).
Nel 1988 esce il suo primo album, “Jovanotti for President”, con la hit “Gimme Five”, che ottiene un ottimo successo bissato l'anno successivo da “La mia moto”, il cui singolo “Vasco” viene presentato al Festival di Sanremo (piazzandosi quinto).


Con gli anni Novanta progressivamente il rapper di casa nostra abbandona lo stile festaiolo per adottare una linea artistica meno spensierata (nell'album “Giovani Jovanotti” coesistono infatti brani molto distanti come “Ciao mamma” e “Gente della notte”).
Ma è l'album del 1991, “Una tribù che balla”, a dare inizio a questa svolta, sancita da “Lorenzo 1994” e il singolo “Penso positivo”, nel quale si sbilancia in forti prese di posizione ideologiche.
Nel 1993 Gianna Nannini lo vuole al suo fianco per scrivere e cantare una strofa rap della canzone “Radio Baccano”, pezzo che ottiene uno strepitoso successo. Nel 1994 intraprende un tour europeo con Pino Daniele ed Eros Ramazzotti mentre l'anno successivo esce l'ennesimo singolo – tormentone, “L'ombelico del mondo”, col quale partecipa agli MTV Music Awards.
A inizi 2008 è uscito il disco “Safari”, anticipato dal singolo “Fango”, dedicato al fratello Umberto morto tragicamente in un incidente aereo, brano che si è aggiudicato un importante riconoscimento: la prima edizione del Premio Mogol, destinato all'autore del miglior testo dell'anno.
Nel 2011 vede la luce l'album “Ora”, da cui sono stati estratti i singoli “Tutto l'amore che ho”, “Le tasche piene di sassi” (che nel giugno si aggiudica la quarta edizione del Premio Mogol) e “La notte dei desideri”.


Il 6 settembre 2008 Lorenzo ha sposato la compagna Francesca, dalla quale il 13 dicembre di dieci anni prima aveva avuto la figlia Teresa (cui è dedicata la bellissima “Per te”).
Accanto alla sua indubbia maturazione musicale, negli anni cresce anche il suo impegno sociale e politico: collabora con organizzazioni come Emergency (nel 1999, durante la guerra del Kosovo, scrive e canta con Piero Pelù dei Litfiba e Luciano Ligabue il brano pacifista “Il mio nome è mai più”, il cui video è stato girato da Gabriele Salvatores e i cui proventi sono stati devoluti interamente a Emergency), Amnesty International, la Lega Anti Vivisezione (LAV), negli anni Novanta ha preso parte a manifestazioni in favore della cancellazione del debito ai paesi del Terzo Mondo (esibendosi anche al Festival di Sanremo 2000 con il brano inedito “Cancella il debito”) e più recentemente al Live8.
Per non farsi mancare niente, Lorenzo ha pure recitato in una pubblicità degli anni Ottanta di Super Mario Bros per il Nintendo Entertainment System ed è comparso in una scena del film “Parenti serpenti” di Mario Monicelli (1992) e in “I giardini dell'Eden” di Alessandro D'Alatri (1998).
E ora, come sempre, a voi.
Chi preferite? Il cantante croato che con la sua fluente e bionda chioma e l'inseparabile tastiera elettrica è stato un simbolo indiscusso degli anni centrali del nostro amato decennio o il poliedrico Lorenzo che con la sua inconfondibile “esse” sibilante si appresta a festeggiare ben 25 anni di carriera?